Umberto Galimberti

Follia

CONDIVIDI
Nel poderoso archivio dell’Ospedale dei pazzi, aperto a Roma nel 1561 e poi denominato Santa Maria della Pietà, c’è un libro dell’epoca dove le fisionomie dei pazzi sono messe a confronto con quelle degli animali, con conseguente attribuzione al folle della caratteristica più terribile propria di ogni animale. La filosofia sottesa a questa curiosa fisiognomica è quella rinascimentale che concepisce l’uomo come bestia e angelo, e quando la parte alta, spirituale, angelica è divorata dalla follia, resta la bestia, i cui tratti somatici indicano la specificità dell’aberrazione che pervade il folle.
Quando la follia, da fatto demonico, divenne disturbo sociale, quando uscì dall’interpretazione teologica per essere compresa nell’interpretazione giuridica, il folle, per il suo comportamento, fu assimilato al criminale e perciò rinchiuso, al pari del delinquente, in prigione. A questo punto la comparazione fisiognomica mutò: non più il confronto del folle con l’animale, ...


Consultazione dell'intero articolo riservata agli abbonati

01/08/2006