Giulia Bertagnolio
Città e dintorni a vista
Prevenzione del crimine, supporto all’attività investigativa. Le tante facce della videosorveglianza. I traguardi raggiunti
Dalla ricostruzione dei movimenti di Luciano Liboni, il latitante detto “Il lupo” che nel 2004 seminava panico tra Umbria e Lazio, al lungo monitoraggio del covo di Provenzano; dalle dinamiche pre e post omicidio Biagi a quelle recentissime del delitto di Terracina, dove lo scorso maggio una gioielliera è stata assassinata per aver reagito a un tentativo di rapina. sono centinaia i casi risolti dalle forze dell’ordine negli ultimi anni grazie al supporto prezioso delle apparecchiature di videosorveglianza. Telecamere installate nelle sedi di esercizi privati o di istituzioni per garantire sicurezza alle strutture, sistemate nei punti chiave delle città dalle amministrazioni comunali per tutelare zone a rischio e obiettivi sensibili, o posizionate ad hoc dalla polizia in certi luoghi per tenerli sotto osservazione durante le indagini.Se i video registrati si rivelano spesso fondamentali per l’attività investigativa delle forze dell’ordine, la ragione è chiara: la forza di un’immagine può valere più di cento deposizioni; soprattutto quando la macchina da presa centra il volto di un attentatore pronto a colpire un obiettivo o le mosse di un uomo che si incappuccia prima di rapinare una banca. Anche quando le riprese non documentano il reato in sé o i tratti somatici di un criminale, però, possono svelare particolari importanti: dov’erano i presunti complici di un malvivente prima di un delitto, le abitudini di chi passa assiduamente in certe aree, i movimenti della vittima di un reato. Dati che mettono nero su bianco volti, gesti, anomalie, quotidianità. Che mettono i poliziotti sulla strada giusta per mandare in porto le indagini, o permettono loro di scegliere il moment ...
01/07/2006