Un’immagine indelebile

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Ci sono immagini che parlano da sole. Non serve l’aggiunta delle parole perché racchiudono in sé la sintesi perfetta di un messaggio. Ci sono immagini che racchiudono un intero mondo, che fissano un attimo irripetibile, denso di una straordinaria forza evocativa, il senso compiuto di un evento dai mille significati.
Ci sono immagini che s’imprimono nella nostra memoria in modo indelebile, che diventano patrimonio personale e collettivo. Esse ci accompagnano per l’intero nostro cammino ed emozioneranno quelli che verranno dopo di noi. A loro trasferiscono un patrimonio di ideali, sentimenti, sacrifici.
Era naturale che l’istantanea della cattura di Bernardo Provenzano, il boss dei boss preso a Corleone l’11 aprile 2006, diventasse una immagine-icona: in quel fotogramma c’è davvero tutto. C’è il boss e chi lo ha catturato dopo una caccia durata quarant’anni. Un gruppo di uomini, di divise, di gesti protesi a proteggere, a custodire un uomo che ha rappresentato l’invincibilità di Cosa Nostra. In un certo senso un bene prezioso, un prigioniero a lungo inseguito che inizierà ora il suo percorso di detenuto, di imputato. Protagonista di una stagione che sembrava infinita di odio, di sangue, di loschi affari e di sordidi intrecci.
Poliziamoderna ha dunque scelto come immagine di copertina uno scatto fotografico che racconta la conclusione di una storia criminale finalmente spezzata. Tenacia, coraggio, professionalità, sacrificio e una straordinaria intelligenza investigativa hanno compiuto questo capolavoro.
Come per il congiungersi di tante strade ciò è accaduto nelle settimane in cui la “semplice arte delle indagini” si è coniugata con il ricordo mai smarrito ma anzi ravvivato del supremo sacrificio di Giovanni Falcone, di sua moglie Francesca Morvillo e dei tre uomini della scorta Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Di Cillo. Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, venti anni fa, erano riusciti a portare alla sbarra i capi storici di Cosa Nostra, da Michele Greco, fino ai “generali” della ragnatela mafiosa, per arrivare a Totò Riina, l’altro boss responsabile delle stragi e della catena di omicidi di magistrati e poliziotti. Era quella una Palermo solforosa, mefitica, attraversata da veleni che la rendevano davvero un concentrato spaventoso di capacità criminale. Uomini come Falcone e Borsellino, consapevoli come tanti altri di mettere in gioco il bene supremo della vita, accettarono la grande sfida mafiosa e, tra mille difficoltà e ostacoli, condussero quella battaglia che ha poi consentito di vincere gli assalti successivi e di ridare a tutti, a cominciare dai giovani, la ragionevole e ragionata speranza di poter vivere in una terra liberata dal gioco malavitoso.
“Il suo lavoro, il nostro presente. I suoi sogni, il nostro futuro”: questo slogan, lanciato per le strade di Palermo il 23 maggio dalla gente racchiude, come il fotogramma della cattura di Bernardo Provenzano, il messaggio che nulla è stato inutile, che niente andrà disperso e che tutto sarà utilizzato per cancellare per sempre dalla terra di Sicilia quella macchia di vergogna e di sangue sulla sua gloriosa storia.
01/06/2006