Giulia Bertagnolio

Vittime, tra prevenzione e tutela

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Violenze, abusi, aggressioni possono lasciare segni indelebili su chi li subisce. In un convegno a Roma, poliziotti e criminologi di tutto il mondo hanno suggerito come aiutarli

Vittime, tra prevenzione e tutela

"Perché occuparsi della vittima di reato? Perché la sua presenza sociale ci indica falle nel sistema-sicurezza? Perché evidenzia i limiti delle politiche di prevenzione e recupero dei soggetti deboli?”. Sono interrogativi retorici quelli con cui Gianvittorio Pisapia, criminologo e docente dell’università degli studi di Padova, dà il via al congresso internazionale L’intervento per le vittime del crimine organizzato dal 19 al 21 gennaio presso l’Istituto superiore di polizia di Roma. Immediata però la precisazione: “La prima ragione per cui bisogna sostenere chi è vittima di un reato è lo stato di sofferenza in cui si trova chi vive un’esperienza simile”. Una considerazione non scontata. Per anni l’impostazione degli studi sulle dinamiche criminali ha incentrato l’analisi sull’autore del delitto e i suoi moventi tralasciando la figura del danneggiato; le sue emozioni, i suoi problemi, le difficoltà di riprendere la vita normale. L’approccio è stato corretto solo negli ultimi anni grazie a un movimento d’opinione partito dagli Usa poi sfociato in Europa (emblematica la decisione-quadro del Consiglio dell’Unione europea del 15 marzo 2001) che ribalta le carte in tavola: d’obbligo rovesciare l’impostazione tradizionale e inserire il problema della protezione delle vittime del reato nella lista dei diritti fondamentali dell’uomo.

Le “vittime vulnerabili”
La vittimizzazione, questo il focus dell’approccio odierno, è una condizione troppo dura per poter essere trascurata: rompe un continuum esistenziale, ferisce profondamente l’identità. Le analisi psicologiche dimostrano che le persone coinvolte in un reato, si tratti di furto o di aggressione, si sentono violate nella propria privacy e non più a casa nell’ambiente in cui hanno sempre vissuto. Che subire un crimine distrugge la convinzione, illusoria ma diffusa, che il mondo sia un posto sicuro abitato da gente onesta. Di colpo ci si rende conto di essere vulnerabili ed esposti alle azioni di chi si ha vicino; cambia la percezione dell’altro, delle cose. “Ecco perché – dice il vice capo della polizia Alessandro Pansa durante il suo interv

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01/03/2006