Anacleto Flori
...note per i giovani
La Banda della polizia e grandi artisti in un concerto dedicato agli studenti romani. Un’invito alla legalità e un’occasione per superare le reciproche diffidenze
Le luci del palco si accendono. I musicisti della Banda della polizia, nelle loro impeccabili divise, sono già al loro posto, mentre il maestro Maurizio Billi dritto davanti al podio solleva la bacchetta. Il concerto “Una nota di sicurezza” è stato organizzato dalla Polizia di Stato con il sapore di una sfida non facile: invitare all’Auditorium oltre 2.200 studenti provenienti da 24 scuole della Capitale per una giornata di musica e legalità. Tendere una mano amica, gettare un ponte attraverso la musica verso un campione rappresentativo dell’arcipelago giovanile, quello dei licei classici, scientifici, degli istituti tecnici e d’arte, spesso ribelle e insofferente per sua stessa natura ed età verso ogni tipo di autorità o di istituzione. “All’inizio, quando gli studenti hanno saputo che il concerto era organizzato dalla polizia – afferma Tiziana, una professoressa di latino e greco del liceo E. Kant – c’era un po’di diffidenza, di timore, non sapevano bene cosa sarebbe successo, poi pian piano ha prevalso la curiosità e la voglia di esserci. Così questa mattina erano tutti elettrizzati all’idea di venire qui”. Intanto il conduttore radiofonico Marco Baldini, al quale è affidato il compito di fare gli onori di casa, saluta i ragazzi delle scuole e ringrazia le personalità presenti: il capo della Polizia, Giovanni De Gennaro, i vice capi Antonio Manganelli e Alessandro Pansa, gli altri funzionari del Dipartimento, l’assessore comunale alla sicurezza Liliana Ferraro, il Prefetto e il Questore di Roma. Anche le autorità hanno deciso per questa volta di lasciare ai giovani invitati le luci della ribalta e così, invece di occupare le prime file della platea, sono tutte là sedute nel mezzo della sala. Finalmente si lascia spazio alle note della Banda che rompono il ghiaccio e si diffondono rassicuranti nell’aria. Partono i primi segni di consenso, i primi applausi per quegli uomini in divisa così bravi a suonare, mentre i volti si illuminano con i primi sorrisi, come quelli ancora increduli di Marco e Monica due dei componenti del trio rap 3M di Udine (la terza emme, Michele, è bloccata a letto con l’influenza) che dai banchi di scuola si sono ritrovati sul palco dell’Auditorium a cantare il pezzo che nei mesi scorsi si è aggiudicato la sezione musicale del premio Icaro per la campagna sulla sicurezza stradale. Pian piano gli studenti cominciano a sentirsi a loro agio, con le magliette corte e strizzate e i jeans sempre più scesi, capiscono di essere gli ospiti d’onore di una festa organizzata per loro. Respirano un’atmosfera speciale, avvertono intorno a loro la considerazione e il rispetto del mondo degli adulti, delle Istituzioni. Si sentono al centro dell’attenzione e, per una volta, protagonisti positivi. Forse è proprio questo che chiedono i giovani di oggi: più tempo per loro, più rispetto, più amore. Lo sa bene Renato Zero, interprete da sempre dei loro sogni, slanci, e paure. Quando arriva sul palco, i ragazzi schizzano sulle poltrone e tutto il teatro (insegnanti compresi) si ritrova a cantare I migliori anni della nostra vita. È un momento magico, e tra una canzone e l’altra le parole di Zero vanno dritte al cuore mentre ricorda le passeggiate da bambino al Reparto a Cavallo a Trastevere con il padre poliziotto, Domenico, o quando saluta la delegazione dei ragazzi di Locri, una ventina in tutto, giunti qui a testimoniare ancora una volta il loro impegno per la legalità, contro la morsa della mafia e della ’ndrangheta “Sappiate che siete nel mio cuore: vedere giovani responsabili che fanno sentire la propria voce alta, forte, con grande dignità contro la criminalità è una speranza di ritorno a una vita normale, una vita fresca, pulita senza soprusi e violenze. Anche per questo dobbiamo sentirci vicini ai poliziotti, capire che lavorano per noi, che stanno dalla nostra parte”. Gli studenti di Locri, annuiscono convinti “Siamo orgogliosi di essere qui, stasera – dice Ilaria, capelli e occhi neri, lo sguardo profondo e deciso di chi è abituato a lottare – e dobbiamo ringraziare la polizia per averci invitato e soprattutto per avere fin qui dimostrato di essere al nostro fianco: perché non è vero che al Sud lo Stato non ci sia: la polizia organizza iniziative nelle scuole, è vicina alla cittadinanza, ci fa sentire meno soli, anche nei progetti che portiamo avanti”. Intanto lo spettacolo prosegue, e l’emozione rimane alta con Michele Placido che recita la Preghiera del poliziotto (di Massimo Bizzarri e Giuseppe Marcucci) e Gianni Morandi che ne canta con slancio una splendida versione musicata.Tocca però a Fiorello lanciare un ultimo richiamo allo scopo dell’iniziativa. Lo fa a modo suo, senza alcuna pedanteria, scherzando con gli studenti, strappando applausi e risate. Tra una canzone (a Muso duro) e una gag con l’inseparabile Marco Baldini, racconta aneddoti della sua adolescenza siciliana e invita i figli dei poliziotti presenti a essere orgogliosi del lavoro dei loro genitori “Non dovete aver paura della polizia – dice prima di chiudere – dovete invece guardarvi da quelli che vogliono rubarvi la speranza del futuro, la serenità dei vostri giorni, perché la vostra è l’età più bella, non buttatela via”. I ragazzi sono tutti in piedi ad applaudire con i visi arrossati e gli occhi che brillano. Anche Marco, del liceo Amaldi è accaldato sotto lo zuccotto calato fin sugli occhi, che tradiscono però un’ombra di amarezza. “Penso che iniziative come queste – dice con una riflessione fin troppo seria per la sua età – siano sempre utili soprattutto per i ragazzi che sbagliano perché aiutano a capire meglio il mondo in cui si vive, a riflettere sugli errori fatti. Noi adolescenti abbiamo sicuramente le nostre colpe, però troppo spesso siamo lasciati soli. Alla polizia chiediamo di dimostrarsi più amica nei nostri confronti. E quello di oggi è solo il primo passo di un lungo cammino, che va fatto insieme”.
Renato Zero
Allora Renato, che ci dici di questo concerto dedicato ai giovani con tanti poliziotti in divisa sul palco a suonare con te ?
Avervi partecipato è stato come fare un piccolo omaggio al mondo della polizia e ai suoi valori ma anche un dovuto riconoscimento al talento di tanti artisti in divisa. In polizia ho conosciuto persone meravigliose, con una grande umanità. Ci vuole una vera e propria vocazione per fare questo mestiere. Vedere ragazzi, uomini e donne difendere la comunità rischiando la propria vita, è il più grande messaggio di altruismo e di civiltà.
Questa sera hai cantato tre canzoni bellissime, I migliori anni della nostra vita, Una vita fa e Siamo eroi. Come le hai scelte?
Sono canzoni che rappresentano bene sia il mio rapporto con i sogni e le fragilità del mondo dei giovani sia con quello della polizia. Avere avuto un papà poliziotto può forse sembrare un controsenso per quello che è stato il mio percorso, ma dietro ogni divisa c’è sempre un uomo, con un cuore, delle emozioni e un cervello. Mio padre non ha mai frenato il mio cammino, mi ha permesso di sbagliare: era sempre lì, pronto ad aspettarmi. Un modello esemplare per me e una presenza rassicurante per i vicini di casa, una sorta di poliziotto di quartiere ante litteram. Se penso a un eroe non penso a Superman ma a mio padre.
Che valore può avere la musica in questa società?
Lo scontro quotidiano con le miserie umane, le sterili vanità e le false promesse minano dalle fondamenta il nostro tempo. I giovani sono idealisti, guardano lontano e così sono vulnerabili non solo rispetto alla delinquenza comune ma anche agli attacchi selvaggi della volgarità e dell’ipocrisia. La musica invece è ancora dono d’amore, voglia di rinascere, coraggio e sfida. Per questo stasera ho invitato i ragazzi presenti a fare tanta, tanta musica.
Marta Carli
Gianni Morandi
Stasera hai presentato una bellissima versione della Preghiera del poliziotto, come è nata l’idea?
Sono stato invitato a cantare questa preghiera e l’ho fatto con grande piacere perché trovo che contenga dei versi molto belli, poetici, che arrivano dritti al cuore, e poi mi piaceva l’idea di chiedere aiuto lassù in Cielo per questi uomini in divisa che ogni giorno rischiano la vita per noi. Spero che questo messaggio sia arrivato anche al pubblico in sala. Perché tutte le volte che ci sono dei giovani di mezzo è importante che ognuno di noi dia un messaggio positivo.
Di cosa hanno bisogno oggi, i giovani?
Soprattutto del nostro buon esempio. Non tutto quello che abbiamo lasciato in eredità è bello, di danni ne abbiano fatti abbastanza in passato, compresi quelli della mia generazione. Dovremmo far crescere i giovani in un mondo d’amore, di pace e serenità, insegnare loro i valori dell’amicizia, della famiglia e il rispetto degli altri, delle istituzioni, come ad esempio la polizia.
Polizia e studenti non sempre vanno d’accordo. Dopo l’esperienza di oggi, potrà cambiare qualcosa?
È importante far capire che ci sono delle regole da rispettare per la civile convivenza, e che la polizia svolge un compito importante al nostro servizio. Non bisogna averne paura, perché la polizia siamo noi. Cerchiamo di non dimenticarlo. È chiaro però anche noi adulti abbiamo da imparare dai giovani, ad esempio la loro purezza d’animo e il loro entusiasmo.
Nella sua vita l’entusiasmo non manca.
La musica è una passione che giorno dopo giorno mi dà una grande carica, e poi ci sono la famiglia, gli amici e tanto sport: le maratone, le partite di pallone con la squadra dei cantanti. Posso dire di essere fortunato.
Marta Carli
01/02/2006