Annalisa Bucchieri

Interno Quirinale

CONDIVIDI

Visita al Colle della Presidenza della Repubblica dove si trova la Sovrintendenza centrale che si occupa della protezione del Capo dello Stato e dei suoi familiari

Interno Quirinale

Arazzi cinquecenteschi mantenuti in vita da maestranze uniche in Europa, porcellane di Sevrès, lampadari di Boemia, pavimentazioni marmoree a intarsi che solo un tracotante tappeto di 300 mq osa coprire, pareti dove hanno lasciato il segno artisti del calibro di Guido Reni, 140 orologi antichi tutti funzionanti. Una teoria di sale magnificenti che portano la sigla architettonica del Maderno. Come se non bastasse, fontane che suonano e giochi d’acqua a rinfrescare giardini a labirinto dove gruppi scultorei occhieggiano a conforto del passeggiatore che si perde nei verdi vicoli ciechi. Andare a lavorare in uno dei luoghi più belli d’Italia, il Palazzo del Quirinale a Roma, e non potersi permettere distrazioni e contemplazioni estetiche, è il piccolo contrappasso dantesco che paga il prefetto Alberto Ruffo, mentre si dirige ogni giorno dritto verso i trecento metri della Lunga Manica dove sono ubicati tutti gli Uffici che gestiscono la complessa attività giuridico-amministrativa della più alta istituzione dello Stato. Difatti il prefetto è direttore della Sovrintendenza centrale dei Servizi di sicurezza della Presidenza della Repubblica cui è affidato un compito delicatissimo: la protezione di Carlo Azeglio Ciampi e della sua famiglia, nonché la sicurezza della sua “casa”, cioè il palazzo del Quirinale, oltre a quella dei Presidenti Emeriti della Repubblica, Cossiga e Scalfaro, e delle altre residenze presidenziali, la Tenuta di Castelporziano e Villa Rosebery a Napoli. Un’attività di sostanziale importanza ma lontana dalle luci della ribalta mediatica, anche per la sua connaturata riservatezza. Pochi infatti sanno che la Sovrintendenza è una costola del ministero dell’Interno, creata nel 1991 con complessa articolazione e fondata sul principio del coordinamento delle forze di polizia.
Prefetto Ruffo, come è organizzata la Sovrintendenza centrale?
È costituita dall’Ufficio Presidenziale della Polizia di Stato, con a capo un dirigente superiore, dal Reparto Carabinieri della Presidenza della Repubblica, comandato da un colonnello, e da un Ufficio di direzione che svolge funzioni di collaborazione con il direttore della Sovrintendenza. In qualità di direttore della Sovrintendenza mi avvalgo anche del Reparto sicurezza del Reggimento Corazzieri e di altre forze di polizia quali la Guardia di finanza e il Corpo forestale dello Stato per specifici compiti.
Come è composta la forza di protezione della Sovrintendenza?
I servizi di protezione vanno suddivisi in due tipi: di carattere interno ed esterno. Ai primi provvede il reparto dei Corazzieri, mentre per quanto riguarda i secondi provvedono gli operatori della Polizia di Stato e dei Carabinieri rispettivamente inquadrati nell’Ufficio Presidenziale della Polizia di Stato e nel Reparto Carabinieri della Presidenza della Repubblica. Mi piace sottolineare che attraverso la Sovrintendenza è attuata una direzione unitaria dei servizi di sicurezza e protezione, per cui non ci sono servizi affidati all’una o all’altra forza di polizia ma entrambe concorrono all’espletamento di tutti i compiti operativi.
Come si svolge il suo lavoro?
Naturalmente in base agli impegni del Presidente della Repubblica. Verifico costantemente la perfetta efficienza dell’apparato interno ed esterno del compendio quirinalizio. In occasione delle uscite del Capo dello Stato vengono predisposte le necessarie misure, in sintonia con le Autorità provinciali di pubblica sicurezza.
Lei riveste un altro importante incarico in qualità di Consigliere del Presidente della Repubblica per gli affari interni: in cosa consiste?
In qualità di Consigliere, attraverso anche contatti costanti con la presidenza del Consiglio dei ministri, il ministero dell’Interno e altri dicasteri quali gli Affari esteri, la Difesa e la Giustizia, compio attività di ricerca e documentazione per consentire al Capo dello Stato di avere una visione aggiornata dei diversi problemi per ciò che riguarda alcune materie come l’ordine e la sicurezza pubblica, l’attività delle Regioni e degli Enti locali, e ogni problematica concernente le confessioni religiose, le minoranze etniche, l’ecologia e la protezione civile. Fondamentale è anche il frequente e intenso rapporto con le prefetture e le questure che mi consente un monitoraggio costante della situazione del Paese.
Il Presidente si è posto l’obiettivo di visitare tutte le province italiane nell’arco del settenato. La vocazione di Ciampi al contatto con le realtà locali, il suo prodigarsi per portare l’Istituzione in ogni angolo del Paese, che tipo di impegno ha comportato per la Sovrintendenza?
Il Presidente sta completando questo speciale viaggio in Italia che lo ha portato in quasi tutte le province. Ne mancano solo quattro e saranno visitate nelle prime settimane del 2006. La presenza del Capo dello Stato richiama sempre molta gente che con particolare entusiasmo cerca di avvicinarsi anche solo per potergli stringere la mano. In tali casi il maggiore “pericolo” è rappresentato dall’affetto dei cittadini. Penso a quella volta a Trapani, quando all’aeroporto il Presidente e la signora Franca furono quasi all’improvviso circondati da oltre 500 bambini festanti. Voglio anche ricordare il notevole impegno profuso dal personale della Sovrintendenza centrale in occasione dei viaggi all’estero del Presidente Ciampi. I relativi servizi di protezione vengono programmati d’intesa con gli organi di polizia degli Stati ospitanti.
Durante le aperture del Palazzo e dei suoi giardini al pubblico in che modo viene organizzata la sicurezza?
Secondo un collaudato meccanismo che vede operare contemporaneamente all’interno i Corazzieri e all’esterno gli operatori della Sovrintendenza centrale. L’adozione di apparecchiature per il controllo delle persone e degli involucri fa sì che ci sia un elevato standard di sicurezza senza penalizzare i cittadini che intendono fruire della possibilità di visitare il Palazzo. Analoghe misure sono adottate in occasione di udienze che prevedono numerosi partecipanti.
Lei  assolve a questo incarico da anni. Vi sono stati frangenti in cui ha temuto per l’incolumità del presidente Ciampi o della signora Franca?
Durante le numerosissime presenze del Presidente nelle varie realtà italiane non si sono mai verificati particolari momenti di tensione. Anche quando nelle piazze erano presenti gruppi che manifestavano le loro preoccupazioni e i loro disagi, il Presidente ha sempre trovato il modo di avvicinarsi per conoscerli e per esprimere loro la sua attenzione e disponibilità a intervenire per avviare a soluzione le problematiche esposte. Per quanto riguarda la Sovrintendenza, è nostra cura e preoccupazione coniugare il massimo di efficienza e operatività con la libertà di movimento del Capo dello Stato e della signora Franca. Ciò è reso possibile dalla elevata professionalità e dalla particolare sensibilità di cui costantemente danno prova i miei collaboratori e il personale della Sovrintendenza centrale.
Tutte queste persone lavorano dietro le quinte, quasi invisibilmente, ma senza sosta affinché Carlo Azeglio Ciampi, uno dei presidenti più “in movimento” della nostra storia, possa svolgere la sua missione istituzionale senza rischi. Ma quello che si percepisce alla Lunga Manica non è l’onere ma l’onore dell’impegno. “Questa mia esperienza volge al termine – conclude Ruffo – È stata ogni giorno vissuta con soddisfazione per il privilegio di aver potuto lavorare vicino al Presidente Ciampi”.

scarica la versione in PDF
della lettera inviata a Poliziamoderna
dal Presidente Ciampi


Elmi e corazze
In fondo al cortile a ridosso delle scuderie, alcuni militari sono intenti a ferrare un baio dalla lunga criniera. Poco più in là, qualche auto di servizio e una fiammante moto Bmw. È così che nella caserma che li ospita nel cuore di Roma, a meno di 200 metri dal Quirinale, 280 Corazzieri (e 60 cavalli) vivono in equilibrio perfetto tra tradizione e innovazione.
Fu sotto il ducato di Emanuele Filiberto, soprannominato Testa di Ferro, (1553-1580) che si costituì una vera e propria “Guardia d’onore del Principe”. Tante le denominazioni assunte nel corso degli anni: da “Guardie d’onore di Sua Maestà” fino a “Squadrone carabinieri del Re”. Già però si faceva strada nel popolo romano, suggestionato dalle appariscenti corazze indossate dai militari, il più familiare appellativo di “Corazzieri” che ancora oggi contraddistingue il Reggimento dei carabinieri deputato alla sicurezza del Presidente della Repubblica all’interno del Quirinale e in occasione di visite nelle prefetture.
Una tradizione tutta giocata sul rispetto e il mantenimento di poche, ferree regole. Ogni particolare è curato ancora oggi con la stessa attenzione di un tempo: dall’altezza dei corazzieri (dai 190 centimetri in su) alla scelta dei cavalli (solo esemplari di razza irlandese, docili ed eleganti ma anche robusti e in grado di sostenere per ore il peso del cavaliere), dalle bardature alle stoffe da cui ricavare divise cucite a mano da oltre trent’anni dallo stesso sarto. Pure i pennacchi sugli elmi sono ancora oggi realizzati con crini di cavallo. “Certo qualcosa è cambiato – afferma il tenente colonnello Scarrone, comandante del gruppo Squadroni – come gli stendardi, gli stemmi o la composizione delle corazze, il cui peso oggi non supera i 12 kg. Anche l’imbottitura del sotto sella è cambiata: originariamente era di pelliccia d’orso, ora è fatta con materiale sintetico. Quello che non cambierà mai sarà lo spirito di sacrificio e di lealtà del nostro Reggimento”.
Anacleto Flori


Un tesoro sottoterra
Nessuno poteva immaginare che sotto il vecchio refettorio della caserma dei Corazzieri, in via XX Settembre a Roma accanto al convento delle suore di clausura di Santa Susanna si nascondesse un vero e proprio tesoro. I lavori di sistemazione del pavimento, intrapresi nel 1964, portarono alla luce un importante complesso archeologico consistente in resti di edifici e costruzioni tra cui alcuni tratti della prima cinta muraria urbana fatta costruire dal sesto re di Roma Servio Tullio (578-734 a.C.). La scoperta più sorprendente riguardò uno spettacolare mosaico (nella foto) realizzato sulla parete principale di un grande ninfeo (fontana monumentale) risalente al I sec. d.C., che abbelliva la casa della nobile gens Flavia, stirpe degli imperatori Vespasiano, Tito e Domiziano. Il mosaico è costituito da una grande composizione a paste di vetro colorate riconducibile al cosiddetto quarto stile pompeiano. In origine da due piccoli fori visibili sulla parte alta dell’opera fuoriusciva un velo d’acqua che creava un effetto speciale, rendendo più vivi e brillanti i colori delle tessere. Il mosaico è ancora oggi ritenuto un reperto archeologico unico per lo sviluppo parietale, la ricca policromia e gli straordinari effetti prospettici.
01/01/2006