di Neno Giovannelli
La trama dei sogni
Misteriosi e indecifrabili da sempre sono oggetto di studi e ricerche. Il nostro esperto ci svela come elaborare i ricordi traumatici secondo un nuovo approccio interdisciplinare
Perché si apra lo scrigno dei ricordi e la mente costruisca la sua interpretazione devono verificarsi all’unisono diverse condizioni: la piena attività della corteccia cerebrale, l’impegno di quella associativa nel tradurre in simboli un’esperienza sensoriale passata, la capacità del cervello di riformulare nella mente una situazione simile alla veglia. E soprattutto uno stato di attenzione verso i ricordi, l’interiorità. Gli psicoanalisti ne sono certi: nella costruzione di un sogno la sfera affettiva personale è cruciale. Le esperienze legate alla sensorialità sono l’essenza stessa della produzione onirica perché è da questa ricca memoria implicita che parte la cosiddetta teatralizzazione, l’azione con cui la mente di chi dorme dà forma a contenuti attinti dall’inconscio. “Ognuno di noi richiama nel sonno le proprie personali esperienze percettive – continua Pagliuso – non a caso mentre dormono i ciechi non riproducono immagini visive, che non fanno parte del loro vissuto sensoriale, ma riportano alla mente odori o suoni. È una conferma del fatto che a guidare la trama dei sogni sono sempre solo impressioni, emozioni. Spesso talmente forti da essere cancellate del tutto al momento del risveglio: a volte al mattino censuriamo automaticamente le immagini e le sensazioni percepite nel sonno. Succede quando a livello razionale (a differenza di quello inconscio) non siamo ancora pronti a tollerare quell’impatto, a ricordare lucidamente ciò che abbiamo provato in un determinato evento”.
Non stupisce che le forze dell’ordine siano particolarmente soggette al meccanismo di rimozione: sono emozioni violente quelle che prova chi è impegnato in servizio nel luogo dove si è appena consumato un delitto, sono immagini forti quelle che s’imprimono nella mente di chi interviene a bloccare una carneficina. “Quando un poliziotto assistite a una scena cruenta, cosa che capita di frequente a chi fa questo mestiere, spesso si ritrova a sognare a distanza di tempo la sensazione provata in quella circostanza – conferma Pagliuso – Generalmente visualizza qualche particolare legato all’episodio e lo contestualizza in una situazione diversa, quasi mai riproduce fedelmente la scena vissuta. Al risveglio in ogni caso l’immagine scompare, così come tutti i sentimenti correlati”. Per aiutare gli agenti a recuperare i ricordi traumatici, lavoro che serve a elaborare razionalmente i fatti anziché subirne solo l’impatto emotivo, gli psicologi lavorano quasi sempre sulla catena associativa. Una tecnica con cui l’analista spinge gradualmente il paziente a collegare tra loro elementi e percezioni fino a quando l’immagine rimossa non riaffiora. “Il metodo consente di riportare a galla sensazioni e fatti permettendo agli agenti di analizzarli con lucidità, mai però attribuire alla ricostruzione completa affidabilità – precisa Pagliuso – Anche il quadro all’apparenza più verosimile e razionale può essere condito da una dose di fantasia, modificato nell’esposizione da elementi legati alla personalità. Impossibile insomma servirsi di un sogno come prova della dinamica di un fatto, azzardato considerarlo come un indizio attendibile di qualcosa di pratico che si è verificato”. Più cauto limitarsi (e non è poco) a leggerci desideri, paure, fantasie. Definirlo tempesta di sensi, storia emozionale, miscuglio di pensieri, sensazioni, creatività.
01/12/2005