di Anacleto Flori
Cacciatori d’identità
Sofisticati strumenti biometrici certificano chi siamo misurando il nostro corpo. Tra sicurezza e rispetto della privacy
Un giovane, scarpe da ginnastica, jeans e giubbotto si avvicina con uno zainetto sulle spalle all’ingresso dell’edificio, poi appoggia un dito su una targa metallica e come d’incanto la vetrata si apre, mentre una suadente voce femminile lo accoglie: “Ciao Franco, buona giornata e buon allenamento”. Qualche decina di anni fa immagini come queste si potevano vedere soltanto al cinema, nelle pellicole di fantascienza o in quelle di James Bond, con tutto il loro armamentario di improbabili marchingegni e diavolerie. Oggi invece sono realtà grazie allo sviluppo della biometria chiamata a innalzare il livello generale della sicurezza in materia di controllo elettronico degli accessi fisici (l’ingresso in un’area riservata o il varco di una frontiera) o logici (abilitazione all’uso di un sistema, o di un programma informatico). Una tecnologia basata sulla possibilità di autenticare l’identità di un individuo grazie al match, al confronto tra la sequenza di caratteristiche fisiche rilevate al momento con quelle già conservate in archivio. Tratti del volto, occhi, dita e timbro vocale. Orecchie, labbra, sistema venoso, battito cardiaco e persino l’odore. Ogni particolare anatomico del nostro corpo viene usato come sistema infallibile (o quasi) di identificazione personale. Una ricerca tecnologica che ha mosso i primi passi nelle università californiane agli inizi
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