Raffaele Lupoli
Sport & Natura
Troppo spesso l’attività sportiva si traduce in seri danni all’ambiente. Come divertirsi rispettandolo
Una finale di coppa d’Inghilterra vale tremila ettari di foresta. Sulle piste da sci svizzere la varietà di piante diminuisce dell’11%. La manutenzione di un campo da golf richiede enormi quantità di acqua. Perfino una pallina da tennis contribuisce a incrementare l’effetto serra. Insomma, non sempre la pratica sportiva va di pari passo con il rispetto per la natura, e anche le discipline che possono apparire più innocue hanno un loro impatto. Un manuale su sport e ambiente redatto nel 1997 dal Cio, il Comitato olimpico internazionale, considera l’ambiente “la terza componente dell’Olimpismo assieme allo sport e alla cultura”. Per fortuna questa maggiore considerazione ha acceso i riflettori sia sugli impatti a breve termine delle manifestazioni sportive (inquinamento acustico o atmosferico durante una gara) sia su quelli a lungo termine (impianti, infrastrutture, deterioramento del suolo). Ma più che nelle scelte politiche, sono i comportamenti dei singoli a manifestare un’attenzione crescente. Sono sempre di più le persone che considerano inscindibili la pratica di un’attivià agonistica o amatoriale e il rispetto dell’ambiente. E si lanciano negli “ecosport”.
Su e giù dalle cime
Il verbo “lanciarsi” è quanto mai appropriati per Claudio Papa, che dal 1974 pratica sport di volo e oggi dirige una scuola a Castelluccio di Norcia (in provincia di Perugia), uno dei paradisi internazionali del volo libero. Paracadutismo, parapendio e volo in aerostato hanno in comune la possibilità di guardare il mondo dall’alto senza lasciare fastidiose scie dietro di sé. “Per volare non sono necessari motori e gli apparecchi sono racchiusi in leggere sacche colorate – spiega Papa – I frequentatori abituali del centro sono spesso amanti della montagna, ma sono numerosi i casi in cui il percorso è inverso: frequentando un punto di decollo le persone arrivano a scoprire la natura e la monta