Annalisa Bucchieri
In azione tra le vette
Operare in sicurezza e per la sicurezza perpendicolari al cielo. Questo viene insegnato al Centro addestramento alpino di Moena dai poliziotti maestri di roccia. Che d’estate si trasformano anche in angeli del soccorso montano
Neve, sicurezza sulle piste, freddo inverno. Si pensa a questo quando si parla del Centro addestramento alpino di Moena della Polizia di Stato. In realtà la struttura trentina è una scuola per tutte le stagioni. Non si ferma mai. Quando la neve si scioglie i nodi si stringono. Smessi sci e scarponi, gli istruttori sono pronti con cordini, imbracature e caschetti per i corsi di addestramento e perfezionamento estivi: manovratore di corda, alpinista, istruttore alpinista. Il primo è un passpartout per gestire tutte le operazioni che comportano “legami di sicurezza” nel vuoto, che sia quello vertiginoso di uno strapiombo di montagna come quello angusto di una tromba dell’ascensore o quello assoluto che sta sotto la pancia di un velivolo. Arrivano da tutte le parti d’Italia gli operatori di polizia che si siedono ai banchi di scuola di Moena a imparare il nodo Machard e il barcaiolo, l’uso delle “corde statiche” e delle gemellate, dei moschettoni e degli anelli, di chiodi e split. Ma è solo al corso successivo di alpinista che gli allievi saranno portati in parete sotto l’attenta guida degli istruttori. È qui che iniziano a sentire l’odore dell’altitudine e a percepire l’importanza di “assicurarsi” con corde e nodi. Qui imparano a muoversi perpendicolari al cielo. Un’abilità che sarebbe incompleta e pericolosa senza l’acquisizione teorica in aula di elementi di meteorologia, geologia, primo soccorso, cartografia. Insomma, senza il sapere della montagna.
“L’addestramento presso il nostro Centro non è utile solo per chi si trova a svolgere il lavoro di polizia in ambiente montano – tiene a precisare, l’ispettore Maurizio Dellantonio, coordinatore del gruppo istruttori – ma anche per far fronte a contesti operativi che richiedono l’uso di tecniche alpinistiche, tanto in scenari naturali quanto in ambienti urbani”. Per esempio un artificiere che si deve calare con il verricello da un elicottero, un agente scorte che deve controllare un pozzo, una squadra Nocs che deve dare scalata a un palazzo dove sono tenute in ostaggio delle persone.
Solamente chi ha superato i primi due corsi può richiedere di accedere al successivo di aiuto istruttore e diventare poi una sorta di guida alpina in uniforme. Certo la patente d’istruttore non la si mette in tasca per sempre. Per conservare l’abilitazione bisogna ritornare ogni anno per una decina di giorni alla scuola di Moena ad aggiornarsi e perfezionarsi. Loro, i dodici istruttori di alpinismo del Centro – gli stessi che svolgono i moduli di addestramento invernali (sci di fondo, sci alpinismo, ghiacci, soccorso e sicurezza sulle piste) – mantengono la preparazione salendo quasi ogni giorno in quota, assumendosi la responsabilità della vita propria e quella dei colleghi-allievi. E si allenano in palestra continuamente, tra pesistica e pareti artificiali per l’arrampicata. “Un buon alpinista deve tenersi sempre in ottima forma atletica e mentalmente lucido – afferma Vigilio Gabrielli, uno degli istruttori veterani – La montagna è una prova continua. Basta l’arrivo di un temporale, una scarica di sassi. Il passaggio da una situazione di serenità a una di pericolo è repentino, bisogna decidere in pochi secondi cosa fare per salvarsi. La resistenza fisica deve essere un’altra nostra prerogativa. A volte le ricerche di dispersi durano tutto il giorno e tutta la notte”. Difatti, i “maestri di roccia” di Moena si trasformano all’occorrenza in angeli del soccorso montano. Se il loro intervento è più conosciuto durante l’inverno, quando coadiuvano le attività di sorveglianza e sicurezza sulle piste da sci, o prestano la loro opera per le emergenze valanghe, pochi conoscono l’esistenza di ulteriore protezione in versione estiva di cui poter godere sulle montagne. Eppure è la casistica di interventi più frequente. Capita spesso durante la bella stagione che i turisti si avventurino su ferrate o sentieri a quote elevate, ignari della morfologia dei luoghi o sprovvisti di cartine, con il rischio di trovarsi di fronte a frane, precipitare in burroni, infortunarsi su cammini accidentati o semplicemente non trovare più la strada a valle. “Bisogna considerare – spiega Dellantonio – che c’è anche una diversa tipologia di frequentatori della montagna in questo periodo. Gli escursionisti estivi sono un po’ più intraprendenti e meno preparati e spesso s’imbarcano in imprese poco idonee alla loro condizione fisica e di salute. Per fortuna, intervenendo assieme alla Protezione civile, e grazie all’aiuto delle unità cinofile, riusciamo a trovarli in tempi brevi e qualora ci fossero feriti a trasportarli con imbracature di soccorso e barelle dai posti più impervi e scoscesi fino alle ambulanze”.
L’applicazione delle competenze alpinistiche della polizia non si ferma qui. Ogni qualvolta è necessario bonificare un’area montagnosa, teatro di qualche evento di richiamo o del passaggio di un personaggio di rilievo, entrano in azione gli specialisti dell’arrampicata. Andando a scavare in uno degli episodi più significativi è inevitabile che il pensiero vada a una delle visite di Papa Wojtyla. “Il Santo Padre avrebbe celebrato la messa fuori Trento, all’aperto – ricorda Dellantonio – A ridosso dell’altare c’era una parete enorme, alta 200 metri e lunga un chilometro e mezzo. La perlustrammo interamente per controllare che non vi fossero persone appostate o oggetti pericolosi. Abbiamo fatto la stessa operazione al monte Pellegrino di Palermo, prima di un’importante manifestazione calcistica: arrampicandoci con le corde, guardammo in tutti gli anfratti della roccia”.
Preziosa anche la prestazione “altamente” tecnica fornita ai colleghi delle pattuglie antisequestro in Calabria e in Sardegna. “Iniziammo la collaborazione durante il periodo del rapimento di Cesare Casella. In Aspromonte c’erano zone quasi inaccessibili, così abbiamo approntato un programma di formazione ad hoc per quei territori: abbiamo insegnato ai colleghi a calarsi dall’elicottero e nelle fiumare, ad arrampicarsi su roccia per ispezionare le grotte”. In Sardegna vengono svolti corsi tre/quattro volte l’anno per le squadriglie antisequestro eliportate. Durano 5 settimane e la penultima ha luogo a Moena con esercitazioni di manovra di corda e marce di orientamento, molto utili in zone non coperte da una cartografia adeguatamente dettagliata.
L’orienteering è del resto una disciplina in espansione. Potrebbe essere uno strumento essenziale per i poliziotti della Frontiera nelle zone di confine rese più impervie da rilievi montusi o fenomeni carsici, attraversate dai flussi d’immigrazione e traffici clandestini. La gestione dell’orientamento e il calcolo della direzione geografica sono già materia di insegnamento per i Nocs, che ora richiedono una preparazione specifica all’uso della tecnologia Gps. Sicuramente avere il compito di addestrare i Nocs alla operatività in ambiente montano è un pungolo al continuo aggiornamento professionale per gli istruttori del Centro, oltre che, naturalmente, motivo di orgoglio. A completamento dei corsi formativi, le teste di cuoio della Polizia di Stato trascorrono a Moena un mese di allenamento sia alpinistico – con arrampicate, ferrate, teleferiche su pareti, cave, sopra i fiumi e dighe – che sciistico, mirato in particolar modo al lavoro di scorta sulla neve. Un esempio di traduzione perfetta dell’impegno formativo specialistico della polizia in operatività ultra avanzata.
Prossimità ad alta quota
La cultura fattiva montana si respira ovunque al Centro addestramento alpino di Moena della Polizia di Stato. Gente di poche chiacchiere e di molti fatti. Ne è orgoglioso e consapevole Giuseppe Volpe (nella foto), il nuovo direttore della scuola trentina, il quale sta puntando molto sulla comunicazione: “Difficile aggiungere altro alla grande professionalità del personale che lavora qui. Sotto la direzione degli Istituti di istruzione la nostra struttura ha raggiunto uno standard di formazione super specializzata. Oserei direi, quasi una piccola università della montagna. L’aspetto che adesso mi preme è valorizzare il patrimonio di abilità, esperienze e conoscenze che vi è racchiuso”. L’allestimento di un sito Internet di prossima attivazione e la creazione di un dvd dimostrativo delle molteplici attività del Centro sono tra i suoi primi interventi.
Quali altri obiettivi nel mirino del Centro?
Potenziare la funzione addestrativa, che è il servizio principale offerto dalla nostra struttura. Quest’anno è stata particolarmente intensa per la preparazione di circa 300 operatori per la sicurezza delle Olimpiadi invernali di Torino 2006. Per affrontare eventi del genere abbiamo bisogno d’implementare e svecchiare il parco istruttori. Un rafforzamento che risulterà utile soprattutto per diventare, come ci auspichiamo, un punto di riferimento formativo anche per l’esterno, o per gli operatori delle altre forze dell’ordine, come è gia successo con soddisfazione con la polizia penitenziaria. Abbiamo, inoltre, programmato degli scambi di aggiornamento professionale con i settori alpini delle polizie straniere. Il primo avverrà con i colleghi polacchi. In definitiva, stiamo aprendo sempre di più le porte della nostra scuola per mettere a disposizione degli altri attori della sicurezza ad alta quota la competenza raggiunta.
In poche parole sfatate l’immagine di chiusura della gente di montagna con una maggiore prossimità?
Esattamente. Le prospettive future sono di una sempre crescente interazione con le realtà che ci circondano, in primis con la provincia autonoma di Trento, anche per le attività non strettamente istituzionali quali la collaborazione tecnica per gare di livello internazionale, la partecipazione a manifestazioni sul tema della montagna, oppure l’accompagnamento sulle piste da sci dei non vedenti che i nostri istruttori svolgono da tanti anni con passione. La fiducia guadagnata in quota bisogna diffonderla a valle.
Angelo Lari
Racchette e distintivo sulle piste
Vita non semplice per i ragazzi del Centro di Moena: quest’anno il superlavoro è garantito dalla preparazione dei giochi invernali di Torino 2006 con corsi di formazione straordinari per il personale che sarà impegnato nell’importante evento sportivo. E non basta; l’aumento degli incidenti sulle piste va di pari passo con la richiesta gestione del soccorso dei feriti e con l’esecuzione di rilievi tecnici da utilizzare in sede di risarcimento dei danni. E dulcis in fundo i nuovi fenomeni che preoccupano gli sciatori in uniforme: i turisti ubriachi che di notte affollano i rifugi e poi escono con slittini e motoslitte causando incidenti; i fuori pista di appassionati di snowboard e telemark e infine la presenza dei nuovi ricchi provenienti dall’est europeo poco rispettosi delle regole e innamorati della grappa.
Pochi dati ci aiutano a capire i grattacapi con cui quotidianamente si confrontano gli alpini in bicolore: nella passata stagione invernale sono stati effettuati più di 12.800 interventi di soccorso di cui oltre 3.600 nei confronti di cittadini stranieri. Sul totale è importante il dato delle collisioni tra persone: ben 1.563. Non poche (103) le collisioni con ostacoli fissi mentre il numero maggiore è ancora legato a cadute accidentali: quasi diecimila. Se si analizzano le fasce d’età scopriamo che i ragazzi con età compresa tra gli undici e i venti anni sono quelli che hanno avuto maggior bisogno di interventi: quasi tremila. I più virtuosi sono gli sciatori con età compresa tra i 51 e i 60 anni solo 1.200 le richieste di aiuto pervenute alle pattuglie di servizio sulle piste. E adesso una classifica internazionale dei soccorsi: 842 i sudditi di sua maestà britannica che sono ricorsi alle barelle; 343 i polacchi feriti, mentre sono 263 i belgi. E poi l’Est alla riscossa: 343 cechi, 122 sloveni, 96 ungheresi, 55 russi, 50 croati, e diversi lettoni, lituani, rumeni e slovacchi sono passati per i pronto soccorso delle nostre località sciistiche.
Marina Graziani