Manuela Boschian*
A misura d’uomo
A Pordenone i recenti clamorosi fatti di cronaca non hanno scalfito l’immagine di cittadina tranquilla. Mentre si moltiplicano le iniziative di “prossimità”
Imiserabili agguati di unabomber, il Comitato per i diritti delle prostitute, la setta di Telsen Sao, un traffico internazionale di neonati stroncato dalla Mobile: non sono stati sempre lusinghieri, i riflettori che negli ultimi decenni si sono accesi su Pordenone, cittadina adagiata sulle sponde del fiume Noncello. Ma i fatti di cronaca non l’hanno cambiata poi molto, se la gente si saluta ancora da un marciapiede all’altro chiamandosi per nome e il nuovo questore viene riconosciuto per strada, dove i pordenonesi non si fanno scrupolo di fermarlo per augurargli buon lavoro. Se ciò non è più sufficiente a renderla l’isola felice di un tempo, di certo facilita il compito della polizia e le dà atto dei propri sforzi: i pordenonesi – almeno quelli che non hanno nulla da nascondere – non identificano, infatti, il poliziotto come uno “sbirro” in senso negativo, ma come una figura cui potersi rivolgere senza remore.Scontato che, dietro queste pennellate naif, alle forze dell’ordine il lavoro non manchi.
Capoluogo di provincia dal 1968, un polo universitario di recente costituzione ma di tutto rispetto, Pordenone conta oggi oltre 52 mila abitanti. Di questi, oltre 5 mila sono extracomunitari – soprattutto albanesi, africani e indiani – richiamati da una realtà industriale dove il nome Electrolux Zanussi parla per tutti.
Seppure ancora oggi stia scontando a modo suo la sindrome del “paesotto” assurto a capoluogo di provincia, Pordenone è una città che vive al passo coi tempi, accollandosi onori e oneri che ciò comporta. Dire che in questo tessuto urbano e sociale la polizia gioca un ruolo fondamentale, è dire le cose come stanno. Se da una parte, infatt ...
01/06/2005