Vincenzo R. Spagnolo

Stupefacente Italia

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Lo spaccio diventa casalingo, la salvia divinorum illegale e aumentano i minori coinvolti. Fa il punto della situazione l’ultimo rapporto del Viminale sul contrasto al business della droga

Stupefacente Italia

È stato soprannominato spaccio home-made, cioè fatto in casa. Riguarda insospettabili e incensurati lavoratori, studenti, casalinghe che, per sbarcare il lunario, decidono di diventare pusher, spacciatori, mettendosi in proprio nel multiforme e rischioso business degli stupefacenti. Un caso sorprendente lo hanno scoperto a inizio aprile i poliziotti del commissariato genovese di Prè, trovando a casa di due coniugi 44enni, un idraulico saltuario e una casalinga con figli, quattro borsoni zeppi di panetti di hashish: 100 chili fatti arrivare dalla Spagna, con l’intenzione di piazzarli sul mercato genovese. “Siamo entrati nel giro della droga per risolvere i nostri problemi economici” hanno confessato candidamente marito e moglie agli sbigottiti agenti, rivelando di aver acquistato l’hashish per 100 mila euro, metà in contanti e il resto da versare dopo la vendita al dettaglio, dalla quale contavano di ricavare 350 mila euro. Invece, sono finiti in manette per traffico internazionale di droga, insieme a due conoscenti accusati di spaccio, a casa dei quali sono stati trovati cocaina, eroina e metadone. Ma quello dello “spaccio casalingo”, spiega un investigatore, è solamente uno dei preoccupanti fenomeni – oltre all’aggressiva attività delle narcomafie italiane e straniere – all’attenzione degli esperti del settore: specialisti della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, coordinati dalla Direzione centrale dei servizi antidroga (Dcsa) del Dipartimento della Pubblica Sicurezza. Gli esiti dell’azione di contrasto del 2004 e dei primi tre mesi di quest’anno sono consultabili nel dettaglio, sul sito www.poliziadistato.it
 
Denunce e sequestri
Quasi 26 mila chili di stupefacenti sequestrati nel 2004, nel corso di 18.653 operazioni antidroga, con 31.285 persone (22.850 italiani e 8.705 stranieri, marocchini, albanesi, tunisini, nigeriani, spagnoli, senegalesi, colombiani) denunciate all’autorità giudiziaria perché coinvolte a vario titolo nei traffici. Rispetto al 2003 ci sono stati meno sequestri di eroina, hashish, marijuana e Lsd, mentre si registra un aumento di quelli di cocaina, cannabis e anfetaminici, come l’ecstasy (mdma, metilenediossimetamfetamina), più richiesti sul mercato clandestino. L’attività di contrasto è intensa anche nel 2005: dal 1° gennaio al 31 marzo, sono già stati 6.865 i denunciati e 5.537 i chili di stupefacenti sequestrati (soprattutto eroina, cocaina, cannabis e anfetaminici). Riguardo al 2004, un dato su cui riflettere è il numero di giovani indagati: sugli oltre 31 mila denunciati – segnala la relazione – il 3,63 per cento (ossia 1.135) era di età inferiore ai 18 anni. Tra i minorenni, lo spinello è ancora di moda, visto che la sostanza più “trattata” è la cannabis. Secondo i dati, inoltre, la regione col maggior numero di minori coinvolti in reati di droga è stata la Lombardia, seguita dalla Sicilia.
Nella relazione si fa cenno anche a nuove sostanze, propagandate in modo spregiudicato nel world wide web come “legali e naturali”, ma in realtà con effetti analoghi a quelli indotti dagli stupefacenti chimici. È il caso di alcuni funghi e della salvia divinorum, potente allucinogeno usato da molti ragazzi italiani come via casereccia per lo sballo. Ora però in Italia è diventata fuorilegge: la sostanza e il suo principio attivo sono stati, infatti, inseriti nella Tabella delle sostanze stupefacenti illegali.
 
Italia, crocevia di narcomafie
Dai controlli effettuati nel 2004 risulta che l’Italia oltre al consumo è anche Paese di transito dei traffici. Oltre alla mafie nostrane, la Penisola è base di gruppi criminali sudamericani, marocchini, nigeriani, romeni e albanesi. A volte delegati – spiegano alla Dcsa – dalle cosche italiane per spacciare sul territorio. Ci sono poi i risvolti cruenti dei traffici di droga, come la sanguinosa guerra fra clan di Camorra scoppiata nel napoletano, originata proprio dagli appetiti dei camorristi per i guadagni dello spaccio di stupefacenti. Per quanto riguarda la cocaina, gli analisti del Viminale segnalano da tempo il ruolo leader della ’Ndrangheta nel traffico fra Sudamerica, Spagna e Italia. E la Direzione nazionale antimafia, d’intesa con polizia, carabinieri e finanza, mantiene una cooperazione internazionale con l’Interpol e con polizie di altri Paesi, fra cui le statunitensi Dea e Fbi: esperti americani si sono recati poco tempo fa a Reggio Calabria per partecipare a un incontro in questura con l’intento di condividere informazioni su maxi-inchieste italiane, come l’operazione Igres, che hanno aperto squarci di luce sulla rete di traffici intessuta dalle ’ndrine e dai cartelli dell’America Latina.
 
In volo dal Sudamerica all’Europa
Indossano abiti nuovi, a volte fuori taglia, hanno valigie semivuote e viaggiano confusi fra gli altri passeggeri di voli Alitalia o Iberia provenienti dall’America latina. Quando atterrano hanno l’aria spaurita, come se vedessero ogni cosa per la prima volta. Se gli si avvicina un agente della Polaria o delle Fiamme Gialle, spesso perdono il sangue freddo e tradiscono l’emozione. Così, anche in assenza di una segnalazione specifica, gli investigatori hanno ormai maturato un’esperienza nel riconoscerli “a naso”. Sono las mulas, i muli da carico, come li chiamano i narcos dei cartelli colombiani, che hanno imparato da tempo ad affidare l’incarico di corriere della droga a persone “pulite”, giovani incensurati o famigliole scelte fra le migliaia di disperati che affollano barrios e favelas di megalopoli come Sao Paulo, Caracas, Lima o Bogotà. Poveracci convinti a fare da “ingoiatori” con una manciata di dollari americani e la promessa di un viaggetto gratis “tutto compreso” nel vecchio continente. Se accettano, vengono “purgati” e alimentati per giorni con brodo caldo, poi ingoiano gli ovuli contenenti la droga e s’imbarcano su un volo per l’Europa. Una volta a destinazione, saranno pagati da un “contatto” locale, dopo che un nuovo purgante avrà permesso ai trafficanti di entrare in possesso dello stupefacente.
Lo scorso anno, negli scali italiani – da Fiumicino e Malpensa, fino a Capodichino e Caselle – le forze dell’ordine hanno eseguito numerosi arresti di “ingoiatori”, con lo stomaco pieno di ovuli di coca, sequestrando chili di stupefacenti. Ma il problema del transito dal Sud america non riguarda ovviamente solo gli aeroporti italiani. In Spagna, la Guardia civil e gli specialisti dell’antidroga sorvegliano già da tempo, con discrezione, i voli in arrivo o in transito negli scali iberici, anche quando non giungono direttamente dall’America Latina. “Non è infrequente infatti – commenta un investigatore – che i narcos scelgano di far effettuare al corriere uno scalo intermedio, per esempio Amsterdam, per trarre in inganno chi spulcia la lista dei voli con fini d’indagine…”. Che si tratti quasi sempre di poveracci, usati dai narcotrafficanti, lo confermano le tristi confessioni degli arrestati, dopo che la radiografia con le ombre degli ovuli li ha inchiodati alle proprie responsabilità: a fine aprile, in Germania, una brasiliana di 28 anni è stata condannata a tre anni e due mesi di reclusione da un tribunale di Francoforte, per aver ingoiato cocaina al fine di contrabbandarla. Secondo quanto riferito dai magistrati, la giovane donna aveva ingoiato 135 preservativi contenenti in totale un chilo e 300 grammi di coca, che sperava di far passare alla frontiera. Ma gli uomini dei servizi doganali dell’aeroporto di Francoforte l’avevano notata per il modo impacciato di camminare. E i controlli hanno confermato il sospetto, accertando la presenza della “neve” nel corpo della donna. Eppure, perfino gli inflessibili poliziotti tedeschi non hanno saputo trattenere un sentimento di compassione, quando la brasiliana ha raccontato di aver accettato di fare da “vettore” della droga, per pagare, coi tremila euro di ricompensa promessa, l’intervento chirurgico per la madre, malata di cancro.             
01/06/2005