Antonella Fabiani

Uniformi, passato e presente

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Cordelline, panni bigi, alamari e stellette: nei dettagli si leggono i cambiamenti della divisa della polizia. Sempre al passo con i tempi

Uniformi, passato e presente

Sobria, elegante. Appare ancora così oggi la prima uniforme indossata dai poliziotti della seconda metà dell’Ottocento. Da allora la divisa ha sempre rappresentato l’Istituzione, lo Stato, la tradizione. Un motivo di orgoglio per chi la indossava. Un messaggio di sicurezza per i cittadini. Fregi, distintivi, colori, tessuti ne raccontano la storia fatta di trasformazioni e cambiamenti, una lenta evoluzione imprescindibile da quella del Paese.
Le prime indicazioni sull’uniforme della polizia risalgono al 1852. È il decreto del 25 luglio a stabilire oltre ai compiti degli appartenenti anche come doveva essere la divisa del Corpo delle guardie di pubblica sicurezza; una tunica in panno turchino con numeri individuali tessuti in argento alle due estremità del colletto, pantaloni in panno bigio (grigio), tasche di pelle per riporre le pistole, chepì in panno bigio sul davanti coccarda nazionale tessuta in seta, cappietto in metallo, nappa rotonda di lana di colore blu, le due lettere SP (sicurezza pubblica) coronate da due rami di quercia, con foglie fermate con nastro attorcigliato alle medesime. L’uniforme era completata da cordelline, in seta per le guardie, con spallina intrecciata dalla quale pendevano tre cordoni, e guanti in pelle gialla. La scelta del turchino si doveva a motivi pratici; era il colore più economico per tingere i tessuti delle uniformi. Un ricchissimo corredo inoltre era previsto per chi si fosse arruolato nel corpo (dalla carabina alla daga, la sciabola solo ai brigadieri, dalla biancheria personale alle spazzole per abito e scarpe, al lisciatoio di bufalo per pulire la carabina; dal cavastraccio per carabina e pistola alla scatola di latta per riporre il lucido).
Le istruzioni del 1852 sono solo descrittive: nessuna immagine o disegno a corredo. Bisognerà aspettare la normativa del novembre del 1865, con il nuovo regolamento del Corpo delle guardie di pubblica sicurezza, per avere delle indicazioni iconografiche. Si vuol dare il segno del nuovo corso della polizia dopo l’unificazione anche introducendo novità nell’uniforme: compare per la prima volta sui pantaloni il filetto laterale cremisi che ritroviamo nelle divise odierne (colore che probabilmente riprendeva quello utilizzato dal 1831 al 1838 nel reggimento Nizza Cavalleria); mentre per la divisa del comandante maggiore e d’alloggio nella tenuta di parata sono previste, spalline con frange in argento, nella foggia simili a quelle dei funzionari dell’odierno reparto a cavallo che sono in metallo dorato.

Dopo l’unificazione arriva la fondina
Nel 1890 si cambia nuovamente nome: Corpo delle guardie di città, alle dipendenze del del ministero dell’Interno, una denominazione che indica la volontà di essere vicini alla gente. È creata una medaglia in argento al merito di servizio da dare in premio a chiunque avesse prestato almeno 15 anni nel Corpo. Vengono individuati nuovi uffici: è istituito il servizio sanitario (però solo nei reparti con più di 60 uomini). Le norme e i regolamenti non sono più scarni. Il provvedimento sulle guardie di città del 1907 firmato da Vittorio Emanuele III, riconferma i compiti del Corpo: “provvedere alla incolumità pubblica, alla tutela delle ...


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01/05/2005