Franco Cosentino
Dall’Africa a via Tasso
Storia della Pai, Polizia dell’Africa italiana, che garantì la sicurezza delle colonie, ma anche di Roma dopo che fu dichiarata “Città aperta”
Finalmente partiamo. Con affetto, Pino”. Così ha inizio la storia di Giuseppe, una guardia della Polizia dell’Africa italiana che alla vigilia del suo giuramento, nel febbraio del 1938, si affretta a inviare ai suoi cari poche parole su una cartolina che lo ritrae nella sua bella uniforme con tanto di casco coloniale. Di lì a poco si sarebbe imbarcato alla volta dell’Africa dove lo avrebbero atteso territori esotici, un servizio emozionante, un’esistenza piena di fascino. Almeno così era immaginata la vita nei territori dell’Impero, da parte di larghi strati delle forze armate italiane sul finire degli anni Trenta.Poi arrivò la guerra che distrusse le illusioni e i sogni di avventura di migliaia di soldati e di tantissimi cittadini che avendo intravisto grandi prospettive di lavoro si erano trasferiti in Libia, Somalia ed Etiopia.
Le vicende della Pai hanno inizio nel dicembre del 1936, quando un regio decreto istituisce il Corpo di polizia coloniale alle dipendenze dirette del ministero delle Colonie, poi ministero dell’Africa italiana. Grazie all’esperienza maturata sul campo durante le guerra d’Etiopia, alcuni ufficiali superiori dell’esercito furono incaricati di organizzare un corpo che potesse sopperire alle esigenze di sicurezza negli immensi territori libici e dell’Africa orientale non ancora del tutto pacificati.
Il generale Riccardo Maraffa, comandante generale del Corpo dalla sua costituzione sino al 1943, anno in cui fu deportato a Dachau, riuscì con pochi fidati collaboratori a creare una struttura forte, autonoma, agile e funzionale. Ogni aspetto, dalle uniformi all’organizzazione t ...
01/05/2005