Elio Graziano e Francesca Graziano

Detective con la toga

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a)premessa
L’art. 111 della Costituzione (nella nuova formulazione introdotta dall’art. 1 della legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2) nel definire i principi del ”giusto processo” ha sancito il diritto per il difensore di “difendersi provando” e di assumere, pertanto, un ruolo attivo nell’acquisizione dei mezzi di prova, svolgendo autonome investigazioni.
Per dare concreta attuazione a tale principio è stata emanata la legge 7 dicembre 2000 n. 397 che ha introdotto una disciplina organica delle indagini difensive, modificando numerosi articoli del codice di procedura penale e inserendo nel libro quinto un apposito titolo, il VI bis “Investigazioni Difensive”, costituito dagli artt. dal 391 - bis al 391 - decies.
Si tratta di un complesso di norme che abilita il difensore cui sia stato conferito l’incarico con atto scritto ovvero gli investigatori privati e i consulenti tecnici, incaricati a loro volta dal difensore, a svolgere attività investigativa nell’interesse delle persone sottoposte alle indagini, delle persone offese e delle altre parti private (art. 327 - bis c.p.p.). Queste attività possono essere esercitate in ogni stato e grado del procedimento, nell’esecuzione penale e per promuovere il giudizio di revisione. Possono essere esercitate dal difensore anche in via preventiva, per l’eventualità che si instauri un procedimento penale. In tal caso, dovrà essergli rilasciato un mandato, con sottoscrizione autenticata, contenente la nomina e l’indicazione dei fatti ai quali si riferisce (art. 391 – nonies).
Nel novero delle attività investigative, che il difensore ha facoltà di svolgere per ricercare ed individuare elementi di prova a favore del proprio assistito, rientrano anche alcune che attengono alla cosiddetta “prova materiale”. Esse sono disciplinate dagli art. 391 – sexies, 391 - septies e 391 - decies del c.p.p., i quali utilizzano una terminologia (accesso ai luoghi-rilievi-atti e accertamenti tecnici non ripetibili), che rimanda alle indagini tecnico-scientifiche compiute dalla Polizia Giudiziaria o dal Pubblico Ministero e alle problematiche connesse.
Questa parte della normativa introdotta dalla legge 7 dicembre 2000, n. 397, ha trovato, sinora, scarsa applicazione, probabilmente per i suoi contenuti fortemente innovativi, non sempre facilmente assimilabili da parte degli operatori, ma forse anche per incertezze interpretative in ordine ad alcune norme di particolare rilievo.
La disciplina delle indagini tecniche difensive va ricostruita sistematicamente  tenendo conto delle norme del c.p.p. preesistenti che disciplinano  le indagini tecniche svolte dagli organi “pubblici”. La corretta interpretazione dell’una e dell’altra normativa presuppone talvolta un’adeguata conoscenza delle problematiche tecnico-scientifiche sottese. Si pensi, ad esempio, alla definizione di atti e di accertamenti non ripetibili e agli effetti che la legge riconnette alle diverse forme di irripetibilità.
Alla luce delle considerazioni svolte, nei paragrafi successivi si tenterà una ricostruzione degli strumenti delle indagini tecniche difensive, disciplinati nel titolo VI bis del codice di procedura penale, che tenga conto di alcune imprescindibili esigenze di assicurazione del materiale probatorio di cui devono continuare a farsi carico  organi “pubblici”, secondo la previgente normativa del c.p.p. che non è stata modificata dalla legge  n. 397/2000.

b)accesso ai luoghi.
L’art. 391 - sexies prevede la possibilità per il difensore, il sostituto, gli investigatori privati e i consulenti tecnici da lui incaricati di accedere a luoghi d’interesse per le indagini, ai seguenti fini:
- prendere visione dello stato dei luoghi stessi e delle cose;
- procedere alla loro descrizione;
- eseguire rilievi tecnici, grafici, planimetrici, fotografici o audiovisivi.
Nel caso che la facoltà d’accesso venga esercitata in luoghi privati o non aperti al pubblico e manchi il consenso di chi ne ha la disponibilità, il difensore dovrà munirsi di preventiva autorizzazione del giudice. Non è consentito l’accesso ai luoghi di abitazione e loro pertinenze, salvo che sia necessario accertare le tracce e gli altri effetti materiali del reato (art. 391 – septies).
La verbalizzazione delle operazioni eseguite, secondo le modalità illustrate nell’art. 391-sexies, è solo facoltativa . Il successivo art. 391 – decies 2° comma prevede poi che la documentazione relativa ad atti non ripetibili, compiuti in occasione dell’accesso ai luoghi, presentata nel corso delle indagini preliminari o nell’udienza preliminare, venga inserita nel fascicolo per il dibattimento. La documentazione fotografica o audiovisiva dei rilievi eseguiti può, comunque, essere acquisita dal giudice ai sensi dell’art. 234 c.p.p..
Il difensore non ha l’obbligo di avvertire il pubblico ministero, il quale, però, ha la facoltà di assistere, personalmente o mediante delega alla polizia giudiziaria, agli atti non ripetibili. In tale evenienza quest’ultimi devono essere obbligatoriamente documentati ed inseriti nel fascicolo del difensore e nel fascicolo del pubblico ministero (art. 391-decies).

c) indagini tecniche della polizia giudiziaria sul luogo del reato.
Per definire la reale portata e i limiti delle indagini tecniche difensive in sede di “accesso ai luoghi” occorre esaminare la disciplina delle indagini tecniche compiute d’iniziativa dalla polizia giudiziaria sul luogo del reato e sulle tracce e sulle cose ad esso pertinenti, che è contenuta nell’art. 354  c.p.p..
In base a tale articolo, la polizia giudiziaria deve salvaguardare e “memorizzare” lo stato dei luoghi e procedere alla ricerca,  rilevazione, conservazione  ed acquisizione di tracce e cose pertinenti al reato. In particolare, mentre il 1° comma  dell’art. 354 affida alla polizia giudiziaria la conservazione delle tracce e delle cose pertinenti al reato e l’attuazione delle misure idonee affinché lo stato dei luoghi e delle cose non venga mutato  prima che il pubblico ministero intervenga, il 2° comma dell’art. 354 abilita  gli  ufficiali  di polizia giudiziaria ad effettuare - se vi è pericolo di alterazione, dispersione o modificazione degli elementi di prova e il pubblico ministero non può intervenire tempestivamente ovvero non ha ancora assunto la direzione delle indagini – “i necessari accertamenti e rilievi” sullo stato dei luoghi e delle cose nonché sulle persone, procedendo, se del caso, a repertazioni ed a sequestri (2°e 3°comma). Tali operazioni, nei casi di particolare necessità ed urgenza, possono essere compiute anche dagli agenti di polizia giudiziaria , secondo quanto disposto dall’art. 113 delle norme di attuazione. Il difensore dell’indagato ha facoltà di assistervi, senza diritto di essere preventivamente avvisato (art. 356). L’indagato, se presente, deve però essere avvertito di tale facoltà (art. 114 disp. att. ).
Tra le attività riconducibili agli “accertamenti urgenti” previsti dall’art. c.p.p. assume particolare rilievo il complesso organico  di operazioni costituenti il c.d. sopralluogo tecnico, che si esegue nel luogo ove è stato commesso il reato, sul percorso di fuga o in altri posti comunque interessati dalla dinamica criminosa ed è finalizzato alla salvaguardia del quadro materiale del reato e alla ricostruzione del comportamento dei responsabili, delle vittime o di altri soggetti comunque coinvolti.
L’art. 354 2° comma consente alla polizia giudiziaria di eseguire “accertamenti” oltre che “rilievi” sullo stato dei luoghi e delle cose. La medesima dicotomia “accertamenti-rilievi” si ripete anche nei successivi artt. 359 e 360, che disciplinano le operazioni tecniche di competenza del pubblico ministero.
A questo proposito, la Corte di Cassazione (sezione 1^) nella sentenza 301 del 14.03.90 ha chiarito che anche nel vigore del nuovo codice i rilievi consistono nella constatazione o nella raccolta di dati materiali pertinenti al reato ed alla sua prova, mentre gli accertamenti comportano lo studio e l’elaborazione critica dei dati raccolti, che sono necessariamente soggettivi e per lo più su base tecnico scientifica. La distinzione, secondo la Suprema Corte trova testuale conferma nelle disposizioni di cui agli artt. 354, 359 e 360 che menzionano separatamente i termini “rilievi” e “accertamenti”, attribuendo a ciascuno il significato specifico precedentemente delineato.
Pertanto la polizia giudiziaria (di fatto la polizia scientifica) quando esegue le operazioni di cui all’art. 354 2° comma, può compiere dei veri e propri accertamenti. Questi ultimi però devono essere unicamente finalizzati alla ricerca delle tracce del reato e all’acquisizione di elementi che potrebbero andare dispersi. Inoltre, come sopra evidenziato, tale potere è attribuito alla polizia giudiziaria solo in quanto il pubblico ministero non possa intervenire tempestivamente ovvero non abbia ancora assunto la direzione delle indagini (diversamente, occorrerà procedere nelle forme di cui agli artt. 359 e 360 c.p.p.).
Sono, quindi, consentiti solo quegli accertamenti tecnici richiesti da esigenze investigative immediate, che emergano in sede di sopralluogo di polizia scientifica, mentre deve considerarsi non ricompreso negli “accertamenti urgenti” ogni tipo di esame che alteri il reperto e non abbia i medesimi requisiti di indifferibilità, come sono generalmente le analisi di laboratorio.
Occorre a questo proposito considerare che le operazioni di individuazione e prelievo delle tracce, con l’impiego delle nuove tecnologie, sono generalmente tutt’altro che banali sotto il profilo tecnico-scientifico. Si pensi all’evidenziazione di impronte digitali latenti, con tecniche fisiche e chimiche speditive, al  prelievo di residui dello sparo con tamponi adesivi o di tracce di sangue e di altre sostanze organiche che viene eseguito utilizzando tecniche appropriate per preservarne l’integrità, dopo che siano state rivelate con apposite sorgenti luminose. Operazioni analoghe, con appositi kit di reagenti, vengono eseg ...


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01/04/2005