Franco Cosentino
Storie di confine
In viaggio lungo il Paese tra doppi fondi, carri armati in container e gel “quasi” esplosivi. La cooperazione con i poliziotti stranieri
Pesek, Fernetici, Casa Rossa. Nomi che evocano posti lontani, mondi diversi. Sono alcuni dei valichi lungo i 280 chilometri di frontiera che dividono l’Italia dalla Slovenia. Sino a 15-20 anni fa questo non era solo un confine geografico ma culturale, politico. Era la linea che divideva due universi: l’occidente legato agli Stati Uniti e la Jugoslavia, stato cuscinetto tra Nato e Blocco sovietico. Le pattuglie dei soldati e delle forze di polizia italiane potevano parlare con i graniciari, i soldati di confine jugoslavi, tanto erano vicini durante le loro passeggiate sull’altopiano carsico. Alcuni narrano di quando questi soldati del maresciallo Tito, quasi tutti arruolati in Montenegro e Macedonia, con la scusa di fumare insieme una sigaretta attiravano le giovani reclute italiane in territorio jugoslavo catturandole e trasportandole nel carcere di Capodistria. Un piccolo incidente diplomatico che terminava pochi giorni dopo: il soldato italiano rientrava al reggimento con qualche giorno di rigore da scontare e il militare jugoslavo si conquistava qualche giorno di licenza. Pare fosse l’unico modo.
La Berlino italiana
Oggi i tempi sono cambiati e l’italiana Gorizia, divisa da Nova Gorica dalla linea bianca di calce tirata nel ’47 dagli Alleati, ha abbattuto il suo “Muro” (in realtà una rete metallica posata su un muretto di cemento) e si prepara ad archiviare anche le garitte degli uffici di frontiera. La Slovenia, entrata nella Comunità europea sta lavorando per aderire il più presto possibile al Trattato di Schengen. “La collaborazione con i colleghi della polizia slovena è un fatto ordinario, scontato – racconta Andrea Locati commissario capo responsabile del settore di frontiera per la zona di Gorizia – Tutte le settimane mi incontro con il collega sloveno e pianifichiamo i servizi”. Già oggi poliziotti sloveni e italiani la sigaretta la fumano insieme senza alcun timore. I turni di servizio sono coperti da pattuglie composte da personale italiano e sloveno su entrambi i versanti di confine. Questo rende più rapido soprattutto l’accertamento della provenienza dei clandestini e il loro respingimento verso la Slovenia. “I colleghi – tiene a precisare Locati – non sono armati, la facoltà di