Raffaele Lupoli

Come uccidere i fiumi

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L’estrazione abusiva di sabbia e ghiaia è un vero affare per la criminalità organizzata nel nostro Paese. I danni all’ambiente e i risultati delle forze dell’ordine

Come uccidere i fiumi

L’operatore al terminale non stacca gli occhi dal video. Davanti a lui una serie di punti luminosi compone un tracciato sulla mappa digitalizzata del Po. Siamo nella sala operativa dell’Azienda regionale di navigazione interna (Arni), a Boretto, in provincia di Reggio Emilia. Qui un satellite invia continuamente i dati che consentono di tenere sotto monitoraggio le sponde e l’alveo del Grande Fiume. Il segnale Gps (Global positioning system) disegna il percorso delle imbarcazioni che solcano le sue acque. Un secondo dispositivo, un sonar installato a livello di pescaggio, rileva eventuali movimenti dei bracci di escavazione posti sulle draghe. Grazie a questo sistema, presentato proprio a Boretto lo scorso 16 febbraio, un ampio tratto del fiume più grande e probabilmente più martoriato d’Italia sarà sotto costante osservazione. “Ora siamo in grado di consentire alle forze dell’ordine di prevenire ed eventualmente reprimere il fenomeno delle escavazioni abusive” spiega Ivano Galvani, direttore dell’Arni, il braccio operativo della Regione Emilia-Romagna per la manutenzione, la sorveglianza e il soccorso nelle acque interne. “Incrociando fra loro questi dati si potrà verificare se l’attività è lecita o abusiva – aggiunge Galvani – I dati vengono anche registrati su una sorta di scatola nera sistemata sulle draghe e non si possono manomettere, pena l’avvio di un segnale di allarme”.

La mafia della sabbia
Il controllo attraverso il Gps è solo l’ultima frontiera della lotta all’estrazione abusiva di sabbia e ghiaia. Un fenomeno che il presidente della Provincia di Mantova, Maurizio Fontanili, non ha esitato a definire “mafia della sabbia” e che non risparmia nessuna delle regioni rivierasche, nonostante dal ’92 una di

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01/03/2005