Fabrizio Carbone
Viviamo in serra
Dal protocollo di Kyoto all’ultima conferenza a Buenos Aires, tutto ciò che è stato detto e (non) fatto per tamponare i danni del surriscaldamento climatico
Dicembre 2004: Circolo polare artico, Parco Nazionale di Oulanka, Finlandia del nord. Per tutto il mese la stazione meteorologica registra temperature superiori alla media stagionale di oltre 20 gradi. Un clima estremamente mite per il periodo con oscillazioni quotidiane tra i 2-3 gradi e i 10-15 gradi sottozero. Si arriva, prima di Natale, addirittura a una giornata di pioggia quando la temperatura media degli ultimi 30 anni si fermava intorno ai 25-28 sottozero. Il clima mite prosegue anche in gennaio: il giorno 11 vengono segnati zero gradi all’alba quando il termometro sarebbe potuto tranquillamente scendere a -30. “Il fenomeno è preoccupante ma non nuovissimo. Negli ultimi cinque, sei anni il clima è drasticamente cambiato qui nell’estremo nord d’Europa. L’effetto serra si fa sentire molto più a queste latitudini che nel Mediterraneo”, dichiara il direttore della stazione biologica dell’Università di Helsinki, che tiene sotto controllo da 50 anni le condizioni climatiche della zona.Il clima è cambiato, sta cambiando, cambierà ancora di più. Ormai il coro è unanime e, dietro agli allarmismi e alle preoccupazioni, esiste un protocollo firmato da 130 Paesi, il protocollo di Kyoto, che vuole essere la risposta dei governi più responsabili alle catastrofiche previsioni per il futuro. Un trattato complesso e difficile, 28 articoli ricchi di commi e note a margine, stilato in Giappone l’11 dicembre del 1997. Il primo vero importante tentativo di fermare il degrado climatico provocato dal riscaldamento e dai cambiamenti climatici. Dall’effetto serra, appunto. Parola oggi di uso così frequente e forse abusata da farci dimenticare il vero significato.
Cerchiamo allora di capire che cos’è questo protocollo, cosa è successo dal 1997 a oggi. E perché ...
01/02/2005