Cristiano Morabito

Parole e pensieri

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Mogol, l’autore per eccellenza della canzone italiana, racconta i suoi esordi e i successi con Lucio Battisti. La sua scuola di musica ospita anche i giovani di Sanremo

Parole e pensieri

Ha scritto alcune tra le più belle canzoni italiane degli ultimi quarant’anni, di quelle che si canticchiano sotto la doccia o davanti a un falò sulla spiaggia, accompagnati da una chitarra. Dalla sua università della musica immersa tra le colline umbre, Mogol, al secolo Giulio Rapetti, ci ha raccontato la sua storia.

Quali sono stati gli inizi della sua carriera di autore?
Mio padre – erano gli inizi degli anni Sessanta – dirigeva il settore musica leggera della Ricordi e io, dopo essermi diplomato in ragioneria, cominciai a lavorare con lui occupandomi dell’ufficio stampa.

Suo padre l’ha aiutata?
Macché, lui non dava molto peso alle mie composizioni, ma un giorno, con un piccolo stratagemma, feci capitare sul suo tavolo un mio testo firmato con un altro nome, insieme ad altri che doveva esaminare per la casa discografica. Cosa successe? Quel testo fu tra i pochi prescelti…
Poi iniziai a fare delle versioni di testi stranieri, non delle vere e proprie traduzioni, ma degli adattamenti in italiano (tra questi ricordiamo due successi dei Dik Dik: Sognando la California, dall’originale dei Mamas and Papas, e Senza luce, versione italiana di A whiter shade of pale dei Procul Harum; ndr). All’epoca guadagnavo 5.000 lire a versione. Un giorno venni contattato da Bob Dylan e con lui iniziai una lunga collaborazione, ma la condizione era quella di attenersi strettamente ai suoi testi che, per me, a un certo punto divennero quasi incomprensibi ...


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01/02/2005