Nicolò D’Amico*

Commissari sul set

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La figura del funzionario di polizia nel cinema italiano. Oltre duecento titoli per una professione da prima fila

Commissari sul set

C’è il duro, l’intelligente, il paternalista, il burocrate. Quello che comprende le ragioni del prossimo e quello che non vede altro che il codice penale. Il fascista e quello di sinistra, il servitore dello Stato e quello che delle leggi se ne frega; quello che indaga con fare antico, intuito e rigore, quello disonesto. Il giovane e il vecchio, il timoroso e lo spregiudicato.
Nella cinematografia italiana ci sono tanti commissari di polizia, ciascuno a suo modo portatore di un carattere umano singolare come è inevitabile in una prospettiva di racconto che inizia nell’immediato dopoguerra con Roma città aperta (1945) di Rossellini e arriva ai tempi nostri con l’iper tecnologico Almost blue (2000) di Alex Infascelli, tratto dal successo letterario di Carlo Lucarelli. In mezzo cinquant’anni di cinema italiano e di storia del nostro Paese la cui lettura passa necessariamente anche attraverso la pellicola cinematografica.

Il funzionario di pubblica sicurezza in questo viaggio occupa una poltrona di prima fila, una vera e propria inflazione di interpretazioni (circa duecento quelli censiti, ma probabilmente sono molti di più) di una professione che si pone come prospettiva privilegiata per comprendere il mondo che le ruota intorno. ...


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01/01/2005