Fabrizio Carbone

Il senso della neve

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Bella e necessaria, viene spesso associata a disagi e maltempo. Ma il vero problema è la sua progressiva diminuzione causata dal surriscaldamento dell’atmosfera

Il senso della neve

Giovedì 4 novembre 2004. Giornata di bagni al mare nel sud d’Italia. A Roma le temperature massime superano ancora i 2O gradi. C’è sbigottimento per un caldo davvero eccessivo. Un autunno che sarà ricordato come il più caldo di sempre, stando alle rilevazione del Goddard institute for space studies (il Giss della Nasa) che ha sede in un palazzo di Broadway, a New York. Il caldo eccessivo e fuori stagione è il risultato di un effetto serra che continua, rinvigorito dal costante aumento di anidride carbonica che il mondo sviluppato immette in atmosfera, nonostante trattati e convenzioni, ancora da firmare e ratificare, tentino di bloccare in qualche modo le brutte abitudini.
Eppure appena 40 anni fa nei primi giorni di novembre arrivavano puntuali le gelate. I boschi dell’alto Lazio si riempivano di beccacce, dal lungo becco e dal piumaggio di un mimetismo assoluto. Scendevano fino al Mediterraneo in migrazione dalla Siberia, dall’est Europa, e nel centro Italia si rifugiavano in massa nelle colline tra Oriolo Romano, Manziana e Blera.
“Ai morti, la neve negli orti” recitava un antico adagio che confermava appunto le gelate dei primi di novembre. La neve, allora, cadeva a sugellare l’inizio del cosiddetto tardo autunno. Oggi, è diventata invece un fenomeno meteorologico stravolto e sbandierato per avvalorare sensazionalismi che sono tipici di una informazione sempre strillata e mai seria. Si parla allora di neve per lanciare segnali di allarme da inverno “siberiano”, da freddo “polare”. Dando prova di mancanza di serietà parlando di eventi che devono i ...


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01/12/2004