Stefano Clerici
Io gioco, tu giochi, egli incassa
L’azzardo legale in crescita fra gli italiani. Venti miliardi commessi solo nel 2003. Ma altrettanti finiti nel giro clandestino
A qualcuno potrà sembrare strano, ma gli ultimi studi in materia dicono che nella stragrande maggioranza dei casi il giocatore abituale è un giocatore perfettamente consapevole del destino che l’attende. Sa, cioè, nell’istante stesso in cui comincia la sua “avventura”, che quando andrà a fare i conti, alla fine del mese o dell’anno, li troverà in rosso. Anzi, spesso in profondo rosso. Ma allora – si chiede giustamente chiunque non sia un amante del gioco – perché costui continua a tirar fuori soldi sapendo di buttarli? Perché è una persona “malata”, rispondono parecchi psichiatri. No, dicono altri esperti, bisogna distinguere tra “malati” di gioco e “affezionati” del gioco. Lo scommettitore può essere semplicemente un uomo all’inseguimento d’un sogno che lo appaghi anche solo per brevissimo tempo. Vale a dire: c’è chi gioca perché non può, addirittura fisicamente, farne a meno ma c’è anche chi, invece, gioca per puro amore del rischio o per la voglia matta di mettersi una volta nella vita al volante di una Ferrari tutta sua (pur sapendo che la settimana successiva potrebbe essere costretto a rivenderla per pagare i debiti). O c’è chi decide di sfidare il destino investendo una certa cifra (rapportata però razionalmente alle proprie possibilità) nella speranza di sistemare per la vita se stesso e gli altri. Dove gli altri sono soprattutto coniuge, figli e nipoti. Ci sono due differenze fondamentali tra i “malati” e gli “affezionati”. La prima sta nel rapporto somme giocate – entrate a disposizione; la seconda, invece, è rappresentata dalla co ... 01/11/2004