Pino Bianco

Guardie, ladri e rombi di motore

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Dalla Jeep alla Marea, passando per la mitica Ferrari. Viaggio in sessant’anni di storia italiana sulle auto della polizia

Guardie, ladri e rombi di motore

Un operaio guadagna circa 40 mila lire, un poliziotto più o meno lo stesso. Il quotidiano costa 25 lire, come il biglietto per il tram, un giradischi di buona marca 40 mila, la benzina 138 lire al litro. È il 1953 e l’Italia sta ancora affrontando il dopoguerra, di boom non c’è ancora traccia. Per tutta la primavera ci sono manifestazioni anche violente e scontri di piazza che la celere affronta con le Jeep Willis, lasciate a migliaia dall’esercito americano. Ma la stessa auto, compresi spifferi e infiltrazioni d’acqua dal telone removibile, serve anche per i pattuglioni e il pronto intervento. E per fortuna le vecchie autoblindo Chevrolet Staghound (segugio) in servizi di ordine pubblico non vengono praticamente mai usate. È l’anno nel quale, per la prima volta la polizia italiana affronta e risolve il problema di dotarsi di un’auto costruita apposta per i servizi ai quali è destinata. Un compito che l’Alfa 1900, di lei si tratta, assolverà alla perfezione per anni e anni. Fino al ’53 la polizia si era arrangiata con le auto di normale uso, dalla Balilla alla Fiat 1100. E gli investigatori, come il commissario Francesco Ingravallo detto Ciccio del “Pasticciaccio brutto di via Merulana”, usavano quasi sempre il tram per i loro spostamenti.
L’Alfa 1900 era la macchina dei nuovi e vecchi ricchi, sognata dai giovani come oggi si sogna una Porsche Carrera. Era potente, era “bella”. La volle l’allora capo della Polizia Tommaso Pavone, perchè in quegli anni anche i rapinatori si spostavano in auto, sempre più grandi e veloci, ed era improponibile inseguirli con un fuoristrada. È la prima auto che gode di una sia pur precaria blindatura, è costruita intorno alle necessità deg ...


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01/05/2004