Rosanna Ferranti*

Automobilisti più attenti

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Diminuiscono gli incidenti stradali, le vittime e alcune violazioni al codice. Risultati che fanno sperare il raggiungimento degli obiettivi dell’Unione europea per il 2010

Automobilisti più attenti

La domanda se la sicurezza stradale è diventata una parola-chiave del nostro agire sociale non ha ancora risposta. Segnali che sta cambiando qualcosa cominciano però a essere più evidenti rispetto al 1997, quando l’Unione europea lanciava l’allarme per le troppe vittime sulle strade e impegnava i Paesi membri a una riduzione dei morti e dei feriti di almeno il 40 per cento (nel frattempo, nel 2000 l’obiettivo è stato tarato verso l’alto: il 50 per cento in meno entro il 2010).
Un primo segnale, di più immediata evidenza forse per gli addetti ai lavori, è il susseguirsi negli ultimi anni di iniziative legislative del Governo e del Parlamento per porre mano, in più riprese, a modifiche del codice della strada (il decreto legislativo 285 del 30 aprile 1992, n.285). Ricorderemo tutti le estati del 2002 e del 2003 segnate da dibattiti sui fari, limiti di velocità, alcol, patentino per ciclomotori (meglio, certificato di idoneità alla guida per ciclomotori), patente a punti, uso delle cinture di sicurezza (l’obbligo di impiego per tutti i trasportati era in vigore dagli anni ‘90, ma chi se ne ricordava più?), inasprimento significativo di numerose sanzioni pecuniarie, nuovi delitti in materia di gare clandestine, nuovi poteri di polizia nel controllo del traffico da lontano.

Sintesi di questo nuovo modo di porsi di fronte al problema della sicurezza sulle strade è probabilmente la rinnovata formulazione dell’articolo 1 del codice della strada: “La sicurezza delle persone, nella circolazione stradale, rientra tra le finalità primarie di ordine sociale ed economico perseguite dallo Stato”.
Ha il sapore paradigmatico di una norma costituzionale, cioè di un ob

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01/04/2004