Maria Grazia Giommi

Una rivoluzione di nome Fiorello

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Dopo il successo radiofonico, torna in televisione l’esplosivo showman siciliano. In una chiacchierata con Poliziamoderna la carriera, la famiglia e il suo rapporto con le forze dell’ordine

Una rivoluzione di nome Fiorello

Orari difficili, d’inferno: alle sette del mattino con replica alle 22,40. Così, per tutto marzo, Fiorello (all’anagrafe Rosario di nome, Fiorello di cognome) e l’inseparabile Marco Baldini hanno fatto divertire chi si alza presto la mattina e non guarda la tv la sera. Un mese di Radio due Rai, per lanciare in tv la nuova serie di Stasera pago io, che l’anno scorso ebbe grande successo. Lo abbiamo incontrato tra i due impegni, per scoprire anche il rapporto (bello, suo padre era finanziere…) con le forze dell’ordine.
Fiorello è tornato ai microfoni radio con Viva Radio 2 Revolution. Perché le piace così tanto?
L’amore me l’ha trasmesso mio padre, radiotelegrafista nella Guardia di finanza. Quando ero piccolo andavo da lui in sala radio – anche se non si poteva – ed ero affascinato dall’aspetto tecnico ma anche dal modo particolare e caratteristico che hanno i militari e le forze dell’ordine di fare le comunicazioni radio.
Ragioni affettive a parte, qual è il valore aggiunto della radio rispetto agli altri mezzi di comunicazione?
Ha fascino e atmosfere irriproducibili altrove. Più volte mi hanno proposto di rifare in televisione dei programmi radiofonici di successo, ma ho sempre rifiutato proprio per questo motivo. Quando sei lì che ascolti un personaggio in radio e non lo puoi vedere allora sei costretto a immaginartelo. Ciascuno di noi in un modo diverso. Ecco, la radio ha il potere di stimolare la fantasia. Se poi hai la possibilità di vedere quel personaggio radiofonico attraverso le telecamere può accadere che perda il suo fascino.
Adesso torna in tv con Stasera pago io un programma collaudato di sicuro successo. Che novità ci dobbiamo aspettare?
Il fatto che sia un programma già collaudato e di successo è un’arma a doppio taglio. Non garantisce il successo tout court per il terzo anno di fila. Il pubblico può stancarsi o cambiare gusto, come cambiano i tempi. Per esempio oggi è di moda il reality show, mentre il mio è il classico varietà. E quindi c’è sempre un po’ di incertezza, non tanto per gli indici d’ascolto ma per il reale gradimento del pubblico.
Già gli indici d’ascolto. Ma quanto incidono sulle scelte?
Incidono in maniera determinante. Le scelte sui contenuti dei programmi vengono addirittura decise di puntata in puntata in base ai risultati di ascolto analizzati su tutta la durata della trasmissione. Se c’è stato qualcosa che ha fatto salire l’audience, la volta successiva viene riproposto, magari a scapito di qualcos’altro. Quindi si perde anche il gusto di inventare qualcosa di nuovo. È un po’ come nel cinema: quando una pellicola ottiene un enorme successo, poi viene girato il seguito. Per questo ironicamente ho chiamato il mio programma Stasera pago io… Revolution, come il seguito del film Matrix. E poi perché abbiamo rivoluzionato in parte il programma, che andrà in onda dal teatro delle Vittorie e anche un po’ in esterna: canterò in strada, arriverò in motorino…
Ma con il casco….
Certamente. Io lo uso sempre. Sono un motociclista e so quanto è importante. È bene che i ragazzi cambino punto di vista: non è che se metto il casco faccio un favore a qualcuno, oppure lo indosso solo per non farmi fare la multa. Lo metto per salvarmi la vita. Mi dispiace quando vado al sud e vedo che ci sono ancora molti ragazzi che girano senza.
La sua carriera è in continua evoluzione: prima il Karaoke, poi la musica vissuta in prima persona, infine la conduzione di programmi di tutt’altro genere. Qual è il momento che ricorda con più emozione?
Ricordo con tenerezza la registrazione della prima puntata del Karaoke. Era in piazza ad Alba (Cuneo). Io sul palco e solo quattro persone a guardare. Il programma sarebbe andato in onda due settimane dopo. Nessuno mi conosceva e nessuno voleva venire, tanto meno a cantare. Anzi mi prendevano in giro. Poi, dopo un mese, ci fu il successo. Il primo grande successo.
Con il suo modo brillante d’intrattenere il pubblico ha ironizzato più volte su alcuni lati delle forze dell’ordine. Ha spesso preso in giro gli agenti in modo irriverente ma bonario…
Una delle cose che mi diverte di più è la tipica scena in autostrada quando si vede la macchina della polizia che va a 130 km/h, davanti a loro nessuno, dietro decine di macchine in fila che vanno a 120. E nessuno che vuole superarli. E loro secondo me lo sanno. Poi se la macchina della Stradale rallenta ancora un po’, qualcuno prova a superarli, ma sempre con l’occhio puntato sul contachilometri, teso e attentissimo a non superare il limite di velocità, con cinture allacciate e viva voce. A proposito: per fortuna che adesso il viva voce è obbligatorio, perché parlare al telefonino in auto senza auricolare è veramente pericoloso. Ti distrai e soprattutto non tieni due mani sul volante. Mi è capitato più volte di vedere persone che parlavano al telefono in auto perdere pian piano la direzione di marcia senza accorgersene.
Quanto conta per un personaggio pubblico o un’istituzione il saper ridere di se stessi e il mostrarsi alla gente anche attraverso le proprie imperfezioni e debolezze?
È importante. Chi fa dell’ironia può prendere in giro chiunque purché non lo faccia con cattiveria. Io ho preso in giro tutti ma non si è mai offeso nessuno. Quando poi si mette in mezzo la politica allora la cosa cambia, ci si schiera apertamente, non è più ironia. Come diceva Totò, il comico dev’essere di tutti.
Le fiction di polizia continuano ad avere un successo incredibile in termini di ascolti. Quale crede che sia l’elemento di questi serial che piace di più al pubblico?
Intanto penso che al pubblico piaccia l’idea di vedere che i poliziotti sono persone normali, con i problemi di tutti. Il vicino di casa. Piace l’aspetto umano e questa versione più italiana. Nei serial americani il poliziotto è una persona troppo diversa dalle altre.
Che immagine aveva Fiorello-bambino delle forze dell’ordine?
Io sono figlio di un finanziere e quindi sono abituato alle divise. Quando ero piccolo giocavo in caserma. Mi sento a casa, è normale.
Com’è Fiorello lontano dai riflettori?
Amo condurre una vita tranquilla: stare in famiglia e ritrovarsi a casa di amici. In passato mi sono divertito abbastanza e in questo momento ho poca voglia di mondanità.   
01/04/2004