Cataldo Motta*
Nuova mafia, vecchi riti
La Sacra Corona Unita: nata negli anni ’70 per contrastare i tentativi di infiltrazione delle altre organizzazioni criminali. Come si è arrivati ai recenti arresti
Il fenomeno mafioso pugliese, tornato alla ribalta in queste settimane con numerosi arresti, non corrisponde pienamente all’accezione tradizionale del termine mafia, né al suo profilo sociologico. Il meccanismo attraverso il quale si generò, fu prodotto da alcune specifiche circostanze esterne alla regione. Innanzi tutto le organizzazioni camorriste campane ebbero necessità, verso la fine degli anni ‘70, quando era stato bloccato il contrabbando di sigarette sulle coste del Tirreno, di trovare sbocchi sulle coste adriatiche. In secondo luogo vi fu l’attenzione della ‘Ndrangheta a un territorio nel quale già erano stati commessi alcuni sequestri di persona da parte di cosche calabresi. Da ultimo, il soggiorno obbligato di alcuni mafiosi siciliani in Puglia, a partire dal 1978, richiamò l’attenzione di Cosa nostra al territorio pugliese, ritenuto strategico per i traffici di stupefacenti.
Le prime avvisaglie di cambiamento degli assetti criminali si ebbero nel gennaio del 1979: a Lucera, in provincia di Foggia, Raffaele Cutolo e un gruppo di camorristi napoletani si incontrarono con alcuni delinquenti pugliesi per sviluppare il progetto della Nuova Camorra Organizzata di controllare le coste adriatiche e di espandersi in Puglia. Nasceva così la Nuova Camorra Pugliese, filiazione della Nuova Camorra Organizzata, che avviò una diffusa opera di proselitismo all’interno delle carceri e di sottomissione di detenuti pugliesi a quelli napoletani appartenenti alla stessa organizzazione.
Fu un segnale di allarme per i criminali locali che compresero il rischio di perdere il controllo delle attività delinquenziali. E nel 1983, il 1° maggio, nel carcere di Bari, per iniziativa di Giuseppe Rogoli fu costituita la Sacra Corona Unita. Essa mutuava sia la struttura che i ri