Raffaele Lupoli

Non solo turisti

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Si fa strada l’ecovacanza, un modo per partecipare alla conservazione dei luoghi visitati e al sostegno delle popolazioni locali

Non solo turisti

Gli abitanti dell’isola indonesiana di Bali non possono sedersi sulla spiaggia dei grandi alberghi, né possono pescare, organizzare giochi o cerimonie religiose. Secondo gli albergatori disturbano i turisti. Qui, una rete fognaria inadeguata ha danneggiato in maniera irreversibile l’ecosistema della barriera corallina. Campi da golf e piscine, invece, consumano quantità d’acqua tali (500 litri al giorno per ogni stanza di albergo) da mettere in crisi l’agricoltura locale.
Spiagge sommerse da bagnanti, coste cementificate, specie animali a rischio, popoli invasi ed economie saccheggiate. E non solo a Bali. È l’altra faccia delle nostre vacanze, o meglio delle vacanze di chi, in cerca di una meta dove godersi il meritato riposo, non considera le conseguenze delle sue scelte. La principale attività economica del globo, il turismo, che sposta oltre 5 miliardi di persone ogni anno, di cui quasi 700 milioni verso uno Stato estero, è attenta ai profitti nel breve periodo e non si cura degli impatti ambientali di lungo termine.

No ecotur?
Per fortuna una fetta ancora piccola ma in costante crescita di questo mercato è orientata da ben altri criteri. Da alcuni anni, soprattutto in seguito alla crisi che a partire dall’11 settembre 2001 investe il settore del turismo tradizionale, si fa strada un modo diverso di pensare alle vacanze. Il nuovo slogan, che ha sostituito quello di un famoso tour operator, è “No ecotur? Ahi ahi ahi!”. Nel 2003 g

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01/06/2004