Annalisa Bucchieri
L’Italia dei “campioni”
Le ricerche demoscopiche sono in espansione. Agli italiani si chiedono opinioni su tutto: dai servizi ai prodotti. I rischi dell'eccesso. Il barometro della fiducia nelle istituzioni
Nati negli anni Trenta in Usa, nel Paese che per primo ha sviluppato il libero mercato, la competitività e la democrazia di massa, i sondaggi hanno attecchito da noi solo negli anni Cinquanta, passata la dittatura e la guerra. Ma solo dal ’92 in poi hanno fatto ingresso prepotentemente sulla scena politica italiana, perché allora, dopo Tangentopoli, il quadro politico si è semplificato con l’avvento del bipolarismo e del sistema maggioritario.
“Nel sistema proporzionale, quello con il quale si è votato per 45 anni nel nostro Paese, il senso di appartenenza a un partito prevaleva, quindi serviva a poco fare gli exit poll – sostiene Sandro Rinauro, docente di geografia umana all’università di Milano – La popolazione italiana non era soggetta agli effetti di trascinamento frequenti tra gli elettori degli Stati Uniti, disposti a riconsiderare il proprio voto a ogni consultazione scegliendo l’uomo più che il partito. In sostanza prima era più facile sapere cosa pensasse la gente. Oggi invece la massa non ha più sistemi di riferimento fermi e si affida all’attualità, alla situazione contingente piuttosto che a ideali atemporali. Aumentando la volubilità è aumentato il ricorso ai sondaggi, sfornati come rosette quasi quotidianamente”.
Secondo Laura Schiaffino dell’Assirm, Associazione tra istituti di ricerche di mercato sondaggi di opinione e ricerche sociale, a un uso maggiore dello strumento demoscopico in Italia ha contribuito l’espansione del libero mercato: “Lo conferma il fatto che prevalgono le committenze delle aziende e delle università, e ult ...
01/06/2004