Giulia Bertagnolio
Dall’altra parte della strada
Una specialità, un mix di competenze sia tecniche che psicologiche, una filosofia di vita. La polizia stradale si svela nei suoi risvolti più intimi, emotivi
Previene le violazioni al codice della strada, scorta le personalità, regola il traffico. Trasporta gli organi per i trapianti affinché arrivino il prima possibile e senza danni a destinazione, realizza seminari sulla guida sicura. Rileva gli incidenti, soccorre i feriti, spesso si fa carico del triste compito di avvisare i familiari delle vittime. Multare chi infrange le regole al volante è solo un aspetto, forse il più marginale, del complesso mestiere di chi opera nella Stradale. Eppure allo stesso tempo, paradossalmente, lo stereotipo con cui gli agenti impegnati in questa specialità vengono spesso ricordati. “Le persone ci apprezzano, ma non conoscono a fondo tutti gli ambiti in cui interveniamo – sottolinea Stefano Bastreghi, dirigente del Compartimento polizia stradale di Roma – Non sanno cosa significa sentirsi addosso la responsabilità di una scorta al Papa, o cosa si prova a trasportare in elicottero una scatola con dentro un cuore che può salvare una vita. Non hanno idea di quanto sia difficile arrivare sul luogo in cui è appena accaduto un incidente e trovarsi di fronte scenari sconvolgenti, familiari disperati, morti e feriti da aiutare. E allo stesso tempo mantenere il sangue freddo per portare avanti lucidamente tutte le rilevazioni del caso, per gestire tecnicamente la situazione cercando di non mancare di sensibilità verso chi in quella tragedia magari ha appena perso un figlio. Questo è il nostro lavoro”. Un lavoro che va ben oltre la compilazione di un verbale, un lavoro che gratifica ma che mette alla prova di continuo. Perché, come precisa Bastreghi, “per noi non c’è mai un giorno uguale a un altro”.Sono quasi quattromilaottocento le pattuglie impiegate in Italia nella vigilanza stradale. I dati che emergono dall’ultimo consuntivo dell’attività sono lo specchio del loro impegno quotidiano: gli incidenti sono in netta diminuzione. Un risultato legato alle diverse campagne di sensibilizzazione alla guida sicura, all’introduzione della patente a punti, all’impostazione sempre più strategica e duttile dei cosiddetti “piani compartimentali” che stabiliscono a livello regionale gli spostamenti delle pattuglie durante i grandi esodi, ma anche alle nuove tecnologie impiegate sulla strada: quelle del ProVida (una telecamera compatta installata a bordo dell’auto, oggi supportata anche dall’auto-detector; un lettore di targhe che permette un simultaneo riscontro con la lista nera di auto catalogate nella banca dati della polizia), del telelaser (apparecchietto che, puntato dall’operatore sui veicoli sospetti, permette di accertarne la velocità fino a 800 metri di distanza), dell’autovelox (sfrutta due fasci di luce che fotografano la rapidità istantanea massima delle auto), dell’etilometro che misura il tasso alcolemico del guidatore o dell’innovativo saliva-test usato per verificare l’assunzione di stupefacenti.
I risultati positivi delle ultime rilevazioni in tema di sinistri sono dovuti però sopratutto all’elemento portante della Stradale: il fattore umano. Qualcosa che diventa cruciale nel momento in cui bisogna operare sulle grandi vie di scorrimento che nei grandi esodi diventano formicai, sui chilometri d’asfalto che attraversano l’Italia in cui ogni giorno accade di tutto. Quando bisogna correre dove c’è stato uno scontro ed è urgente placare gli animi, intuire la dinamica dei fatti al di là delle parole spesso distorte dei coinvolti, avere lo stomaco per attivarsi all’istante anche di fronte a scenari agghiaccianti. In un mix di competenze che spazia dalla medicina alla psicologia, fino alle tecniche proprie della specialità.
Sarebbe però riduttivo circoscrivere le difficoltà del mestiere agli interventi a seguito di gravi incidenti. La complessità è legata anche a operazioni apparentemente più banali e ordinarie, e si snoda in tutta la struttura gerarchica nella quale è organizzata la Stradale: dai compartimenti regionali alle sezioni provinciali, dai distaccamenti a livello locale ai posti di polizia organizzati su base stagionale, fino ad arrivare alle pattuglie composte da due agenti ovvero la più piccola unità del settore.“È una specialità in cui devi saper fare tutto. Il lato organizzativo è fondamentale, ma ovviamente è soprattutto chi interviene fisicamente a dover avere una competenza a trecentosessanta gradi – dice Lorenzo Borselli, sovrintendente della stradale di Firenze – La strada è un ecosistema ibrido: né città né campagna, una spianata di asfalto nella quale succedono cose d’ogni genere. Ecco perché qui un ragazzo di trent’anni ha la stessa competenza di chi lavora da più anni in altri ambiti. E non credo di sbagliare nel dire che molti di quelli che arrivano a essere poliziotti di alto livello, sono passati dalla Stradale”. Un’affermazione confermata dalle parole di Assunta Felicetti, giovane assistente dall’aria dolce e rassicurante ma, come dice bonariamente il suo capo Bastreghi, il carattere da sergente di ferro. “Abbiamo la patente sia dell’auto che della moto. Dobbiamo saper fare scorte a carichi e cariche eccezionali, controllo del territorio, occuparci di chi guida in stato d’ebbrezza e affrontare a livello sia fisico che verbale chi è sotto effetto di stupefacenti. È davvero dura”. Anche Alessandro Andreotti, assistente, è d’accordo: costa fatica. “Quando fermi gente completamente ubriaca ti senti dire frasi assurde, discorsi sconnessi, provocazioni. Ti danno spintoni. Bisogna mantenere la calma sempre”.
Poi racconta: “Tempo fa abbiamo inseguito un uomo al volante di un’auto rubata. Un folle, ma anche un gran guidatore che è riuscito a farsi addirittura ventotto chilometri contromano in autostrada. Ci ha fatto tribolare, ha commesso tutte le infrazioni possibili ma alla fine abbiamo vinto noi. Lo abbiamo preso. Ed è stata una grande soddisfazione”. Ma a gratificare non sono solo gli inseguimenti da film americano. “Mi sono sentito importante quando ho dato una mano a un padre di famiglia che aveva bucato la gomma dell’auto mentre portava in macchina i due genitori anziani – continua Andreotti – Faceva caldissimo, il papà del signore non si sentiva bene e lui era nel pallone. Con calma abbiamo cambiato la ruota. E quando li ho visti ripartire sereni, grati, ho capito che il nostro mestiere fa sentire realizzati anche per cose come queste”.
01/06/2004