Maurizio Costanzo

Sognando le Olimpiadi

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Sognando le Olimpiadi

Fra non molto, l’Olimpiade. Solo nel dirlo, almeno quand’ero ragazzo e giovanotto, pregustavo gran belle serate con amici, a seguire le gare in tv. Le prime Olimpiadi viste in bianco e nero, in uno di quegli enormi apparecchi che segnarono l’inizio della socializzazione mediatica, rappresentano un ricordo incancellabile.
Forse perché il rapporto con la tv era ancora incerto e timoroso (timoroso che saltasse la linea all’improvviso e che quanto eri andato raccontando come previsione di piacere svanisse di colpo) ma è certo che se l’entusiasmo non era quello dei Mondiali di calcio o della nazionale italiana in campo eravamo lì.
Ricordo quando, nel 1960, le Olimpiadi approdarono a Roma e quindi la costruzione del Villaggio olimpico, della Via Olimpica e, se la memoria non m’inganna, dello Stadio olimpico. Sono passati 44 anni.
 Non si può passare la vita a celebrarsi eppure quel villaggio, quella strada, ricordano successi, emozioni, medaglie e partecipazione.
Perché questo hanno le Olimpiadi, in qualche misura più del calcio e dell’automobilismo: aggregano persone diverse, anche chi non ha con lo sport un rapporto intenso.
Chi scrive segue con passione i Mondiali di calcio (anche gli Europei) e seguiva il ciclismo fino a quando il doping è diventato uno scippatore di sogni e di traguardi. Ma seguo anche l’atletica alle Olimpiadi.
L’atletica è motivo di grande stupore: ci sono giovanotti e ragazze in grado di farti pensare alla possibilità dell’uomo di andare “oltre”, di essere più di quello che è. Insieme ai protagonisti dell’atletica mi entusiasmano quelli del nuoto.
Non lo dico perché nel nuoto negli ultimi anni le cose ci sono andate bene, ma proprio perché il successo della squadra italiana deriva direttamente dalla costruzione di piscine, anche accessibili economicamente, e di genitori che hanno spinto i figli a fare sport.
Le Olimpiadi, perciò, come occasione di aggregazione, come modo per staccare la spina. Sappiamo tutti quanto di questo si abbia bisogno dal momento che inanelliamo settimane e mesi dove sembra esser l’ansia l’unica protagonista.
Le Olimpiadi sono state anche teatro di ignobili atti terroristici, ma sono convinto che intorno alla fiaccola, con l’intento di proteggere, si andranno a collocare tutte le persone di buona volontà che chiedono allo sport l’occasione per sognare ed emozionarsi.
01/07/2004