Stefano Clerici

Il pesce fresco? È un atto di fede

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Cresce l’interesse per questo importante alimento. Ma aumentano anche i rischi sulla genuinità dei prodotti. Ecco come destreggiarsi tra ristoranti e paranze

Il pesce fresco? È un atto di fede

C’è ancora – e se c’è dove si trova – il pesce veramente fresco? Ovvero: io, comune cittadino, facendo la spesa o andando a cena fuori, come posso evitare la “fregatura” che in ogni mercato o ristorante è spesso in agguato? Quando mi vengono offerte un’orata o una spigola, un rombo o una cernia a cifre quanto meno pesanti, come posso avere la certezza che si tratta davvero d’un pesce appena tirato su dal mare? Come e dove potrò presentarmi ai miei ospiti, a casa o altrove, dicendo con voce sicura: amici miei, qui c’è il meglio del meglio delle nostre coste, or ora tolto dalle reti? Per non parlare, poi, di quei gamberi, di quelle mazzancolle e di quegli scampi che ti portano sul piatto o su un vassoio dicendoti sempre che “sono ancora vivi”. Cosa di per sé possibile, ma purtroppo non sempre vera.
Qui il discorso si divide in due: da una parte ci siamo noi, i dilettanti, cioè coloro che occasionalmente si occupano di pesce, magari per qualche speciale ricorrenza, o che almeno una volta a settimana vanno in pescheria perché non vogliono rinunciare a quel tipo di cibo, consigliato dai medici e dalla saggezza popolare; dall’altra, invece, ci sono loro, i professionisti, quelli che ogni giorno devono avere a che fare col “fresco di mare”.
Per chi fa di professione il ristoratore è soprattutto una questione di “paranza”. Dove – secondo il vocabolario – paranza sta per piccola imbarcazione dedita alla pesca (o, indirettamente, ...


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01/08/2004