Lavinia Mari
Vetro a non finire
Se ne consumano più di due milioni di tonnellate l’anno. Il 53 per cento viene riciclato
Immaginiamo un mondo senza il vetro: niente lampadine, specchi, parabrezza, orologi, bicchieri, televisori, computer (perché non sarebbe possibile lo schermo), niente telescopi, microscopi, occhiali. I negozi sarebbero privi di vetrine, non ci sarebbero più finestre. Non sarebbe possibile fare fotografie o riprese cinematografiche. Il vetro è dovunque, invisibile. Nonostante abbia più di quattromila anni è ancora giovane, trasparente, malleabile. Con la sua versatilità ha rivoluzionato la vita quotidiana, le arti e le scienze degli ultimi duemila anni, eppure la maggior parte di noi non pensa quasi mai al vetro (come osservano Alan Macfarlane e Gerry Martin, che al vetro hanno dedicato un interessante volume Una storia invisibile. Come il vetro ha cambiato il mondo edito da Laterza). La sua natura indefinibile (ha una struttura molecolare complessa e instabile), la brillantezza che ricorda i gioielli, la capacità di assumere qualsiasi forma e colore, rendono il vetro un materiale utile ancora oggi nonostante la presenza della rivale plastica, forse più pratica, ma sicuramente meno salutare e bella. In più il vetro è totalmente riutilizzabile (se si scioglie una bottiglia in un forno si può ottenere un’altra bottiglia) e riciclabile all’infinito. In Italia la produzione industriale del vetro (bottigliame, flaconeria, vasi) è in via di crescita ma lo stesso non può dirsi per la ra
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