Giorgio Silvi
Piacere di vino
Malgrado l’inflazione, il turismo enogastronomico non conosce crisi. Anzi, fa proseliti tra le nuove generazioni. Soprattutto in tempo di vendemmia
Un raffinato aspetto da viveur, un calice in mano e un'aria assorta nella ricerca del termine esatto. Poi la sentenza: “rotondo”, “corto”, “abboccato”, “austero” o “marsalato”. Tempo fa erano pochi (ma chic) gli intenditori che dopo aver deglutito un sorso di vino sapevano stupire i commensali sciorinando quel forbito glossario da sommelier capace di tradurre ad hoc i sapori di Bacco; un vocabolario stravagante e dalle mille sfumature nato per dare corpo alle percezioni che si evolvono in bocca, per razionalizzare la sfera dei sensi e le emozioni legate a un sorso di vino. Oggi le cose sono cambiate: ai tavoli dei ristoranti a esibire con scioltezza la bizzarra terminologia da intenditore e a pretendere una mescita impeccabile sono giovani, mamme, gruppetti di amiche e folte comitive di ragazzi desiderosi di accantonare il boccale di birra per avvicinarsi al fascino dell'enoteca.Una passione sempre più diffusa e più che mai attuale (dato che è tempo di vendemmia), quella per il mondo del vino, che si espande anche grazie all'attuale rivalutazione della lentezza in opposizione alla filosofia globalizzante del vivere “fast” e che si riscontra nelle centinaia di corsi di degustazione partiti negli ultimi tempi, nelle affollatissime visite guidate alle cantine d'Italia, nei neonati master universitari sul tema e nei seminari on line, nelle variegate folle di turisti che si riversano ogni anno nelle vigne della nostra Penisola e nelle botteghe di prodotti tipici. Assaggiano, curiosano, comprano, degustano, scoprono l'abbinamento perfetto e il più delle volte tornano a casa soddisfatti con tre forme di pecorino e una cassa di vini di qualità. Da assaporare, ovviamente, in modo “slow”.
I dati messi insieme dal Censis parlano chiaro: sono sei milioni i visitatori che circolano durante l'anno tra le 112 strade e le 524 Città del vino del Belpaese. Spendono quasi due miliardi di euro in acquisti e degustazioni. “I dati dell'Osservatorio internazionale sul turismo enogastronomico confermano l'aumento di turisti che vengono in Italia alla ricerca di Bacco – commentano i rappresentanti dell'associazione degli agricoltori Coldiretti nell'ambito del quarto rapporto annuale “Strade e città del vino” – Il 2004 porta infatti con sé una crescita del sette per cento degli arrivi dalla Germania, il principale cliente dell'Italia vinicola. Un dato incoraggiante se si considera che un tedesco su due durante il viaggio compra vino, preferendolo all'acquisto di vestiario, gioielli o prodotti d'artigianato”. E non è tutto. L'Istituto di ricerca Piepoli ha addirittura evidenziato che le cantine e la gastronomia italiana sono le due esperienze di viaggio più memorabili per uno straniero su due. Risultato? Le nostre 447 tipologie di vini Docg (denominazione d’origine controllata e garantita), Doc (denominazione d’origine controllata) e Igt (indicazione geografica tipica) oggi producono un fatturato complessivo di circa otto miliardi di euro e un valore delle esportazioni superiore ai 2,5 miliardi di euro. Senza contare che il mercato degli “accessori” (botti, macchine per l'imbottigliamento, tappi di sughero) ha un giro d'affari di 2.600 milioni di euro.
Certo, le bottiglie di qualità non sono per tutte le tasche, come non sempre sono economiche le centinaia di aziende agrituristiche che offrono alloggio a chi vuole curiosare tra le vigne. Inoltre, è chiaro, a una buona bottiglia è d'obbligo abbinare piatti di livello. Ecco perché, nonostante la schiera si sia allargata, chi si appassiona al vino ha comunque caratteristiche precise. “Il turista enogastronomico tipico – spiega Magda Antonioli Corigliano, autrice dell'Osservatorio internazionale sul turismo – ha un'età tra i 26 e 45 anni, un livello sociale ed economico medio-alto e preferisce trascorrere i periodi di vacanza soprattutto nei mesi autunnali e primaverili, cioè nei momenti morti per le vacanze tradizionali di massa”. Appena la folla dei vacanzieri da spiaggia smonta gli ombrelloni e fa rientro dalla costiera romagnola o dal Salento, un'altra folla buongustaia e forse meno scanzonata si sposta leccandosi i baffi verso i quasi 1.500 agriturismi italiani. “Un tipo di alloggio – sottilinea la Coldiretti – che rappresenta senz'altro il mezzo più efficace, sicuro e diretto per vivere l'esperienza culturale che il turista enogastronomico ricerca”. Qui il tempo sembra rallentare, i sapori della terra si sentono forti, la genuinità e il silenzio fanno dimenticare le preoccupazioni quotidiane di ognuno e lo stile di vita mordi e fuggi per lasciare spazio alla lentezza e al profumo delle vigne.
Ma se i cultori del buon bere prenotano i loro tour soprattutto in autunno mostrando di optare per il “fuori stagione”, in estate non si lasciano comunque sfuggire un bicchiere. Un sondaggio condotto dal sito www.winenews.it in collaborazione con l'associazione Vinitaly afferma che nell'agosto 2004 il 62 per cento degli italiani ha scelto il bianco nostrano, perfetto con lo spaghetto allo scoglio o un piatto di gamberoni. In testa il Friuli-Venezia Giulia con i suoi Sauvignon, Tocai e Ribolla Gialla, segue la Campania con Greco di tufo e Falanghina, poi Alto Adige, Sicilia, Trentino, Marche. Per finire il profumato Vermentino di Sardegna. L'afa porta in tavola vini freschi. Anche se qualcuno ritiene eccezionale l'abbinamento rosso importante-pesce saporito. Specie se si parla dell'incontrastato e costoso Sassicaia o anche di un emergente ma economico Morellino di Scansano.
Non ci sono dubbi: l'offerta è senza fine. Per questo negli scaffali del supermercato chi vuole trattarsi bene senza spendere una fortuna può trovare proposte interessanti malgrado il caro-euro. Secondo un'indagine Eurisko 2003 oltre metà delle vendite di vino di qualità si riscontra infatti nella fascia di prezzo tra cinque e quindici euro. Nei ristoranti però i rincari sono stati netti; dalle rilevazioni spiccano punte del 400 per cento di ricarico sulle bottiglie. E siccome i bevitori non rinunciano certo al calice di fronte a una bistecca e i ristoratori non intendono farsi sfuggire il cliente, ecco pronta la soluzione: quella delle mezze bottiglie e del vino al bicchiere, ma anche la riduzione delle cantine. Le bottiglie da mantenere in prima linea? i bianchi di medio livello che dal 1999 al 2004 sono aumentati in media del 17 per cento. Un rincaro che il cliente accetta volentieri, considerando che le etichette blasonate di uve a bacca rossa sono salite del 60 per cento.
Non hanno invece senz'altro problemi di denaro i tanti vip che ultimamente hanno deciso d'investire in vigneti. Lina Wertmuller imbottiglia spumante Franciacorta nel Bresciano, Ottavio Missoni possiede vigneti nelle Langhe, Mick Hucknall del gruppo musicale Simply Red ha acquistato una tenuta nel Catanese, Lucio Dalla punta sul rosato nelle terre di Sicilia. Intanto, tra chi ha denaro da impegnare ma anche tra coloro che vogliono salvare il gruzzolo dall'inflazione, si fa lentamente strada un nuovo tipo di investimento alternativo a quello immobiliare e già consolidato in Francia: quello nel vino di qualità. Lo strumento di base è il “contratto a termine”: il produttore vende un lotto di bottiglie e s'impegna a consegnarlo al cliente in un momento successivo. L'acquirente paga subito, ma ritira il vino dopo qualche anno. Così chi produce reinveste subito i soldi guadagnati, mentre chi compra si aggiudica un vino a prezzi competitivi ritirandolo quando sul mercato il suo valore si è impennato. Attenzione però; non tutti i vini si prestano a questa operazione. Devono essere di lungo invecchiamento come Brunello o Barolo; nel 1996 sei bottiglie di Brunello di Banfi vendemmia '95 costavano 180 mila lire. Oggi nelle enoteche una sola bottiglia vale trenta euro.
01/10/2004