Fulvia Caprara

Voci in prestito

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Fondamentali per il successo di un film rimangono spesso nell’ombra. Sono i doppiatori di casa nostra. I migliori del mondo

Sala di doppiaggio Tania di Roma

Nel buio, davanti a un leggìo, recitando battute già recitate, nel tentativo di restituire allo spettatore italiano il sapore di una frase nata in un’altra lingua. Vita dura quella dei doppiatori, esercito di interpreti super-specializzati nel dare la voce alle star hollywoodiane, ai divi dei telefilm, ai personaggi dei cartoni animati. Talmente bravi che ormai i loro timbri vocali si sono sovrapposti a quelli degli attori più famosi: in Italia, non c’è dubbio, Woody Allen ha la voce di Oreste Lionello e Al Pacino parla con quella di Giancarlo Giannini. Un dato acquisito che, secondo alcuni, è fortemente lesivo del valore di un film, ma per la gran massa del pubblico resta assolutamente irrinunciabile. Non è un caso se i film con i sottotitoli sono ancora pochissimi e se l’Italia è tuttora il Paese in cui il doppiaggio è più diffuso e meglio realizzato. Anche se non accade sempre che i nomi dei doppiatori appaiano nei titoli di coda delle pellicole di lingua straniera, sono ormai in tanti a sapere che Roberto Pedicini doppia Kevin Spacey; che Cristina Boraschi fa Julia Roberts; che Luca Ward da’ la voce a Russell Crowe; che Chiara Colizzi è Nicole Kidman e che Tom Cruise, sui nostri schermi, parla grazie a Roberto Chevalier. Certo, il doppiaggio riduce di molto il valore effettivo di un’interpretazione e ascoltare la vera voce di un grande attore, dopo averlo conosciuto per anni attraverso un altro timbro vocale, può risultare, per lo spettatore, una scoperta illuminante.
Il doppiaggio di un film ha naturalmente costi diversi (quello di un episodio della trilogia del Il Signore degli Anelli, quindi di un kolossal, si aggira più o meno sui 60 mila euro), così come cambiano, ovviamente, le retribuzioni dei doppiatori in relazione al tipo di prestazione offerta. Per i cartoni animati, per esempio, la tariffa è di un euro a riga del copione; per i film la cifra sale a quasi quattro euro. Il lavoro è generalmente strutturato in turni di tre ore (per i prodotti destinati alla tv ogni turno viene pagato circa 55 euro) e i ruoli vengono affidati mediante provini a cui partecipano tre voci per volta. L’unità di misura del doppiaggio è rappresentata dagli “anelli” che, quando si tratta di film, durano tra i 30 e 40 secondi. Gli anelli compongono la colonna dei dialoghi, ovvero la materia su cui, seguendo le immagini del grande schermo, lavorano i doppiatori. Il grande boom del settore risale a circa 20 anni fa, in coincidenza con l’esplosione della tv commerciale e quindi con la messa in onda di ore e ore di telefilm, telenovele, soap-opera, tutte produzioni straniere che andavano tradotte per la platea del piccolo schermo. Riuniti in grosse compagnie, spesso fondate da loro stessi, i doppiatori sono stati più volte costretti a scendere in campo per ottenere regolamenti e accordi più consoni alla portata del loro impegno. È accaduto anche nella scorsa primavera e il lungo sciopero proclamato dalla categoria ha rischiato di bloccare l’uscita di film importanti e la messa in onda di seguitissimi appuntamenti televisivi. “Il nostro – dichiarava in quei giorni Pino Insegno, doppiatore di Brad Pitt, ma anche di Viggo Mortensen, il mitico Aragorn del pluripremiato Il Signore degli Anelli – è un lavoro sottopagato e sottovalutato. Quello che si chiede è soprattutto un rispetto maggiore per una categoria generalmente bistrattata che è invece fondamentale nel mondo del cinema”. Eppure le soddisfazioni non mancano: “Quando si è saputo che avrei dato la voce a Viggo Mortensen – racconta Insegno – i fan della saga di Tolkien hanno avuto da ridire. Misero il veto perché ritenevano che un comico televisivo non potesse essere adatto a quel ruolo. Dopo il doppiaggio del primo film hanno cambiato completamente idea e, alla fine dell’impresa, mi hanno perfino regalato un anello d’oro con le iscrizioni in linguaggio elfico”. 
01/10/2004