Pino Bianco
Sicurezza tra cronaca e storia
I capi della Polizia come protagonisti della storia. Un libro ne racconta le opere dal 1878. Alla presentazione il presidente Berlusconi e il ministro Pisanu.
Si può scrivere una storia dell’Italia moderna e contemporanea attraverso le storie dei capi della Polizia? Una storia della Polizia italiana, non agiografica e non ostile per preconcetto, non è stata ancora scritta. Ed è altrettanto certo che I capi della Polizia. Storia della sicurezza pubblica attraverso le strategie del Viminale, colma in parte questa lacuna. Sono stati ventinove (trenta con l’attuale, che ha voluto questa opera) i “capi” dal 1878, da Luigi Berti a Fernando Masone, scomparso nel 2003. Tutti figli del loro tempo, ovviamente, e ripercorrerne le biografie significa anche percorrere un viaggio affascinante nella storia e nella cronaca del nostro Paese. “Addentrarsi nella conoscenza di alcune vicende della nostra storia attraverso queste figure significa collocarsi in un osservatorio privilegiato, quello del Viminale: in mezzo agli avvenimenti”, ha detto il ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu alla recente presentazione ufficiale del libro, avvenuta alla presenza anche del capo del governo Silvio Berlusconi.
I capi della Polizia è opera, non per caso, di due giornalisti di valore, Annibale Paloscia e Maurizio Salticchioli. E il taglio del cronista è evidente e favorisce la lettura. “Ma sarebbe anche ora di scrivere una vera storia della pubblica sicurezza nel dopoguerra in Italia – ha detto lo storico Piero Melograni – da affidare però a storici giovani, più distaccati di noi non avendo vissuto quelle vicende”.
Per ora c’è questa “storia dei capi”. Che è anche, come scrive il prefetto Giovanni De Gennaro nella presentazione, “un doveroso e grato omaggio a quanti mi hanno preceduto in questa delicata funzione e un segno tangibile di gratitudine a tutte le forze dell’ordine che negli anni hanno accompagnato e sostenuto la loro opera”.
Capi della Polizia come uomini di frontiera: così li definisce lo storico e giornalista Paolo Mieli nella presentazione del volume e così ha ripetuto alla cerimonia di presentazione: “Penso a Giacomo Vigliani, che tra il 1911 e il 1922 fu Capo della polizia per tre volte e che introdusse il bollettino delle ricerche nazionale, lo schedario degli stranieri, il porto d’armi, la cartella biografica degli arrestati. O a Francesco Crispo Moncada che tra il ’24 e il ’26, negli anni in cui il fascismo divenne regime si impegnò nella lotta alla mafia e perse il posto dopo l’attentato a Mussolini”. Ma anche durante il fascismo, racconta il libro, il capo della polizia Arturo Bocchini, al Viminale tra il 1926 e il 1940, se da una parte organizzò un ferreo servizio d’ordine intorno al dittatore (cinquecento uomini, controllo delle fogne e, metro per metro, delle ferrovie) dall’altra rallentò con molta intelligenza l’applicazione delle leggi razziali, impedì che gli alleati nazisti istallassero in Italia una rete di uomini dei servizi segreti alle dirette dipendenze di Himmler e sconsigliò nei limiti delle sue possibilità l’entrata in guerra.
Il “distacco”, non certo la disattenzione, dal potere politico ha in Italia contraddistinto sempre i “capi”. Ne ha dato atto Giorgio Napolitano, che è stato ministro dell’Interno ricordando la “collaborazione intensa, senza ombre” di Fernando Masone che fu sempre “limpido, schietto, neutrale” nei confronti dell’autorità politica.
“Grandi traghettatori” da una fase politica all’altra, è ancora la definizione di Paolo Mieli, che ha ricordato la dirigenza di Luigi Ferrari nell’immediato dopoguerra, dal 1944 al 1948, quando la ricostruzione dovette riguardare anche le istituzioni e i loro servizi. Poliziotti e carabinieri giravano con le jeep residuati bellici, alla periferia di Roma agivano criminali armati di mitra, in Sicilia il banditismo separatista era in piena azione: eppure bisognava difendere la neonata democrazia. Ferrari in quei momenti difficili e con gli scarsi mezzi di cui disponeva riuscì a organizzare gli uffici centrali e periferici, a creare di nuovo una linea di comando dal Viminale all’ultimo posto di polizia.
Uomini di frontiera, grandi traghettatori, protagonisti di difficili momenti che ci siamo appena lasciati alle spalle, come ha ricordato l’onorevole Nicola Mancino, anche lui tra i presentatori del volume. Una storia dei capi della Polizia andava scritta, in attesa che qualcuno – come diceva il professor Melograni – affronti la storia della polizia in questi ultimi anni.
“I Capi della Polizia. La storia della sicurezza pubblica attraverso le strategie del Viminale”, a cura di Annibale Paloscia e Maurizio Salticchioli
edizioni Laurus Robuffo, pagine 255,
euro 40 nelle librerie e presso l’editore.