di Giovanni Aliquò (dirigente superiore t.SFP della Polizia di Stato)

Sicurezza pubblica e sicurezze private

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Certificazioni di qualità e verifica degli standard

Inserto 02 2023 Sicurezza

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1. Sicurezza primaria e secondaria

I due “sistemi” di cui si compone la “sicurezza generale”, quello della “sicurezza primaria” e quello della “sicurezza secondaria”, necessitano di un corretto inquadramento e di opportuna armonizzazione tra la “sicurezza primaria” e la “sicurezza secondaria”, con la consapevolezza della sempre più stretta interdipendenza tra i due ambiti. 

Il confine tra i due ambiti, ora pur sufficientemente chiaro, è labile, subendo nel tempo l’influenza di politiche di sicurezza determinate da esigenze e fenomeni sociali. Il primo dei due ambiti (che è quello della sicurezza pubblica, riservato allo Stato) sempre è influenzato da quel che è compreso nel secondo (quello della sicurezza lato sensu privata) e viceversa. Proprio nel tentativo di categorizzare e chiarire meglio, gli studiosi hanno da tempo osservato come nella sicurezza secondaria possa distinguersi tra la “sicurezza complementare” (nell’ambito della quale si può ulteriormente ritagliare l’ambito della “sussidiaria”, più vicino a quello della sicurezza primaria, in quanto i servizi privati si affiancano a sussidio di quelli delle forze di polizia) e la “sicurezza comunitaria”. Lo sforzo definitorio – con differenti sfumature tra le varie posizioni dottrinarie – non è stato fine a sé stesso: ad ogni ambito corrispondono diverse competenze e, soprattutto, diversi rapporti (in relazione ai diversi livelli di responsabilità stabiliti dalle norme) con le Autorità di pubblica sicurezza e, più in generale, diverse relazioni nel complesso e unitario “sistema della sicurezza”. Nuove esigenze sociali e di mercato hanno richiesto così, nel tempo, oltre al riconoscimento di espressioni volontaristiche di sicurezza che abbiamo definito comunitaria (le c.d. ronde), l’ampliamento del numero dei soggetti professionali cui la legge riconosce uno specifico ruolo (es. gli addetti alla sicurezza degli spettacoli) e, nel contempo, una più definita specificazione delle caratteristiche organizzative e dei requisiti minimi di qualità delle imprese di “sicurezza privata”, nonché la fissazione e il riconoscimento dei requisiti di conoscenza, abilità e competenza di gestione del processo di security (sia nel loro complesso sia con riguardo a specifiche mansioni) necessari per le figure professionali chiamate a operare nei relativi ambiti. Anche in ragione del progressivo espandersi a questo settore delle attività umane dei principi e delle disposizioni dell’Unione europea, negli ultimi 15 anni si sono così dovuti compiere notevoli passi per adeguare la legislazione in materia che, fino al 2008, era sostanzialmente ferma al Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza del 1931 e al relativo Regolamento del 1940. In realtà, era già chiaro da tempo che la disciplina di pubblica sicurezza non è, di per sé, sufficiente a regolare l’insieme dei rapporti giuridici che vengono in evidenza lì dove può spingersi, nella prassi quotidiana, l’orizzonte della sicurezza complementare. È costante, allora, verificare come il quadro delle norme di pubblica sicurezza debba intimamente integrarsi, nella misura in cui lo richiedono le legittime e sempre nuove esigenze degli attori privati ed istituzionali, anche con ordinamenti diversi. Ancora più stimolante potrà risultare, in questa prospettiva, osservare le interazioni che potranno verificarsi tra l’applicazione delle norme del Tulps che disciplinano la qualità e affidabilità dei servizi di vigilanza privata sui beni mobili e immobili con quella della complessa disciplina mirata ad assicurare la cybersicurezza nazionale (ed europea). 

2. Attività tradizionali ed evoluzione normativa

Tra le attività di sicurezza complementare particolare interesse rivestono quelle “tradizionali”, disciplinate dagli articoli 133 e 134 Tulps, consistenti nella vigilanza e custodia di beni mobili o immobili per la legittima autotutela dei diritti patrimoniali ad essi inerenti. Ripercorrendo rapidamente le tappe essenziali di un percorso evolutivo molto articolato che riguarda gli Istituti di vigilanza privata, deve, in realtà, riconoscersi che a segnare una prima svolta, in materia di libertà di stabilimento, è stata la sentenza 283/99 della Corte di Giustizia dell’Unione europea, a seguito della cui condanna l’articolo 134 del Tulps è stato modificato, ampliando a tutti i cittadini europei e alle imprese con sede nel territorio dell’Unione la possibilità di esercitare l’attività nel territorio italiano. A tale sentenza seguiva quella, ben più radicale nei suoi assunti, della medesima Corte n. 465/05 del 13 dicembre 2007, con la quale l’Italia era condannata, su più punti, per l’incompatibilità della legislazione del tempo in materia di guardie giurate e di esercizio della vigilanza privata con i principi del Trattato dell’Unione europea (articoli 43 e 49) con ancora più ampi effetti “demolitivi” della legislazione in materia di vigilanza privata. Questa pronuncia della Corte imponeva al legislatore un immediato e radicale intervento di ricos

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06/02/2023