di Cristina Di Lucente, foto di Matteo Losito

A scuola di fiuto

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Come si diventa cinofili e cani poliziotto? Lo abbiamo scoperto visitando il Centro di addestramento di Ladispoli

Cinofili

Quello del cinofilo è un lavoro complesso: oltre alle qualità di ogni poliziotto, prevede la capacità di operare con il proprio compagno a quattro zampe che deve essere, a sua volta, abilitato alla professione. Poi, come se non bastasse, per lavorare è necessario creare un binomio compatibile al 100% tra i due operatori: solo così la squadra funziona. Poliziamoderna è entrata nel Centro di coordinamento dei servizi a cavallo e cinofili di Ladispoli per esplorare le peculiarità di questa affascinante attività. Ci ha accolti il direttore della scuola, Mario Cardea, che ha spiegato come per decreto del capo della Polizia del 28 luglio 2017 la moderna struttura di Ladispoli assolva ora le funzioni dedicate alla formazione. «Il Centro di coordinamento di Ladispoli, d’intesa con il Servizio reparti speciali, svolge anche funzioni di supporto tecnico di settore alle 33 squadre cinofile dislocate sul territorio nazionale» sottolinea il direttore.


I corsi: solidi legami certificati 

Il Centro di coordinamento garantisce la qualità della formazione attraverso i suoi istruttori, coordinati da Paolo Lunardi, che si dedicano sia agli allievi che non hanno esperienze pregresse nell’addestramento, così come i cani che verranno loro assegnati, sia ai destinatari delle “riqualifiche”, conduttori già formati che iniziano a lavorare con un nuovo cane dopo il pensionamento del precedente. «Obiettivo della formazione cinofila è la costruzione di una solida base teorica che permetta al neo cinofilo di costruire un rapporto empatico con il proprio animale – spiega Lunardi – e di proseguire in un cammino addestrativo basato su rinforzi positivi volti all’esaltazione delle doti del cane nell’impiego di utilità». Il corso dura dai 4 ai 6 mesi al termine dei quali gli aspiranti cinofili devono sostenere un esame di idoneità. Alla base della metodologia didattica del Centro c’è il lavoro sulla propensione del cane ad affidarsi al suo conduttore: in caso di necessità l’animale deve sapere di poter contare sull’aiuto del “collega”. Ogni cane ha una propria personalità e sensibilità, per questo il rapporto che si costruisce è unico e per lo stesso motivo i cani poliziotto sono da sempre assegnati a un solo conduttore, in un rapporto affettivo che spesso lega il binomio per la vita. 


La routine: vita da cani

Il cinofilo deve occuparsi a 360° della cura del proprio cane compiendo una serie di azioni quotidiane che ne garantiscono il benessere e l’efficienza lavorativa, azioni che esercita in maniera costante. Prima dell’inizio dell’addestramento, attorno alle 8.30 di mattina, i conduttori si recano nel canile dove prelevano il compagno di lavoro per la passeggiata mattutina, ma non prima di averne pulito il box. La scuola dispone attualmente di 44 moderne postazioni dedicate ai cani dei corsisti e del personale permanente, dotate anche di lampade per il riscaldamento, ma è previsto un progetto di ampliamento della capacità di accoglienza della struttura. «Prima dell’addestramento vero e proprio , i cani vengono posizionati sugli automezzi – spiega Alessandra Riviera, istruttore cinofilo – un’azione che serve a farli entrare subito nell’ottica lavorativa». La giornata si svolge all’insegna dell’alternanza addestramento-gioco, senza trascurare i momenti dedicati a cibo e riposo, dosando con attenzione ciascuna fase. Non bisogna poi trascurare la toeletta e un check costante sullo stato di salute del cane. Anche in caso di malattia è il conduttore che si occupa dell’ ”accudimento”.    


I cani antiesplosivo: pericolo scampato... per un boccone

Questa specialità è oggi la più diffusa tra i cinofili anche per via dell’emergenza terrorismo. I cani antiesplosivo in fase di addestramento sono generalmente labrador tra i 12 e i 20 mesi di vita, l’età minima affinché siano in grado di affrontare lo stress da lavoro. La parola chiave per comprendere questa attività è il cibo, utilizzato come ricompensa per il lavoro svolto: il cane antiesplosivo durante il corso deve “guadagnarsi da vivere” in palestra mentre svolge gli esercizi, il cibo è per lui una ricompensa calibrata dal conduttore e uno stimolo particolarmente gradito. Tale routine si ripeterà nella realtà operativa, e anche in quel caso, qualora il cane non terminerà la razione giornaliera nell’attività svolta all’esterno, il suo conduttore simulerà una “stazione operativa”, facendo esaurire la razione di cibo nell’arco delle 6 ore lavorative. Abbiamo seguito in palestra i conduttori dei cani antiesplosivo nel loro training di base, che consiste in una serie di esercizi propedeutici che abituano gli animali a riconoscere le molecole odorose dell’esplosivo e a distinguerlo dalla moltitudine di altri odori. Le sostanze sono contenute in barattoli, alcuni sono “distrattori”, altri contengono l’esplosivo. «Nei barattoli positivi si trova l’esplosivo più diffuso in commercio, plastici polveri e gelatine – spiega Nicola Filippo, istruttore cinofilo antiesplosivo – nei distrattori tutte le sostanze non esplosive che li traggono in inganno». Scopo degli esercizi è insegnare al cane a discriminare: farlo fermare quando incontra l’esplosivo, o in alternativa, passare oltre. L’esercizio più basilare è la ruota (foto in basso): il cane inserisce istintivamente il naso all’interno del barattolo e annusando ricerca l’odore che corrisponda a quelli memorizzati; se lo trova la reazione immediata è quella di sedersi per mangiare. Gli altri esercizi diventano più complessi: vengono predisposte sequenze di odori in maniera lineare, in tal caso il cane riesce a identificare le nicchie nelle quali è posizionata la sostanza (foto in alto); successivamente, privando il cane della percezione visiva e affidandosi al solo olfatto, l’esercizio viene reso più complesso e vicino alla realtà operativa di luoghi come uffici postali o magazzini. In questa prima fase dell’apprendimento tutto rappresenta una novità per il futuro poliziotto a 4 zampe, una nuova difficoltà che riuscirà ad affrontare solo grazie al suo inseparabile collega, per questo è fondamentale che si crei un affiatamento tra il cane e il suo conduttore che dovrà riuscire a mantenere sempre alto lo stimolo attraverso un addestramento mirato.


I cani antidroga: lavorare giocando

Presenti spesso nei servizi di ordine pubblico o in occasione della movida del weekend, i cani antidroga vengono addestrati a individuare la presenza di sostanza stupefacente, che sia hashish, marijuana, eroina, cocaina o ecstasy. La tecnica di base è la medesima: abituare il cane a reagire in presenza di specifiche molecole, segnalazione che trasmette raspando insistentemente sul punto di fuoriuscita dell’odore. Essendo un predatore, il cane si fortifica dilaniando la preda, un meccanismo istintivo che applica al momento del ritrovamento della droga, trovando sfogo sulla pallina che gli viene lanciata dal conduttore come ricompensa. Diversamente dai cani antiesplosivo, per questa specialità cinofila l’addestramento si basa sul gioco: quanto più il cane si divertirà, tanto più positivo sarà il feedback nel servizio, ma è soprattutto il rapporto che il conduttore instaura con il cane a diventare fondamentale. «Il premio, che vuol dire gioco, e lo sviluppo del piano affettivo sono i due fulcri su cui è basato il nostro lavoro» spiega Franco Cesarini, istruttore antidroga. Spesso sono i pastori tedeschi a possedere i requisiti caratteriali richiesti, uno dei quali è la temerarietà nel recarsi nei luoghi più disparati e impervi. Una volta individuate le qualità ricercate inizia l’addestramento mediante la pallina; ad essa viene associato l’odore della sostanza stupefacente, imprinting necessario per il futuro contesto lavorativo. Scopo del conduttore non è creare condizioni di vantaggio per il cane nella sicurezza di trovare la droga quanto piuttosto inventare situazioni sempre nuove destinate a diventare uno standard di normalità per la ricerca. «L’addestratore deve far crescere il cane con una giusta dose di esercizi, mantenendo in lui un alto stimolo nella ricerca, evitando però di creargli troppo stress», prosegue il poliziotto. Talvolta nella realtà operativa si utilizza l’esercizio in bianco: il cane viene condotto in un edificio nel quale ipoteticamente potrebbe trovare della droga che in realtà non viene predisposta. Si tratta di una tecnica per analizzare la risposta effettiva del cane che di fronte al mancato ritrovamento può reagire con un regresso o, in caso positivo, con ulteriore sprint nella ricerca. «Importante, per stimolare la capacità olfattiva del cane, è anche la variazione nella grammatura delle sostanze da ricercare, una precauzione che permette al cane di risalire alla fonte anche quando la presenza della sostanza è pervasiva» conclude Cesarini.


I cani per la ricerca e il soccorso: addestrati a salvare la vita

 All’interno del Centro abbiamo incontrato Davide Agrestini e Sarotti, un pastore tedesco che si è fatto notare in occasione dei soccorsi prestati per il terremoto di Amatrice lavorando incessantemente tra la polvere delle macerie, fino al salvataggio della piccola Giulia. I cani come lui (la Polizia di Stato ne ha 10, gli altri appartengono alla Protezione civile) vengono addestrati a rintracciare le persone scomparse o più tecnicamente, “le particelle di molecole che rilascia il corpo umano nell’ambiente per risalire al cono di odore prodotto dalla sorgente”. La dispersione di queste particelle, rilasciate da una persona che non può muoversi, arriva fino a un centinaio di metri di distanza. «Vengono utilizzate due tecniche distinte per rintracciare una persona – spiega Agrestini – la prima si applica alle ricerche che si svolgono in tempi molto stretti e consiste nel seguire la traccia che lascia». A volte tuttavia, la macchina dei soccorsi non garantisce di arrivare sul luogo del disastro in tempi brevi, per questo all’inizio degli Anni ‘80 è stata sperimentata la tecnica con battuta “a scovo” dove il cane viene addestrato a cercare l’odore disperso nell’aria anche in assenza di un punto fisso in cui cercare. «Questo permette al cane di lavorare in autonomia, sulla neve come sotto le macerie – prosegue il cinofilo – con addestramenti mirati, basati però sul medesimo concetto, quello del riconoscimento delle molecole e della fonte». Ma come viene addestrato un cane per la ricerca e il soccorso? Analogamente al cane antidroga la ricompensa è nel gioco. Nei primi esercizi si abitua a vedere la persona (figurante) che si allontana e si nasconde, il suo ruolo consiste nell’andarla a scovare. A questo primo esercizio se ne aggiunge un successivo: trovato il figurante, il cane si siede e inizia ad abbaiare per segnalarne la presenza; in un ulteriore livello di difficoltà deve cercare senza aver visto il figurante allontanarsi. Gli addestramenti di questi cani speciali avvengono naturalmente in ambienti esterni, boschi o palazzi, o nel caso specifico di Ladispoli, nei cunicoli della necropoli etrusca nel giorno di chiusura al pubblico. Un breve periodo iniziale, che si svolge in ambienti interni, viene riservato alla ricerca dell’obbedienza, considerato l’ampio grado di autonomia di questa specialità nel lavoro operativo. Requisiti richiesti? Un carattere docile e una grande resistenza fisica abbinata alla leggerezza, indispensabile in vista delle zone impervie che andrà a perlustrare fin dal momento dell’addestramento.


La clinica veterinaria: ambulatorio d’eccellenza 

La cura e l’attenzione alla salute del cane fa parte delle responsabilità di ogni cinofilo. Generalmente i controlli dal veterinario sono semestrali, durante i corsi però l’attenzione verso questo aspetto è maggiore e i check-up diventano più intensi, vengono effettuati a cadenza mensile, facendo attenzione alla verifica del peso corporeo e del mangime per stabilire il più adatto quale routine di prevenzione per quello che è dopotutto un lavoro stressante, come anche al controllo delle feci e allo stato fisico nel momento in cui gli animali si mostrano più svogliati sul lavoro. Il Centro di Ladispoli dispone di una clinica che riesce a sopperire a tutte le necessità ordinarie dei cani presenti nella struttura, elemento importante per i conduttori che hanno così a disposizione un centro medico particolarmente efficiente e un veterinario a cui potersi riferire costantemente per ogni eventuale malessere dell’animale. Ci ha accompagnati a visitare l’ambulatorio Andrea Loreti, poliziotto specializzato in medicina veterinaria, che ci ha mostrato il funzionamento del modernissimo centro medico che sopperisce alle esigenze ordinarie di labrador e pastori tedeschi presenti nella struttura, come anche alla diagnostica per i cavalli della Polizia di Stato, anch’essi addestrati nel Centro di coordinamento. Esami per emocromi, chimica sierologica, colesterolo e trigliceridi, così come i primi accertamenti per la leishmaniosi, vengono eseguiti nell’ambulatorio; ci sono poi le sale visite per cani dotate di apparecchiature per far fronte ai problemi dentali e l’ecografo. «I problemi medici più frequenti sono le patologie gastrointestinali, dermatologiche o di ortodonzia (pulizia dei denti o gengive infiammate a causa dei mangimi) – spiega Loreti – ma la clinica effettua anche accertamenti per cisti o problematiche tumorali, controlli a fegato, reni e vesciche in caso di problemi urinari. Per i controlli cardiologici il centro effettua ecocardiografie, c’è poi la sala operatoria per cani per la piccola chirurgia dotata di un laser chirurgico che velocizza la cicatrizzazione delle ferite e permette il ripristino veloce dell’attività lavorativa». In questa sede si organizzano anche corsi per infermieri veterinari, in genere poliziotti cinofili che decidono di specializzarsi  anche in questa particolare branca dell’affascinante universo canino.    

06/02/2018