Toni Mira

Simbolo di riscatto

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Sottratto all’incuria, il luogo dove venne ucciso il “giudice ragazzino” Rosario Livatino rinasce grazie al lavoro dei detenuti del carcere di Agrigento

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Il luogo simbolo del martirio del giudice Rosario Livatino è ora simbolo di difesa dell’ambiente, che il giovane magistrato fu tra i primi a praticare con innovative inchieste. Ma è anche simbolo di riscatto. Da poco più di un mese quattro detenuti del carcere circondariale di Agrigento si occupano della manutenzione del Parco Rosario Livatino, realizzato sul luogo dove il 21 settembre 1990 venne ucciso dalla mafia il magistrato, beatificato il 9 maggio 2021, martire della fede e della giustizia. Nei prossimi giorni altri si aggiungeranno, secondo le indicazioni del progetto che nasce grazie alla convenzione tra la sezione agrigentina del Co.N.Al.Pa. (Coordinamento nazionale per gli alberi e il paesaggio) Beato Rosario Livatino – che ha realizzato il parco un anno fa col sostegno dell’Arcidiocesi – il tribunale di Agrigento e la casa circondariale, per dare un’opportunità di lavoro e di formazione ai detenuti, da poter spendere anche una volta scontata la pena. 

Le tracce di Falcone e Borsellino 
Un’iniziativa dal forte valore simbolico. Fin dai primi lavori. I detenuti hanno infatti piantato due lecci dedicati a due vittime innocenti della mafia: il piccolo Stefano Pompeo di appena undici anni, ucciso a Favara il 22 aprile 1999 dai colpi che dovevano raggiungere il boss Carmelo Cusumano, un delitto ancora senza giustizia, e il sovrintendente della polizia penitenziaria Pasquale Di Lorenzo che prestava servizio nel carcere di Agrigento, ucciso il 13 ottobre 1992 a Porto Empedocle da due killer agrigentini su mandato di Totò Riina per dare un segnale contro il regime di carcere duro per i mafiosi. A lui è intitolato proprio il carcere da dove vengono i

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06/06/2025