Cristiano Morabito
L’ultimo abbraccio
Il funerale di Papa Francesco e l’impegno di forze dell’ordine, militari e Protezione civile per garantire la sicurezza di un evento storico
Nella mattinata del 21 aprile le agenzie iniziano a battere la notizia e sui telegiornali partono le lunghe edizioni speciali che stravolgono tutti i palinsesti televisivi: la Santa Sede comunica che alle 7.35 Papa Francesco è tornato alla casa del Padre. Una notizia quantomeno inaspettata, dato che solo il giorno precedente il Santo Padre si era affacciato su piazza San Pietro per salutare i fedeli in occasione della messa pasquale: un evento che aveva rincuorato un po’ tutti, fedeli e non, facendo pensare che Francesco si stesse riprendendo bene dal mese e più passato al Policlinico Gemelli per curare una polmonite bilaterale. Invece no, purtroppo è accaduto quel che nessuno si sarebbe aspettato: il Papa “venuto dalla fine del mondo” non è più tra noi.
Quello della morte di un pontefice, così come la sua elezione, è un evento in grado di catalizzare l’attenzione del mondo intero, come se le ore e i giorni scorressero in modo differente dal solito in un clima quasi surreale e il globo in quei giorni iniziasse a muoversi all’unisono verso un’unica direzione: Roma.
Ed è proprio sulla Capitale e sulla Città del Vaticano che gli occhi e le orecchie del mondo si sono puntati, in attesa che il “grande evento” dei funerali di Papa Bergoglio si compisse, mentre nel frattempo tutti i “potenti” della Terra modificavano le proprie agende proprio per poter essere presenti a dare l’ultimo saluto al Santo Padre argentino. Numeri davvero imponenti: 248 delegazioni straniere, oltre 50 capi di stato, teste coronate, capi di governo e ministri, che sono giunti nel Caput Mundi insieme alle oltre 400mila persone comuni che hanno voluto dare l’ultimo saluto a Papa Francesco. Una macchina della sicurezza da mettere in moto in velocità, predisponendo dispositivi ad hoc per ogni personalità e rafforzando i servizi già in atto per il Giubileo.
In prima linea, ovviamente, la questura di Roma diretta da Roberto Massucci: «Il ministro dell’Interno ha parlato di impegno storico, e io lo confermo: è stata la più grande operazione di ordine e sicurezza pubblica della storia e personalmente l’ho percepita sin dal primo momento come tale, anche alla luce delle mie esperienze precedenti».
Una sfida titanica, aggravata dal contesto internazionale segnato da guerre in corso, tensioni globali, la concomitanza con il Giubileo e l’ottantesimo anniversario della Liberazione, celebrato a Roma con ben sei manifestazioni, in un clima non privo di contrapposizioni.
«Il dispositivo di sicurezza è scattato subito dopo la notizia della morte del Pontefice – prosegue Massucci – La reazione è stata immediata. Tutte le forze di polizia sono scese in campo, coordinate dal prefetto e dal questore, come previsto dalla legge, attraverso il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica e il Tavolo Tecnico. Abbiamo operato con un concetto di sicurezza a cerchi concentrici: dalle periferie, con controlli capillari e monitoraggio dei flussi, fino all’area di San Pietro e alla Basilica di Santa Maria Maggiore, scelta per la sepoltura del Santo Padre».
Cielo, terra e sottosuolo della Capitale sono stati al centro dell’attenzione della macchina della sicurezza messa in atto: «Abbiamo operato con un concetto di “sicurezza in 3D” – spiega il questore – In aria con il divieto di sorvolo e la vigilanza con i droni dell’Aeronautica Militare, gli elicotteri e i mezzi anti-drone della Polizia di Stato; sulla superficie con la presenza capillare degli agenti, assicurando una vigilanza discreta ma efficace per favorire la partecipazione popolare senza creare barriere visibili; nel sottosuolo, attraverso i controlli nelle metropolitane e la verifica dei tombini e delle fondamenta dei ponti tramite i sommozzatori».
Nonostante non ci siano state minacce specifiche, l’allerta è rimasta comunque altissima, poiché la minaccia terroristica è sempre immanente, soprattutto in un contesto così delicato, dove anche il gesto di un singolo radicalizzato può creare caos.
Chi ha seguito le immagini del funerale ha percepito un’atmosfera particolare, un clima diverso dal solito dolore che accompagna eventi simili: è stato un momento di grande partecipazione e commozione serena. Papa Francesco era amato da credenti e non credenti, da integrati ed emarginati. «È stato il funerale di un uomo che ha unito tutti – osserva il questore di Roma – Il momento più emozionante è stato forse all’arrivo del feretro a Santa Maria Maggiore, accolto da un applauso liberatorio in Sala operativa, da tutti noi che abbiamo seguito l’evento, insieme al ministro dell’Interno, il prefetto di Roma, il capo della Polizia e i comandanti generali di Carabinieri e Guardia di Finanza».
Sono stati più di 6.000 gli operatori delle forze di polizia, dell’esercito, della protezione civile e volontari impiegati nel giorno delle esequie del Santo Padre: «Ma la vera forza è stata nella consapevolezza di ognuno di loro di essere stati parte di un pezzo di storia – sottolinea Roberto Massucci – Tutti hanno vissuto questo sforzo con dedizione, giorno e notte. Al termine di questo straordinario impegno, la raccomandazione che ho fatto a tutti i dirigenti e funzionari, a tutto il personale, è quella di viverci adesso questo momento di grande soddisfazione, ma contestualmente, di imboccare la strada della grande concentrazione, perché da adesso in poi il Giubileo avrà un’altra faccia. La Basilica di Santa Maria Maggiore sta diventando un punto focale del piano di sicurezza e poi successivamente il conclave, l’annuncio del Papa, l’intronizzazione e il Giubileo che riprenderà con rinnovato vigore, ci deve vedere in campo con la stessa consapevolezza che siamo di fronte a un evento storico».
E proprio di storia si può parlare, guardando immagini che, sicuramente, resteranno impresse a tutti, ad iniziare da quelle dei potenti della Terra riuniti tutti ad omaggiare un uomo che ha segnato un’epoca per la Chiesa e che, come tutti sperano, riuscirà anche non in vita ad aiutare la pace tra i popoli. L’immagine catturata di Trump e Zelensky seduti di fronte a parlare all’interno della Basilica è forse il primo miracolo tangibile di Francesco.