a cura di Cristina Di Lucente

Pietre di memoria

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pdn 02-25

Milano. Due ore, solo 120 minuti è stato il tempo che i gerarchi nazisti, seduti intorno ad un tavolo in una villa a Wanssee nel 1942, al comando di Reinhard Heydrich con il suo fido “ragioniere dello sterminio”, Adolf Heichmann, hanno impiegato per decidere il destino tragico del popolo ebraico e dei tanti prigionieri di guerra, zingari, omosessuali, disabili e oppositori politici rinchiusi in condizioni disumane all’interno di campi di concentramento, tra i quali quello ormai  tristemente noto di Auschwitz: 40 chilometri quadrati che i nazisti denominarono come “La zona d’interesse” e che comprendeva ben tre campi (Auschwitz, Birkenau e Auschwitz 3). Una vera e propria macchina della morte, al cui ingresso campeggiava la scritta “Il lavoro rende liberi” (“Arbeit macht frei”), che oggi suona davvero come un estremo disprezzo per la vita umana, che faceva parte di un piano meticolosamente messo in atto dagli uomini con la croce uncinata sul braccio e che prevedeva la sistematica eliminazione del popolo ebraico da tutta l’Europa. Le stime ad oggi parlano di un totale che oscilla tra i 15 e i 17 milioni di vittime (di cui 6milioni di religione ebraica), nell’arco temporale dal 1933 al 1945, del tentativo nazista di “arianizzare” il Vecchio continente.
L’Olocausto non si può e non si deve dimenticare: non bastano i pochi testimoni ancora in vita che lo hanno subito sulla propria pelle, ma serve un qualcosa che possa restare a futura memoria. Uno di questi mezzi è quello delle “Pietre d’inciampo” (le “Stolpersteine”, ideate dall’artista tedesco Gunter Demnig): attualmente nel mondo ce ne sono quasi 100mila, di cui molte anche in Italia e tra queste le ultime tre, posate lo scorso 28 gennaio di fronte alla questura di Milano, alla presenza dell’assessore del comune di Milano Marco Granelli, del prefetto Claudio Sgaraglia e del questore Bruno Megale (nella foto in alto). I tre sanpietrini con la faccia superiore in bronzo e i nomi delle vittime, sono dedicati a tre poliziotti: Giuseppe Prata arrestato a titolo di rappresaglia per l’uccisione di un soldato tedesco, morto il 21 marzo del 1945 nel lager di Hersbruck; Emiddio Mastrodomenico, arrestato anche lui per rappresaglia a seguito di un attentato dinamitardo contro un camion tedesco e fucilato insieme ad altri partigiani in piazzale Loreto a Milano il 10 agosto del ’44; Angelo Molino, schieratosi con la Resistenza, venne internato a Neuengamme, per poi morire a causa delle sevizie a Dachau il 10 aprile del 1945.
Tre semplici pietre, ma allo stesso tempo tre urla perenni per non dimenticare mai quel che è accaduto: un monito affinchè non accada mai più.
Cristiano Morabit

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06/02/2025