a cura del Servizio immigrazione
Il contrasto all’immigrazione irregolare
Procedure di allontanamento dal territorio nazionale
1. Le decisioni di rimpatrio
Nell’ambito del contrasto all’immigrazione irregolare, le attività di rimpatrio, sul fronte amministrativo, rappresentano lo strumento giuridico attraverso il quale è possibile procedere all’allontanamento dal territorio nazionale dei cittadini di paesi terzi che non abbiano titolo per farvi ingresso o per soggiornarvi, secondo la normativa vigente. Un cittadino straniero per poter fare ingresso regolarmente nel nostro Paese, deve soddisfare i seguenti requisiti:
- possesso di un passaporto o altro documento di viaggio equipollente in corso di validità;
- titolarità, nei casi in cui è richiesto, del visto di ingresso (rilasciato da Consolato italiano nel paese di origine);
- attraversamento di un valico di frontiera ufficiale.
Pertanto, se l’ingresso in Italia di un cittadino extra Ue non avviene attraverso i valichi di frontiera ufficiali, se entra nel territorio dello stato sottraendosi ai controlli di frontiera o si trattiene nel territorio dello Stato senza averne titolo, lo straniero si considera irregolare sul territorio nazionale e come tale è potenzialmente destinatario di decisione di rimpatrio.
Il concetto di decisione di rimpatrio è mutuato dalla direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (cosiddetta “direttiva rimpatri”) che definisce tutte le possibili diverse forme di provvedimenti espulsivi emanati dagli Stati membri, nei confronti dei cittadini di Paesi terzi. In senso ampio, dunque, l’allontanamento dal territorio nazionale costituisce il momento finale dell’effettiva esecuzione di una decisione di rimpatrio emanata da una delle Autorità competenti. Nell’ordinamento italiano, le decisioni di rimpatrio sono le seguenti:
- Respingimenti.
- Espulsioni.
- Allontanamenti dei cittadini comunitari.
- Decisione unica di diniego della protezione internazionale e contestuale obbligo di rimpatrio.
Tutte le decisioni di rimpatrio adottate dalle Autorità competenti, devono essere il frutto di una valutazione operata caso per caso che consideri la situazione concreta in cui versa lo straniero, la sua condizione personale e familiare, le circostanze di fatto esterne idonee a condizionarne la condotta sul piano istruttorio. Il provvedimento deve essere motivato ed è sempre ricorribile.
1.1 I respingimenti
I respingimenti sono previsti dall’art. 10 commi 1 e 2 del dlgs 286/98, Testo unico immigrazione (Tui), e a loro volta si distinguono in due tipologie:
Respingimento alla frontiera disposto dalla polizia di frontiera: è l’atto con il quale l’Autorità rimanda indietro gli stranieri che si presentano ai valichi di frontiera privi dei requisiti richiesti dal Tui per l’ingresso nel territorio dello Stato (art. 10, co. 1, Tui). L’esecuzione di questo tipo di provvedimento di respingimento è immediata, nel senso che il competente ufficio di polizia di frontiera – dopo il controllo al valico di frontiera, marittimo o aereo – rinvia lo straniero respinto nello Stato da cui proviene, impedendogli l’ingresso nel territorio dello Stato.
Respingimento (cosiddetto differito) disposto dal questore: si tratta di un respingimento differito nel tempo che può essere adottato quando lo straniero, entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera, è fermato all’ingresso o subito dopo ovvero quando lo straniero, pur essendo privo dei requisiti per l’ingresso, è stato temporaneamente ammesso nel territorio dello Stato per necessità di pubblico soccorso (art. 10, co. 2, Tui), o ancora quando lo straniero, anche a seguito di operazioni di ricerca e soccorso in mare, nel corso delle attività di sorveglianza delle frontiere esterne dell’Unione europea è condotto nelle zone di frontiera o di transito di cui all’art. 28 bis comma 4 del dlgs 25/2008. Queste sono fattispecie ricorrenti in caso di arrivi irregolari via mare, sia nel caso di sbarco diretto ed autonomo del migrante, sia nei casi derivanti da attività di salvataggio in mare (cosiddetta attività Sar), sia, infine, nelle ipotesi di intercetto realizzate nel corso di operazioni di prevenzione/repressione dell’immigrazione clandestina.
1.2 Le espulsioni
Le espulsioni sono i provvedimenti mediante i quali l’autorità amministrativa di pubblica sicurezza o l’autorità giudiziaria dispongono l’allontanamento dal territorio dello Stato degli stranieri che non hanno, o hanno perso, il diritto di soggiornarvi.
Le espulsioni sono disposte:
A) dall’autorità di pubblica sicurezza nei confronti di stranieri che siano in posizione di soggiorno irregolare o che siano ritenuti pericolosi per la sicurezza pubblica o per l’ordine pubblico o per la sicurezza dello Stato (provvedimenti amministrativi di espulsione: art. 13 Tui);
B) dall’autorità giudiziaria, in conseguenza di procedimenti penali.
1.2.1 Provvedimenti amministrativi di espulsione
Di seguito, si elencano le varie tipologie di espulsione amministrativa previste dal nostro ordinamento, diversificate sia in ragione delle motivazioni che ne legittimano l’adozione, sia in relazione all’Autorità sulla quale si radica la competenza all’emissione:
I PROVVEDIMENTI DI ESPULSIONE E ALLONTANAMENTO DISPOSTI DAL MINISTRO DELL’INTERNO
- per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato (art. 13 comma 1 Tui)
- per motivi di prevenzione del terrorismo (art. 3, L. 155/2005)
I provvedimenti di espulsione e di allontanamento dal territorio nazionale disposti dal ministro dell’Interno sono atti di alta amministrazione preordinati a neutralizzare la minaccia per la sicurezza dello Stato arrecata da soggetti indiziati di appartenere o di favorire organizzazioni terroristiche, eversive, di stampo mafioso, o che rappresentano un grave pericolo per l’ordine pubblico. Anche i provvedimenti disposti dal ministro seguono la distinzione tra espulsioni (disciplinate dal dlgs 286/98, cd. Testo unico sull’immigrazione) e allontanamenti (contemplati dal dlgs 30/2007) a seconda che i destinatari siano, rispettivamente, cittadini stranieri o cittadini comunitari (o loro familiari non aventi la cittadinanza comunitaria). I motivi per i quali il ministro dell’Interno può disporre un provvedimento di espulsione o di allontanamento sono pressoché sovrapponibili. Innanzitutto, un decreto di espulsione può essere disposto dal ministro per motivi di sicurezza dello Stato nei confronti delle persone individuate dall’art. 4, comma 1, del dlgs 159/2011 (Codice antimafia). I motivi di sicurezza dello Stato possono essere strettamente connessi all’esigenza di prevenzione del terrorismo. In tale ipotesi, l’art. 13 comma 1 Tui va applicato in combinato disposto con l’art. 1 del dl 144/2005 (Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale) che prevede che il ministro dell’Interno o il prefetto, su delega del primo, può disporre l’espulsione dello straniero appartenente ad una delle categorie di cui al richiamato articolo art. 4, comma 1, del dlgs 159/2011. Ancora, il ministro dell’Interno può adottare un provvedimento di espulsione per motivi di ordine pubblico, inteso quale “complesso dei beni giuridici fondamentali e degli interessi pubblici primari sui quali si regge l’ordinata e civile convivenza nella comunità nazionale”, secondo la definizione fornita dall’art. 159, comma 2, del dlgs 112/98. In considerazione delle finalità per le quali tale atto di alta amministrazione è preordinato, i destinatari dei provvedimenti possono anche essere titolari di un permesso di soggiorno e persino di un titolo Ue per soggiornanti di lungo periodo (art. 9 Tui); in quest’ultimo caso, troverà applicazione anche la previsione normativa di cui all’art. 9 comma 10 Tui, modificato di recente dal dl 133/2023 (convertito nella legge nr. 176/2023), in base al quale, nei confronti del titolare del permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo, l’espulsione può essere disposta per gravi motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato dal ministro dell’Interno. È importante precisare, inoltre, che i motivi di sicurezza dello Stato (e di prevenzione del terrorismo) e quelli di ordine pubblico possono coesistere, ben potendo un medesimo soggetto rappresentare, allo stesso tempo, un pericolo per la sicurezza dello Stato e per l’ordine pubblico. Analogamente a quanto sopra descritto, il provvedimento di allontanamento può essere disposto dal ministro dell’Interno nei confronti di un cittadino comunitario o dei suoi familiari non aventi cittadinanza comunitaria, per motivi di sicurezza dello Stato e di prevenzione del terrorismo (art. 20, commi 2 e 9, del dlgs 30/2007). Valgono, al riguardo, le considerazioni svolte innanzi per il decreto di espulsione. Inoltre, il ministro dell’Interno può adottare un decreto di allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza nei confronti dei beneficiari del diritto di soggiorno che hanno soggiornato nel territorio nazionale nei precedenti dieci anni (art. 20, commi 3, 7 e 9 del dlgs 30/2007). Gli atti in parola si caratterizzano per il loro contenuto altamente discrezionale. Ciononostante, essi devono essere adottati sulla base di un’adeguata motivazione e di una approfondita conoscenza della situazione di fatto, restando soggetti alla disciplina dei provvedimenti amministrativi e generalmente, al sindacato del giudice amministrativo (Tar del Lazio ed eventualmente Consiglio di Stato), tranne l’allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza che è invece sottoposto al vaglio del giudice ordinario (Tribunale – Sezione specializzata).Infine, essendo i provvedimenti di espulsione e di allontanamento atti di alta amministrazione, preordinati alla tutela della sicurezza dello Stato e della collettività, prima della loro adozione il ministro dell’Interno è tenuto a darne preventiva comunicazione al presidente del Consiglio dei ministri e al ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale.
LE ESPULSIONI DISPOSTE DAL PREFETTO
- per motivi di prevenzione del terrorismo, previa delega del ministro dell’Interno (cfr. supra – art. 3, L. 155/2005);
- per ingresso in condizione irregolare (art. 13 comma 2 lett a Tui);
- per soggiorno in condizione irregolare (art. 13 comma 2 lett b Tui);
- per motivi di pericolosità sociale (art. 13 comma 2 lett c Tui).
- Le espulsioni amministrative, disciplinate dal 2° comma dell’art. 13 Tui, sono adottate dal prefetto e si fondano sui seguenti presupposti:
- ingresso irregolare (art. 13 comma 2 lett a): l’espulsione viene emessa nei confronti di cittadino straniero che sia entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera e non sia stato respinto ai sensi dell’art. 10 Tui;
- soggiorno irregolare (art. 13 comma 2 lett b): l’espulsione è emessa nei confronti dello straniero che si è trattenuto nel territorio dello Stato senza averne titolo;
- pericolosità sociale (art. 13 comma 2 lett c): l’espulsione viene emessa nei confronti di stranieri che appartengano a taluna delle categorie indicate negli articoli 1, 4 e 16, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.
1.2.2 Espulsioni disposte dall’autorità giudiziaria
Anche l’autorità giudiziaria ha a sua disposizione un vasto catalogo di strumenti da utilizzare nei confronti del cittadino straniero che ha commesso reati nel corso della sua permanenza sul territorio italiano.
Espulsione a titolo di misura di sicurezza
La legge prevede alcune espulsioni, a titolo di misura di sicurezza personale che possono essere emesse dall’autorità giudiziaria nei confronti di cittadini stranieri, nel rispetto dei principi generali che disciplinano tali misure (art. 15 Tui). L’applicazione delle espulsioni a titolo di misura di sicurezza presuppone sempre l’accertamento della pericolosità sociale del reo da parte del giudice e pertanto l’espulsione non è mai conseguenza automatica della sentenza di condanna irrevocabile. Tutte le espulsioni a titolo di misura di sicurezza devono essere eseguite dal questore al termine dell’esecuzione della pena detentiva con accompagnamento alla frontiera che, ove non sia possibile nell’immediato, sarà eventualmente preceduto dal trattenimento in un Cpr.
Espulsione a titolo di sanzione sostitutiva della pena
L’espulsione a titolo di sanzione sostitutiva della detenzione (art. 16, commi 1,2,3,4, Tui) è facoltativa e può essere disposta dal giudice nei confronti dello straniero che non rientri tra le persone inespellibili previste nell’art. 19 Tui (art. 16 Tui), in due ipotesi distinte:
- a titolo di sanzione sostitutiva della pena detentiva non superiore a 2 anni dello straniero identificato e irregolarmente soggiornante, che dovrebbe perciò essere di per sé allontanato con provvedimento amministrativo di espulsione. L’espulsione è eseguita dal questore con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica (art. 13, co. 4, Tui) anche se la sentenza non è irrevocabile (perché è stata proposta impugnazione o non è inutilmente decorso il termine per impugnare).Il periodo di divieto di reingresso stabilito nella sentenza decorre dall’avvenuta esecuzione dell’espulsione con accompagnamento alla frontiera, ma, se lo straniero condannato a pena sostitutiva rientra illegalmente nel territorio dello Stato prima della scadenza di tale termine, la sanzione sostitutiva della detenzione è revocata dal giudice e riprende vigore la sanzione detentiva, la cui esecutività dipende dalla irrevocabilità della sentenza. Invece se lo straniero espulso non rientra nel territorio dello Stato prima della scadenza del periodo di divieto di rientro la pena sarà considerata interamente scontata.
L’espulsione a titolo di sanzione sostitutiva della pena pecuniaria si applica nei procedimenti penali avanti al giudice di pace per due tipi di reati:
- ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato (art. 10 bis, Tui)
- inosservanza, anche reiterata, – senza giustificato motivo - dell’ordine del questore (art. 14. co. ter e 5 quater, Tui).
Espulsione a titolo di misura alternativa alla detenzione
Il magistrato di sorveglianza dispone l’espulsione nei confronti dello straniero detenuto, a condizione che egli si trovi nelle seguenti situazioni (art. 16, co. 5, Tui):
- sia identificato;
- si trovi in una delle condizioni per cui, se non fosse detenuto, sarebbe espellibile dal Prefetto con provvedimento amministrativo di espulsione per ingresso o soggiorno irregolare o per pericolosità sociale (art. 13, co.2, lett. a, b, c, Tui). Dunque tale tipo di espulsione non si applica agli stranieri regolarmente soggiornanti;
- stia espiando una pena detentiva non superiore a due anni, anche se si tratta di parte residua di maggior pena;
- la condanna in esecuzione non sia stata inflitta per i delitti previsti dall’art. 407, co. 2, lett. a, cod. pen., né i delitti previsti dal Tui.
- In questi casi il magistrato di sorveglianza deve provvedere con decreto motivato, senza formalità, dopo avere acquisito le informazioni dagli organi di polizia sull’identità e nazionalità dello straniero. Tale decreto è comunicato allo straniero che entro il termine perentorio di dieci giorni può proporre opposizione al tribunale di sorveglianza, che decide entro il termine (ordinatorio) di venti giorni in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del difensore.
L’esecuzione del decreto resta sospesa fino alla decorrenza dei termini per l’impugnazione o della decisione del tribunale di sorveglianza e comunque lo stato di detenzione permane – anche dopo l’esecutività del decreto – fino a che l’Ufficio Immigrazione competente non abbia acquisito i necessari documenti per il viaggio, il che comporta che possa trascorrere molto tempo dalla data di emissione del decreto e la materiale esecuzione dell’espulsione che avviene a cura del questore competente in relazione al luogo di detenzione, con le modalità dell’accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, al fine di evitare elusioni del provvedimento.
La pena è estinta decorso il termine di dieci anni dall’esecuzione della misura, se nel frattempo lo straniero non sia rientrato illegalmente nel territorio dello Stato: in tal caso riprende l’esecuzione della pena in stato di detenzione.
1.3 Gli allontanamenti dei cittadini comunitari
La disciplina dell’allontanamento dal territorio nazionale è prevista dal dlgs. 30/2007, in attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.
I destinatari dei provvedimenti di allontanamento sono contemplati dagli artt. 2 e 3 del medesimo decreto legislativo e sono individuati nel coniuge del cittadino dell’Unione europea (qualsiasi persona avente la cittadinanza di uno Stato membro), nel partner che abbia un’unione civile registrata con il medesimo, nei discendenti diretti o a carico del coniuge o del partner di età inferiore a 21 anni nonché negli ascendenti diretti o a carico dello stesso coniuge o del partner.
Alle categorie sopra elencate va altresì aggiunto ogni altro familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, se è a carico o convive, nel Paese di provenienza, con il cittadino dell’Unione europea o se gravi motivi di salute impongono che il cittadino dell’Unione lo assista personalmente, e il partner con cui il medesimo cittadino dell’Unione abbia una relazione stabile debitamente attestata.
In ordine ai motivi che possono determinare l’adozione di un provvedimento di allontanamento, va osservato che essendo il diritto alla libera circolazione delle persone uno dei pilastri su cui si fonda l’Unione europea, la sua limitazione può essere disposta solo in casi particolari e cioè quando vengano a mancare le condizioni che determinano il diritto di soggiorno (ossia quando l’interessato non possa autosostenersi e rappresenti un onere eccessivo per i servizi di assistenza sociale) o, naturalmente, quando la persona da allontanare rappresenti un pericolo per la sicurezza dello Stato, vi siano motivi imperativi di pubblica sicurezza o, ancora, sussistano esigenze di tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica.
Il prefetto adotta il provvedimento di allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza (nei confronti dei beneficiari del diritto di soggiorno che abbiano regolarmente soggiornato per un periodo inferiore a dieci anni), per motivi di ordine e sicurezza pubblica, così come quello per mancanza delle condizioni che regolano il soggiorno.
Il provvedimento di allontanamento per motivi di sicurezza dello Stato e quello per motivi imperativi di pubblica sicurezza nei confronti dei beneficiari del diritto di soggiorno che hanno soggiornato nel territorio nazionale nei precedenti dieci anni, invece, come visto in precedenza, sono disposti dal ministro dell’Interno.
Va osservato che il provvedimento di allontanamento deve indicare il termine per lasciare il territorio nazionale che non può essere inferiore ad un mese dalla data della notifica, anche se, nei casi di comprovata urgenza, può essere ridotto a dieci giorni. Tuttavia, laddove esso sia stato disposto per motivi di sicurezza dello Stato, per motivi imperativi di pubblica sicurezza o per altri motivi di ordine e sicurezza pubblica, può essere eseguito immediatamente dal questore qualora si ravvisi, caso per caso, l’urgenza dell’allontanamento perché l’ulteriore permanenza sul territorio dell’interessato è incompatibile con la civile e sicura convivenza.
1.4 Le differenze tra espulsioni e allontanamenti
Le differenze tra i provvedimenti di espulsione e quelli di allontanamento riguardano 3 aspetti salienti:
- Provvedimenti normativi di riferimento: il decreto legislativo 286/98 (Testo unico sull’immigrazione) disciplina le espulsioni, mentre il decreto legislativo 30/2007 disciplina gli allontanamenti. Di conseguenza, sono diversi i potenziali destinatari delle due decisioni di rimpatrio: i cittadini stranieri (o cittadini di Paesi terzi) possono essere espulsi, i cittadini comunitari e i loro familiari non aventi cittadinanza comunitaria possono essere allontanati.
- Diversa disciplina del termine di divieto di reingresso: imposto dai due tipi di provvedimento e dall’eventuale violazione dello stesso termine. Il destinatario di un decreto di espulsione, infatti, non può fare reingresso nel territorio dello Stato e nell’area Schengen per un periodo non inferiore a tre anni e non superiore a cinque anni, senza una speciale autorizzazione del ministro dell’Interno. Inoltre, nel caso in cui il cittadino straniero sia stato espulso con provvedimento del ministro dell’Interno o dal prefetto per motivi di pericolosità sociale, può essere previsto un termine superiore a cinque anni, la cui durata è determinata tenendo conto di tutte le circostanze pertinenti il singolo caso (la norma non fissa un termine massimo). In caso di violazione del divieto di reingresso, lo straniero è tratto in arresto anche fuori flagranza di reato ed è punito con la reclusione da uno a quattro anni per poi venire nuovamente espulso con accompagnamento immediato alla frontiera. Al destinatario di un provvedimento di allontanamento, invece, è applicato un divieto di reingresso nel solo territorio nazionale che non può essere superiore a dieci anni nei casi di allontanamento per i motivi di sicurezza dello Stato (disposto dal ministro dell’Interno) e a cinque anni negli altri casi. Inoltre, il destinatario dell’allontanamento può presentare domanda di revoca del divieto di reingresso dopo che, dall’esecuzione del provvedimento, sia decorsa almeno la metà della durata del divieto e, in ogni caso, tre anni. Qualora il divieto di reingresso venga violato, il trasgressore è punito con la reclusione fino a due anni (non fino a quattro), nell’ipotesi di allontanamento per motivi di sicurezza dello Stato, ovvero fino ad un anno, nelle altre ipotesi. Il giudice può sostituire la pena della reclusione con la misura dell’allontanamento immediato con divieto di reingresso nel territorio nazionale, per un periodo da cinque a dieci anni. L’allontanamento è immediatamente eseguito dal questore, anche se la sentenza non è definitiva.
- Diversa autorità giudiziaria competente: in sede di convalida del provvedimento del questore che esegue l’espulsione o l’allontanamento, nonché in sede di eventuale ricorso presentato dal destinatario del provvedimento. Se infatti il provvedimento con cui il questore esegue un decreto di espulsione deve essere sottoposto alla convalida del giudice di pace competente per territorio, il provvedimento questorile che esegue un allontanamento è sottoposto al vaglio del tribunale ordinario – Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea (da ora in avanti Tribunale – Sezione specializzata). Analogamente, sul ricorso avverso l’espulsione disposta dal prefetto è competente il giudice di pace del luogo in cui ha sede l’autorità che ha disposto il provvedimento. Il ricorso va presentato entro venti giorni dalla data di notifica (quaranta giorni se il ricorrente risiede all’estero). Per il ricorso avverso il provvedimento di allontanamento è invece competente il Tribunale – Sezione specializzata. Il ricorso deve essere presentato entro quindici giorni dalla notifica del provvedimento (trenta giorni se il ricorrente risiede all’estero). Le impugnazioni dei provvedimenti disposti dal ministro seguono invece un altro regime giuridico.
1.5 I divieti di espulsione
Nel nostro ordinamento i divieti di espulsione sono contemplati dall’art. 19 Tui che, al primo comma, specifica che in nessun caso (divieti inderogabili) può disporsi l’espulsione o il respingimento di uno straniero verso uno Stato in cui possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di orientamento sessuale, di identità di genere, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione. Si tratta di una ulteriore attuazione nel nostro ordinamento del principio di non-refoulement. Non sono inoltre ammessi il respingimento o l’espulsione o l’estradizione di una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura o a trattamenti inumani o degradanti.
La normativa vigente prevede, inoltre, dei divieti che possono essere derogati, anche se tali deroghe sono applicabili esclusivamente allorquando i motivi che determinano l’adozione del provvedimento siano quelli di sicurezza dello Stato o di ordine pubblico. In tal caso, a mente dell’art. 19 comma 2 Tui, è fatta salva la possibilità di adottare il provvedimento da parte del ministro dell’Interno ai sensi dell’art. 13 comma 1 Tui, come sopra meglio descritto in dettaglio, nei confronti:
- degli stranieri minori di anni diciotto, salvo il diritto a seguire il genitore o l’affidatario espulsi ovvero qualora siano ritenuti, con provvedimento adottato dal tribunale per i minorenni su richiesta del questore, pericolosi per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato;
- degli stranieri in possesso della carta di soggiorno, salvo che siano ritenute persone socialmente pericolose;
- degli stranieri conviventi con parenti entro il secondo grado o con il coniuge, di nazionalità italiana;
- delle donne in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio cui provvedono;
- degli stranieri che versano in condizioni di salute derivanti da patologie di particolare gravità, non adeguatamente curabili nel Paese di origine, accertate mediante idonea documentazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale, tali da determinare un rilevante pregiudizio alla salute degli stessi, in caso di rientro nel Paese di origine o di provenienza.
Va precisato che il respingimento o l’esecuzione dell’espulsione di persone affette da disabilità, degli anziani, dei minori, dei componenti di famiglie monoparentali con figli minori nonché dei minori, ovvero delle vittime di gravi violenze psicologiche, fisiche o sessuali sono effettuate con modalità compatibili con le singole situazioni personali, debitamente accertate.
2. L’esecuzione delle decisioni di rimpatrio
L’esecuzione delle decisioni di rimpatrio è la fase operativa dell’intero iter di allontanamento che può trovare compimento attraverso differenti modalità. Di seguito se ne descrivono le caratteristiche e gli aspetti procedurali principali.
2.1 L’accompagnamento alla frontiera
Si tratta della principale modalità di esecuzione di quasi tutti i tipi di provvedimenti di espulsione ed è disposta dal questore con apposito provvedimento che ordina l’esecuzione tramite la forza pubblica (art. 13, co. 4, Tui), previa convalida da parte del giudice di pace. Il vaglio da parte dell’autorità giudiziaria risulta fondamentale, atteso che il rimpatrio comporta la limitazione della libertà personale dello straniero ed è volto a verificare la sussistenza, nel caso concreto, dei presupposti formali e sostanziali dell’accompagnamento alla frontiera.
Il disposto normativo prevede che l’espulsione sia eseguita mediante l’accompagnamento in frontiera nelle seguenti ipotesi:
- espulsioni del ministro dell’Interno e quelle emesse nei confronti di soggetti pericolosi socialmente;
- quando sussiste il rischio di fuga dello straniero;
- quando la domanda di permesso di soggiorno è stata respinta in quanto manifestamente infondata o fraudolenta;
- qualora, in assenza di giustificato motivo lo straniero non abbia osservato il termine per la partenza volontaria;
- quando lo straniero abbia violato una delle misure associate alla concessione di un termine per la partenza volontaria o le misure alternative al trattenimento;
- nelle ipotesi di espulsione emessa dall’autorità giudiziaria;
- quando lo straniero non richiede un termine per la partenza volontaria.
In ossequio alla scansione procedurale prevista dalla normativa vigente, il questore comunica il provvedimento con il quale è disposto l’accompagnamento in frontiera al giudice di pace territorialmente competente immediatamente, e comunque entro 48 ore dalla sua adozione. L’esecuzione del provvedimento resta sospesa fino alla pronuncia della convalida. L’udienza di convalida si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria di un difensore. Il giudice provvede alla convalida entro le 48 ore successive con decreto motivato, ricorribile in Cassazione. Il relativo ricorso non sospende l’esecuzione dell’allontanamento dal territorio nazionale.
L’accompagnamento alla frontiera non sempre è di facile attuazione pratica, in quanto possono insorgere ostacoli alla sua esecuzione, tra i quali la necessità di procedere al soccorso dello straniero, di effettuare accertamenti sulla sua nazionalità e identità, di acquisire i documenti per il viaggio e di reperire un idoneo vettore. Per fare fronte a queste cause impeditive – che si configurano come incidenti di percorso nell’esecuzione materiale dell’accompagnamento in frontiera – il legislatore ha previsto due provvedimenti alternativi all’accompagnamento coercitivo alla frontiera, applicabili sia alle espulsioni, sia ai respingimenti differiti, che sono il trattenimento e le misure alternative al trattenimento.
2.2 Il trattenimento amministrativo presso un Cpr
Si tratta di un istituto introdotto nell’ordinamento giuridico al fine di consentire l’effettivo allontanamento dal territorio nazionale del cittadino straniero colpito da una decisione di rimpatrio (espulsione o respingimento) che non possa essere accompagnato immediatamente in frontiera per la presenza di situazioni transitorie che ne ostacolano il rientro nel proprio Paese di origine o in altro Paese in cui ha diritto di soggiornare. La normativa di riferimento è contenuta nell’art. 14 del dlgs n. 286/1998 (Testo unico immigrazione) a norma del quale, configurandosi le condizioni sopra descritte, il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso un Centro di permanenza per i rimpatri presente sul territorio nazionale.
I centri di trattenimento amministrativo – introdotti per la prima volta nel nostro Paese dalla legge n.40/1998 (detta “legge Turco Napolitano”) che ha istituito la figura del “Centro di permanenza temporanea” per tutti gli stranieri “sottoposti a provvedimenti di espulsione e/o di respingimento con accompagnamento coattivo alla frontiera non immediatamente eseguibile” – hanno visto, nel corso del tempo, un cambio di denominazione con le novelle normative che hanno modificato il Tui, sino a quella attuale di “Centro di permanenza per i rimpatri”(Cpr). In Italia, attualmente, ne sono presenti 10, alcuni in fase di completa ristrutturazione .
In merito alle motivazioni per cui il questore può disporre il trattenimento dello straniero in un Cpr, la normativa prescrive che debba ricorrere una delle seguenti necessità:
- procedere al soccorso dello straniero;
- espletare accertamenti supplitivi in ordine alla sua identità o alla sua nazionalità;
- acquisire i documenti per il viaggio;
- superare l’indisponibilità del vettore o di un altro mezzo di trasporto idoneo;
- acquisire il nulla osta dell’autorità giudiziaria in caso di straniero sottoposto a procedimento penale.
- Queste condizioni sono di per se stesse necessarie ma non sufficienti affinché possa essere disposto il trattenimento. L’art. 14 co. 1, ultima parte, giustifica tale misura limitativa della libertà personale qualora sussista un rischio di fuga.
- A norma dell’art. 13 comma 4 bis Tui, il rischio di fuga è riscontrabile se lo straniero:
- non possiede il passaporto o alto documento equipollente in corso di validità;
- non è in possesso di idonea documentazione che dimostri la disponibilità di un alloggio nel quale possa essere rintracciato;
- ha in precedenza dichiarato o attestato false generalità;
- ha violato il divieto di reingresso;
- non ha rispettato gli obblighi imposti dal questore in correlazione alla concessione di un termine per la partenza volontaria o in luogo del trattenimento.
Integra pericolo di fuga, ai fini del trattenimento, anche il rifiuto reiterato dello straniero, rintracciato in occasione dell’attraversamento irregolare della frontiera interna o esterna, ovvero giunto nel territorio nazionale a seguito di operazioni di salvataggio in mare, o che comunque sia stato rintracciato in condizioni di irregolarità, di sottoporsi ai rilievi fotodattiloscopici (art. 10 ter c. 3 Tui). In quest’ultima ipotesi, il trattenimento è disposto caso per caso e conserva la sua efficacia per una durata massima di 30 giorni dalla sua adozione, salvo che non cessino prima le esigenze per le quali è stato disposto.
Il trattenimento è un provvedimento amministrativo che incide sulla libertà personale, pertanto, non solo deve essere disposto dal questore con decreto motivato per il tempo strettamente necessario al superamento della difficoltà transitoria che ne ha reso necessaria la sua adozione, ma deve essere altresì sottoposto al vaglio dell’autorità giudiziaria entro 48 ore. Il giudice entro le 48 ore successive provvede alla convalida del trattenimento con decreto motivato, verificata l’osservanza dei termini e la sussistenza dei requisiti di legge. Se i termini non vengono rispettati o il provvedimento non è convalidato, quest’ultimo cessa di avere efficacia e il cittadino straniero trattenuto deve essere immediatamente liberato. L’udienza per la convalida si svolge in camera di consiglio, con le garanzie del contraddittorio. Lo straniero ha il diritto di essere rappresentato da un difensore di fiducia, è ammesso al gratuito patrocinio e, se privo di un difensore di fiducia è difeso da un avvocato d’ufficio. Se è necessario è assistito da un interprete.
L’art. 20 del decreto legge n. 124/2023, convertito con modificazioni dalla legge n. 162/2023, ha elevato i termini di durata massima del trattenimento a 18 mesi. Il trattenimento deve terminare anche prima della scadenza del termine fissato nel decreto che lo dispone o lo proroga, allorché appaia evidente che non vi è più alcuna prospettiva ragionevole che l’allontanamento possa essere eseguito e che lo straniero possa essere riaccolto dallo Stato di origine o di provenienza.
Con il decreto legge 21 ottobre 2020, n. 130, è stato normativamente sancito quanto già di norma realizzato dalla Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere – Servizio immigrazione, nella assegnazione dei posti disponibili nei vari Cpr, ovvero che il trattenimento dello straniero di cui non è possibile eseguire con immediatezza l’espulsione o il respingimento alla frontiera è disposto con priorità per coloro che siano considerati una minaccia per l’ordine e la sicurezza pubblica o che siano stati condannati, anche con sentenza non definitiva, per i gravi reati o che siano cittadini di Paesi terzi con i quali sono vigenti accordi di cooperazione o altre intese in materia di rimpatrio, o che provengano da essi (art. 14, comma 1.1 Tui). Per essere ammesso all’interno del centro di trattenimento lo straniero deve essere in possesso di una certificazione sanitaria, rilasciata da un medico del servizio sanitario nazionale, di idoneità alla vita in comunità ristretta, ai sensi dell’art. 3 della direttiva del ministro dell’Interno del 19 maggio 2022. La gestione dei Cpr è affidata alle prefetture territorialmente competenti, che provvedono ad individuare, tramite procedure di gara ad evidenza pubblica, l’Ente esterno a cui affidare i relativi servizi volti al mantenimento adeguato degli stranieri trattenuti, alla fornitura dell’assistenza sanitaria essenziale, a favorire gli interventi di socializzazione e la libertà di culto, nei limiti previsti dalla Costituzione.
Il questore ha, invece, il compito di adottare le misure occorrenti per garantire la sicurezza e l’ordine pubblico nel centro, nonché per impedire l’indebito allontanamento delle persone trattenute e per ripristinare la misura nel caso che questa venga violata.
Le strutture di trattenimento dei migranti, come tutte quelle dove si realizza una limitazione della libertà personale, sono soggette al controllo di un organo terzo, ossia il Garante nazionale delle persone detenute o private della libertà personale, istituito presso la Presidenza della Repubblica, il quale ha il potere di accedere ai Centri anche senza preavviso per controllare il rispetto dei diritti essenziali dei trattenuti e formulare pareri e raccomandazioni.
2.2.1 ALTRE IPOTESI DI TRATTENIMENTO AMMINISTRATIVO
L’ordinamento giuridico italiano, oltre al trattenimento dello straniero colpito da un provvedimento di espulsione o di respingimento (art. 14 dlgs n. 286/1998), prevede altre ipotesi di trattenimento amministrativo introdotte in tempi successivi:
TRATTENIMENTO DEL RICHIEDENTE ASILO
L’art. 6 del dlgs n. 142/2015 prevede che possa essere trattenuto in un Centro di permanenza per i rimpatri (Cpr) anche lo straniero richiedente asilo; tuttavia, il provvedimento non può essere disposto al solo fine di esaminare la domanda. Esso è soggetto a discipline differenti a seconda che il richiedente asilo sia libero o sia già trattenuto in funzione del rimpatrio o sia disposto al fine di accertare l’identità e la cittadinanza. Se lo straniero che presenta domanda di asilo si trova in stato di libertà, il trattenimento può essere disposto solo nelle ipotesi tassative previste dalla legge:
- qualora il soggetto sia sospettato di aver commesso un crimine contro la pace, un crimine di guerra o contro l’umanità, ovvero un crimine grave di diritto comune prima di essere ammesso come rifugiato;
- quando lo straniero si trova nelle condizioni per l’espulsione per motivi di ordine pubblico o sicurezza dello Stato, o per motivi di pericolosità sociale, o per motivi di prevenzione del terrorismo, anche internazionale;
- se lo straniero costituisce un pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica, per valutare il quale si tiene conto di condanne per reati che precludono l’ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato;
- qualora sia necessario determinare gli elementi su cui si basa la domanda di protezione internazionale che non potrebbero essere acquisiti senza il trattenimento e sussiste il rischio di fuga del richiedente (art. 6 comma 2, lett. d, dlgs 142/2015). Il rischio di fuga deve essere valutato caso per caso.
Altra ipotesi di trattenimento riguarda lo straniero richiedente asilo che sia già trattenuto al momento di presentazione della domanda e vi è il fondato motivo di ritenere che la stessa sia stata inoltrata per ritardare o impedire l’espulsione o il respingimento. In questo caso lo straniero rimane trattenuto ma, cambia il titolo del trattenimento. Il provvedimento di trattenimento del richiedente asilo, analogamente a quanto previsto per il trattenimento ex art. 14 Testo unico immigrazione (Tui), deve essere sottoposto al vaglio dell’Autorità giudiziaria, che in questo caso e fino all’entrata in vigore della legge 9 dicembre 2024 n. 187, è il Tribunale ordinario sede della sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea. I termini per l’invio degli atti all’Autorità giudiziaria e per la successiva convalida sono sempre fissati in 48 ore più 48 ore. In caso di richiedente già trattenuto in un Cpr, con la convalida del provvedimento ex art. 6 dlgs 142/2015 inizia a decorrere un nuovo termine, con la sospensione dei termini dell’originario trattenimento fino alla definizione della procedura di asilo (art. 6 comma 5, ultimo periodo, dlgs 142/2015). Se la Commissione territoriale adotta una decisione di diniego della protezione internazionale e lo straniero non la impugna, riprendono a decorrere i termini sospesi del primo trattenimento o, se non vi era stato un precedente decreto di trattenimento, ne viene adottato uno nuovo in funzione dell’allontanamento ex art. 14 Tui. Qualora lo straniero proponga ricorso avverso il diniego della protezione internazionale è previsto che la detenzione amministrativa continui fino all’adozione del provvedimento di sospensione dell’efficacia esecutiva del diniego, ovvero fino alla decisione del Tribunale. La durata massima del trattenimento del richiedente asilo è fissata in 12 mesi. In ogni caso nei confronti del richiedente trattenuto che chieda di essere rimpatriato nel paese di origine o di provenienza è immediatamente adottato o eseguito il provvedimento di espulsione con accompagnamento immediato in frontiera. La richiesta di rimpatrio equivale al ritiro della domanda di protezione internazionale (art. 6, comma 9, dlgs n. 142/2015).
Il dl. n. 113/2018, convertito con modificazioni dalla l. n. 132/2018, ha introdotto un’ulteriore fattispecie, relativa al trattenimento del richiedente asilo a fini identificativi. In questa ipotesi il trattenimento è disposto per il tempo strettamente necessario e comunque non superiore a 30 giorni, in appositi locali presso i punti di crisi (hot-spot) per la determinazione o verifica dell’identità o della cittadinanza, anche mediante il ricorso alle operazioni di rilevamento foto-dattiloscopico e la verifica delle banche dati. Ove non sia stato possibile determinare o verificare l’identità o la cittadinanza, il richiedente può essere trattenuto nei Cpr per un periodo massimo di 90 giorni, prorogabili per altri 30 giorni qualora lo straniero sia cittadino di un Paese con cui l’Italia ha sottoscritto accordi in materia di rimpatri.
TRATTENIMENTO DEL RICHIEDENTE ASILO SOTTOPOSTO ALLA PROCEDURA DUBLINO
L’art. 28.2 del Regolamento Dublino prevede la possibilità che gli Stati membri dispongano il trattenimento del richiedente protezione internazionale, per il quale sussiste un notevole rischio di fuga, al fine di assicurare il suo trasferimento presso lo Stato che ha accettato la presa in carico o la ripresa in carico dello stesso all’esito della procedura Dublino. Il trattenimento può essere disposto sulla base di una valutazione caso per caso e solo se la misura risulta proporzionata, in quanto non possono essere applicate efficacemente altre misure meno coercitive. Conformemente a quanto prescritto dal suddetto articolo, la legge di conversione del c.d. decreto Cutro, la n. 50 del 2023, ha novellato il dlgs n. 142/2015 introducendo il nuovo art. 6 ter, che prevede la possibilità di trattenere il richiedente asilo sottoposto alla procedura Dublino al quale sia stato notificato il provvedimento di trasferimento verso lo Stato membro competente a decidere sulla domanda di protezione internazionale.
Il richiedente potrà essere trattenuto qualora sussista un notevole rischio di fuga, desunto dalla circostanza che lo stesso si sia sottratto a un primo tentativo di trasferimento, ovvero in presenza di almeno due delle seguenti circostanze:
- mancanza di un documento di viaggio;
- mancanza di un indirizzo affidabile;
- inadempimento dell’obbligo di presentarsi alle autorità competenti;
- mancanza di risorse finanziarie;
- ricorso sistematico a dichiarazioni o attestazioni false sulle proprie generalità anche al solo fine di evitare l’adozione o l’esecuzione di un provvedimento di espulsione.
Il trattenimento è effettuato per il tempo strettamente necessario per l’esecuzione del trasferimento e comunque non può superare un periodo complessivo di sei settimane che il giudice, su richiesta del questore e in presenza di gravi difficoltà relative all’esecuzione del trasferimento, può prorogare per ulteriori 30 giorni, fino a un termine massimo di ulteriori sei settimane. Anche prima di tale termine, il questore esegue il trasferimento dandone comunicazione senza ritardo al giudice. Si applica, in quanto compatibile, la procedura di convalida del trattenimento di cui all’articolo 6, comma 5, del dlgs 142/2015.
TRATTENIMENTO DURANTE LA PROCEDURA DI FRONTIERA
La legge n. 50/2023 ha introdotto una nuova ipotesi di trattenimento disciplinata dall’art. 6 bis del dlgs 142/2015, il quale stabilisce che il richiedente asilo può essere trattenuto durante lo svolgimento della procedura di frontiera di cui all’art. 28 bis c.2 lett. b e b-bis al solo scopo di accertare il diritto ad entrare nel territorio dello Stato nelle ipotesi di:
- domanda di protezione internazionale presentata direttamente alla frontiera o nelle zone di transito dopo essere stato fermato per avere eluso o tentato di eludere i relativi controlli;
- domanda di protezione internazionale presentata direttamente alla frontiera o nelle zone di transito da un richiedente proveniente da un Paese designato di origine sicuro ai sensi dell’art. 2 bis.
In questi casi, se non ricorrono le ipotesi di cui all’art. 6 comma 2 e 3 bis (in cui si applica il trattenimento previsto dallo stesso art. 6) e nel rispetto dei criteri definiti all’articolo 14, comma 1.1, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, il richiedente può essere trattenuto durante lo svolgimento della procedura accelerata di frontiera di cui all’articolo 28 bis dlgs n. 25/2008 e fino alla decisione dell’istanza di sospensione di cui all’articolo 35-bis , comma 4, del medesimo decreto legislativo n. 25 del 2008, al solo scopo di accertare il diritto ad entrare nel territorio dello Stato.
Il trattenimento può essere disposto a condizione che il richiedente non abbia consegnato il passaporto o altro documento equipollente in corso di validità, ovvero non presti idonea garanzia finanziaria.
In alternativa al trattenimento, durante lo svolgimento della procedura di frontiera lo straniero ha quindi una doppia possibilità:
- consegnare il passaporto o altro documento equipollente in corso di validità;
- prestare idonea garanzia finanziaria.
Queste due condizioni costituiscono misure alternative al trattenimento, in conformità a quanto prescritto dalla legislazione unionale, che impone agli Stati membri di ricorrere al trattenimento solo se non è possibile utilizzare altre misure meno afflittive e per il tempo strettamente necessario (principio di necessità e di proporzionalità). Allo straniero è dato immediato avviso delle sue facoltà.
Il trattenimento, infatti, nei casi di cui all’art. 6 bis non può protrarsi oltre il tempo strettamente necessario per lo svolgimento della procedura in frontiera prevista dall’articolo 28 bis del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25.
La convalida comporta il trattenimento nel centro per un periodo massimo, non prorogabile, di quattro settimane.
Il richiedente è trattenuto in appositi locali presso le strutture di cui all’articolo 10 ter, comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (punti di crisi) ovvero, in caso di arrivi consistenti e ravvicinati, nei centri di cui all’articolo 14 del medesimo decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Cpr) situati in prossimità della frontiera o della zona di transito, per il tempo strettamente necessario all’accertamento del diritto ad entrare nel territorio dello Stato. Si applica in quanto compatibile l’articolo 6, comma 5 del dlgs n. 142/2015, per cui il provvedimento è adottato per iscritto in una lingua a lui comprensibile e deve essere motivato. Il questore entro 48 ore dall’adozione del provvedimento di trattenimento invia gli atti per la convalida al Tribunale sede della sezione specializzata in materia di immigrazione protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione, che decide entro le successive 48 ore. La partecipazione del richiedente all’udienza per la convalida avviene, ove possibile, a distanza mediante collegamento audiovisivo tra l’aula d’udienza e il centro.
La Suprema Corte di Cassazione, sezioni unite civili, in data 30 gennaio 2024, con ordinanza interlocutoria, sul ricorso presentato dalla questura di Ragusa e dal ministero dell’Interno avverso il decreto del Tribunale di Catania del 29.09.2023 – con il quale non veniva convalidato il provvedimento di trattenimento ai sensi dell’art. 6 bis del dlgs n. 142/2015 emesso dal questore di Ragusa nei confronti di un richiedente asilo entrato nel territorio dello Stato dalla frontiera di Lampedusa in data 20.09.2023 – ha sollevato questione pregiudiziale alla Corte di giustizia europea.
La questione prospettata attiene al rapporto tra la valutazione caso per caso – che si richiede sia espressa in motivazione da parte dell’autorità amministrativa per il trattenimento alla frontiera onde stabilirne la necessità, la ragionevolezza e la proporzionalità a fronte della effettiva impraticabilità di misure alternative – e la prestazione della garanzia finanziaria, che, per come disciplinata dal diritto interno, non appare sintonica con il fine perseguito. Al riguardo, è stato recentemente emanato il decreto del ministero dell’Interno 10 maggio 2024 in G.U. nr. 142 del 19/06/2024 recante “indicazione dell’importo e delle modalità di prestazione della garanzia finanziaria a carico dello straniero durante lo svolgimento della procedura per l’accertamento del diritto di accedere al territorio dello Stato e contestuale abrogazione del decreto 14 settembre 2023”. Tale atto normativo prevede che l’importo della garanzia finanziaria sia determinato dal questore competente per l’adozione del provvedimento di trattenimento, in misura compresa tra 2.500 e 5.000 euro, con valutazione compiuta caso per caso e tenuto conto della situazione individuale dello straniero. Ai fini della determinazione dell’importo della garanzia il questore valuta, in particolare, il grado di collaborazione fornita dallo straniero nelle procedure di identificazione, desumibile dalla documentazione, anche di natura elettronica, esibita ovvero dalle dichiarazioni rese dal medesimo. La garanzia è prestata mediante fideiussione bancaria o polizza fideiussoria, in favore del prefetto del luogo in cui le stesse sono stipulate, entro sette giorni lavorativi decorrenti dalla comunicazione dell’importo determinato dal questore. In ogni caso, la garanzia non può essere prestata dopo la decisione della Commissione territoriale adottata ai sensi dell’art. 28 bis, comma 2, del decreto legislativo n. 25 del 2008. La garanzia finanziaria è prestata per un periodo di ventotto giorni, anche da parenti dello straniero in linea retta o collaterale entro il terzo grado, regolarmente soggiornanti in Italia o in altro Stato dell’Unione europea. Nelle more del perfezionamento della procedura per la prestazione della garanzia lo straniero può essere trattenuto ai sensi dell’ art. 6 bis del dlgs 142/2015.
2.3 LE MISURE ALTERNATIVE AL TRATTENIMENTO
Come già evidenziato, il trattenimento nei Cpr, incidendo sulla libertà personale dell’individuo, deve essere adottato come extrema ratio, allorché le altre misure meno afflittive previste dall’ordinamento non consentano l’effettiva esecuzione della decisione di rimpatrio.
A tal fine, qualora sussistano ostacoli all’esecuzione immediata dell’espulsione con accompagnamento in frontiera, il questore dovrà prima verificare la possibilità di applicare una o più delle misure alternative previste dall’art. 14, comma 1 bis, a mente del quale, nei casi in cui lo straniero sia in possesso di un passaporto in corso di validità e l’espulsione non sia stata disposta per pericolosità sociale, in luogo del trattenimento, il questore può disporre una o più delle seguenti misure:
- consegna del passaporto o altro documento equipollente in corso di validità, da restituire al momento della partenza;
- obbligo di dimora in un luogo preventivamente determinato dove possa essere agevolmente rintracciato;
- obbligo di presentazione, in giorni ed orari stabiliti, presso un ufficio della forza pubblica territorialmente competente.
Le misure sono adottate con provvedimento motivato, che deve essere comunicato entro 48 ore al giudice di pace il quale, nelle 48 ore successive, provvede a convalidarlo o meno con decreto motivato.
Il provvedimento ha effetto dalla notifica all’interessato, che ha facoltà di presentare personalmente o a mezzo di difensore memorie o deduzioni al giudice della convalida.
Le misure su istanza di parte possono essere revocate o modificate dall’autorità giudiziaria e in caso di inottemperanza ad una delle misure lo straniero incorre in una contravvenzione e può essere trattenuto in un Cpr, configurandosi il rischio di fuga.
2.4 LA PERMANENZA NEI LUOGHI IDONEI
Il dl. n. 113/2018, convertito con modificazioni nella l. n. 132/2018, ha introdotto all’art. 13 comma 5 bis Tui la possibilità per il giudice di pace di “autorizzare la temporanea permanenza dello straniero, sino alla definizione del procedimento di convalida in strutture diverse e idonee nella disponibilità dell’Autorità di pubblica sicurezza”, qualora non vi sia disponibilità di posti in un Cpr ubicato nel circondario del Tribunale di competenza.
La norma fornisce copertura normativa ad una particolare ipotesi di limitazione della libertà personale, consentendo – per un limitato periodo di tempo (48 ore) – il trattenimento presso gli uffici di polizia dello straniero che sia in condizione di essere immediatamente rimpatriato. Infatti, il dettato normativo prevede che: “in attesa della definizione del procedimento di convalida del provvedimento di accompagnamento immediato alla frontiera, lo straniero espulso è trattenuto in uno dei centri di permanenza per i rimpatri, salvo che il procedimento possa essere definito nel luogo in cui è stato adottato il provvedimento di allontanamento anche prima del trasferimento in uno dei centri disponibili, ovvero salvo nel caso in cui non vi sia disponibilità nei centri ubicati nel circondario del Tribunale competente. In tale ultima ipotesi il giudice di pace, su richiesta del questore, con il decreto di fissazione dell’udienza di convalida, può autorizzare la temporanea permanenza dello straniero, sino alla definizione del procedimento di convalida, in strutture diverse e idonee nella disponibilità dell’Autorità di pubblica sicurezza.”
Qualora le condizioni sopra descritte permangano anche dopo l’udienza di convalida, il giudice può autorizzare la permanenza, in locali idonei presso l’ufficio di frontiera interessato, sino all’esecuzione dell’effettivo allontanamento e comunque non oltre le quarantotto ore successive all’udienza di convalida.
2.5 LA PARTENZA VOLONTARIA
Qualora lo straniero, destinatario del provvedimento di espulsione per ingresso o soggiorno irregolare, non si trovi in una delle situazioni sopra descritte in cui l’espulsione deve essere eseguita con accompagnamento immediato alla frontiera, egli deve essere avvisato dal questore, mediante schede informative plurilingue (art. 13, co. 5.1. Tui) della facoltà di presentare al prefetto la domanda di concessione di un termine per la partenza volontaria, anche attraverso i programmi di rimpatrio volontario assistito (art. 14 ter, Tui). Nel caso di proposizione della richiesta, il prefetto, con lo stesso decreto di espulsione, intima lo straniero a lasciare volontariamente il territorio nazionale entro un termine compreso tra sette e trenta giorni, stabilito secondo le esigenze del singolo caso (art. 13, co. 5, Tui). Nell’eventualità di concessione del termine con il decreto espulsivo del prefetto, il questore dispone che, nelle more della partenza, lo straniero sia sottoposto ad una o più delle seguenti misure a garanzia dell’adempimento nel termine prescritto:
- consegna del passaporto, da restituire ovviamente al momento della partenza;
- obbligo di dimora in luogo individuato;
- obbligo di presentazione ad un ufficio di polizia in giorni e ore stabiliti.
Il provvedimento applicativo delle misure viene comunicato entro 48 ore dalla notifica al giudice di pace che provvede alla loro convalida nelle 48 ore successive con decreto motivato e senza l’instaurazione di un’udienza in contraddittorio.
2.6 L’ORDINE DEL QUESTORE
Quando non è stato possibile trattenere lo straniero da espellere o respingere in un Cpr – vuoi per indisponibilità di posti o perché le sue condizioni personali si sono rivelate incompatibili ovvero quando, nonostante la permanenza nel Cpr, non sia stato possibile eseguire l’allontanamento per decorrenza dei termini massimi del trattenimento o per mancata convalida o proroga, oppure infine quando nemmeno è stato possibile disporre le misure alternative (o queste sono state violate) – il questore impartisce allo straniero l’ordine di lasciare il territorio dello Stato entro 7 giorni dalla notifica del provvedimento (art. 14 co. 5 bis Tui).
2.7 CRITICITà RISCONTRABILI NELLA FASE DELL’ESECUZIONE
Dall’esame delle varie modalità attuative delle decisioni di rimpatrio, emerge con chiarezza che l’attività demandata agli Uffici immigrazione e coordinata dal Servizio immigrazione in seno alla competente Direzione centrale, non solo richiede una profonda conoscenza della normativa di settore – spesso oggetto di modifiche da parte del legislatore e sottoposta alla costante attività ermeneutica dell’Autorità giudiziaria nazionale e unionale – ma è connotata da una intrinseca complessità procedurale dovuta anche alla molteplicità degli attori in campo. Sono numerose, infatti, le potenziali criticità che, nell’iter espulsivo, possono vanificare gli sforzi profusi per dare esecuzione alle decisioni di rimpatrio assunte dalle competenti autorità, tra le quali, in primis, emerge la mancata o ritardata identificazione o emissione del lasciapassare da parte degli uffici consolari dei Paesi di origine dello straniero. Infatti, per poter eseguire un provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale, presupposto ineludibile è la compiuta identificazione del cittadino straniero attraverso il passaporto o un documento equipollente. In mancanza di documenti validi per l’espatrio è necessario procedere ad attività identificative del soggetto attraverso l’instaurazione di rapporti diplomatici con il paese di cui lo straniero è presumibilmente cittadino. Lo Stato italiano, in tale prospettiva, si avvale degli accordi di riammissione o delle intese tecniche stipulate tra l’Unione europea e alcuni Paesi Terzi (Bangladesh, Georgia, Pakistan, Sri Lanka, etc.) oppure di analoghi accordi stipulati a livello bilaterale (Albania, Egitto, Gambia, Nigeria, Tunisia, etc.). Nelle more dell’identificazione, al fine di evitare l’allontanamento del cittadino straniero, è possibile, come si è detto, trattenere il cittadino straniero presso un Centro di permanenza per i rimpatri.
Altrettanto limitante l’esecuzione è poi la mancata tempestiva richiesta all’Ag competente del nulla osta al rimpatrio qualora lo straniero sia sottoposto a uno o più procedimenti penali.
Non si possono sottacere, infine, le difficoltà di carattere logistico ed organizzativo dovute “all’onerosità” dei servizi di vigilanza e scorta delle persone da accompagnare in frontiera, che devono ovviamente essere contemperate con tutte le altre esigenze gestionali e di ordine e sicurezza pubblica che una questura quotidianamente affronta.
3. La reintegrazione e il rimpatrio volontario assistito
La reintegrazione dello straniero successiva al rimpatrio, sia che quest’ultimo avvenga su base volontaria che forzata, costituisce un importante strumento di sostegno alla effettività delle decisioni di rimpatrio.
Una operazione di rimpatrio che sia associata a progettualità di reintegrazione può agevolare la collaborazione dello straniero e, su ampia scala, suscitare l’interesse dei Paesi “terzi” di provenienza a un rafforzamento della cooperazione in materia di identificazione.
I Paesi “terzi” sono tendenzialmente favorevoli a rimpatri effettuati il più possibile su base volontaria o comunque, nel caso di rimpatri forzati, associati a progettualità di reintegrazione che si traducono in investimenti e benefici per l’intero tessuto economico e sociale.
Con questo spirito, il nuovo Regolamento Frontex (nr. 1869 del 13 novembre 2019) prevede espressamente, all’art. 48, il rimpatrio volontario e la reintegrazione successiva al rimpatrio, anche forzato, come rientranti nel mandato dell’Agenzia.
In tale prospettiva, l’Agenzia ha assorbito il network europeo Errin (European return and reintegration network), in precedenza organismo di riferimento per le attività in esame, e, a partire dal 1°giugno 2022, ha lanciato il proprio programma di iniziative di reintegrazione denominato Joint reintegration services (Jrs), recentemente rinominato European reintegration programme (Eurp) di cui attualmente beneficiano 35 Paesi “terzi”, attraverso l’opera di service providers dalla stessa selezionati. Per reintegrazione si intende sia il sostegno allo straniero fornito nell’immediatezza del rientro nel Paese d’origine (c.d. “post arrival”: pagamento del mezzo di trasporto verso la propria residenza, assistenza medica, alloggio per la prima notte, etc); sia il sostegno finalizzato ad un vero e proprio investimento sulla persona a medio-lungo termine (c.d. “post return”: istruzione scolastica, formazione professionale, finanziamento di iniziative imprenditoriali, assistenza medica, etc).
Le due modalità di sostegno sono cumulabili, tuttavia, mentre l’importo dell’assistenza post arrival è fisso (€ 615,00), quello dell’assistenza post return varia a seconda che il richiedente sia coinvolto in una procedura di rimpatrio “forzato” (€ 1.000,00) o “volontario” (€ 2.000,00).
L’intera procedura è direttamente finanziata da Frontex, senza necessità, pertanto, di alcun esborso da parte degli Stati membri. La Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere ha aderito al progetto e ha coordinato e formato il personale delle questure per la sua attivazione sul territorio, fornendo precise linee guida. Nella medesima prospettiva, si sta lavorando a migliorare la strategia comunicativa nei confronti dell’utenza, anche attraverso il caricamento di contenuti sul sito della Polizia di Stato ed è stata data indicazione alle questure, in particolare a quelle responsabili di Cpr, di fornire informativa capillare a tutti gli stranieri ospiti dei centri, sottoponendo loro apposito foglio notizie da sottoscrivere per presa visione. Sono state inoltre effettuate dalla suddetta Direzione centrale iniziative a carattere informativo nei confronti di varie rappresentanze diplomatiche (Bangladesh, Ghana, Georgia, Iraq, Nigeria, Pakistan).
In parallelo alla progettualità appena descritta, il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione coordina iniziative di rimpatrio volontario assistito finanziate con fondi Amif (Asylum, migration and integration fund).
4. Novità introdotte dal cosiddetto decreto Cutro
Il decreto legge 10 marzo 2023, n. 20 (c.d. decreto Cutro), convertito con modificazioni dalla legge n. 50 del 5 maggio 2023 ha introdotto significative novità nel settore immigrazione: tra le altre si segnalano quelle in materia di prevenzione e contrasto all’immigrazione irregolare, che hanno innovato e integrato la disciplina di settore già prevista dal Testo unico sull’immigrazione (di seguito Tui) e, in parte, dal dlgs n. 25/2008 (c.d. decreto procedure).
In particolare, il provvedimento normativo ha introdotto la possibilità di svolgere le udienze di convalida dell’accompagnamento in frontiera e del trattenimento degli stranieri espulsi dal territorio nazionale in modalità “da remoto” (come peraltro già segnalato nei precedenti paragrafi)
L’art. 7 quater della suddetta legge di conversione n. 50/2023, infatti, ha esteso la modalità di convalida da remoto dei provvedimenti di espulsione con accompagnamento immediato in frontiera e dei provvedimenti di trattenimento anche alle ipotesi previste dal dlgs n. 286/1998 (udienze di competenza del giudice di pace), introducendo il comma 5 bis.1 dell’art. 13 Tui e il comma 4 bis dell’art. 14 Tui. Come sopra accennato, è previsto che la partecipazione del destinatario del provvedimento all’udienza di convalida avvenga, ove possibile, a distanza (da remoto), mediante collegamento audiovisivo tra l’aula dove il giudice di pace svolge l’udienza e la struttura in cui lo straniero è trattenuto (in un locale idoneo nella disponibilità dell’Autorità di ps o in un Cpr).
La partecipazione da remoto avviene in conformità alle specifiche tecniche stabilite con decreto Direttoriale, adottato ai sensi dell’art. 6 comma 5 del dlgs n. 142/2015, già previsto per le convalide del trattenimento dei richiedenti protezione internazionale e dell’accompagnamento in frontiera dei cittadini comunitari e dei loro familiari allontanati, che sono invece di competenza del Tribunale sede della sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Ue.
Altra importante novità prevista dal decreto Cutro, senz’altro la più significativa per incisività e portata, è quella che introduce una nuova forma di decisione di rimpatrio.
Il decreto in parola, infatti, nel modificare le disposizioni in materia di decisioni sul riconoscimento della protezione internazionale contemplate dall’art. 32 del dlgs n. 25/2008, introduce una nuova disciplina che unifica la decisione di rigetto della richiesta di protezione internazionale e la decisione di rimpatrio. A seguito di tale modifica normativa, l’art. 32 comma 4 del citato dlgs n. 25/2008 prevede adesso che la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, nel caso in cui decida di non riconoscere una forma di protezione internazionale (status di rifugiato/asilo o protezione sussidiaria) o di non trasmettere gli atti al questore per rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale o di un permesso di soggiorno per cure mediche, emetta un provvedimento di rigetto dell’istanza che contenga anche l’attestazione dell’obbligo di rimpatrio e del divieto di reingresso di cui all’art. 13 commi 13 e 14 Tui (c.d. decisione unica).
A tal fine, come previsto dal nuovo art. 27 comma 2 bis dello stesso n. 25/2008, la Commissione territoriale acquisisce dal questore gli elementi informativi circa la non sussistenza di una delle cause di divieto di espulsione di cui all’art. 19 comma 1 bis e 2 dlgs 286/1998.
La notifica del provvedimento adottato dalla Commissione territoriale, una volta decorso inutilmente il termine di impugnazione o definito con rigetto l’eventuale procedimento giurisdizionale, consente al questore di procedere direttamente all’esecuzione del rimpatrio dello straniero destinatario della decisione unica, ai sensi dell’art. 13 commi 4 e 5 Tui.
Il decreto Cutro ha inoltre modificato la procedura dell’accompagnamento coattivo alla frontiera (art. 13, co. 5 bis e nuovo 5 bis.1, d.lgs. 286/98) nelle ipotesi di espulsione emessa dall’Autorità giudiziaria. In questi casi non è più necessaria la convalida dell’accompagnamento in frontiera, in quanto il vaglio dell’autorità giudiziaria è stato operato in sede di emissione della decisione di rimpatrio.
Altra rilevante novità riguarda l’abrogazione del meccanismo di intimazione a lasciare il territorio nazionale entro il termine di quindici giorni, previsto in occasione della notifica allo straniero del rifiuto/revoca del permesso di soggiorno. In questi casi si procede direttamente all’espulsione e all’esecuzione volontaria o forzata della stessa: partenza volontaria (concessione di un termine per la partenza volontaria), esecuzione immediata con accompagnamento in frontiera, trattenimento in un Cpr o misure alternative al trattenimento a seconda dei casi.
Il decreto Cutro è intervenuto anche sulla procedura di frontiera ex art. 28 bis dlgs 25/2008 con una nuova disciplina delle procedure accelerate d’asilo nei casi di domande presentate direttamente alla frontiera o nelle zone di transito da uno straniero proveniente da un Paese di origine sicuro, oppure dallo straniero fermato per aver eluso o tentato di eludere i relativi controlli. In tali casi il procedimento per il riconoscimento della protezione internazionale può essere svolto direttamente nelle zone di frontiera o di transito e il richiedente, durante lo svolgimento della procedura di esame della domanda può essere trattenuto ai sensi dell’art. 6 bis del dlgs 142/2015, introdotto dal decreto Cutro.
La legge di conversione del decreto Cutro ha, inoltre, introdotto il trattenimento del richiedente asilo sottoposto alla procedura Dublino, al quale sia stato notificato il provvedimento di trasferimento verso lo Stato membro competente a decidere sulla domanda di protezione internazionale, come previsto dall’art. 6 ter del dlgs 142/2015, come più sopra illustrato.
Infine, sempre nell’ambito delle disposizioni in materia di protezione internazionale, per quanto attiene specificamente ai rimpatri, il decreto Cutro introduce disposizioni in materia di istanze reiterate, di istanze presentate al solo scopo di impedire o ritardare il rimpatrio e in materia di effetto sospensivo del ricorso presentato dal richiedente avverso il rigetto della domanda di protezione internazionale. La nuova formulazione dell’art. 35 bis dlgs n. 25/2008 prevede, infatti, che la presentazione del ricorso avverso il rigetto della domanda di asilo non sospende automaticamente gli effetti del provvedimento impugnato nei casi di cui all’art. 28 bis comma 2 lett. b, b-bis, c ed e.
In tali casi la richiesta di sospensione deve essere espressamente formulata nell’atto di ricorso e, qualora proposta, al fine di avviare il procedimento di rimpatrio, è necessario attendere l’esito del procedimento cautelare previsto dall’art. 35 bis comma 4 del medesimo decreto legislativo.
La proposizione del ricorso o dell’istanza cautelare ai sensi del citato comma 4, invece, non sospende l’efficacia esecutiva del provvedimento che respinge o dichiara inammissibile un’altra domanda reiterata a seguito di una decisione definitiva che respinge o dichiara inammissibile una prima domanda reiterata, ovvero che dichiara inammissibile la domanda di riconoscimento della protezione internazionale ai sensi dell’art. 29 bis del dlgs n. 25/2008. In tali casi sarà pertanto possibile procedere al rimpatrio nonostante la presentazione del ricorso o dell’istanza cautelare.
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