Cristina Di Lucente
Dentro uno scatto
Le immagini che rappresentano la Polizia di Stato nel 2025 sono state realizzate dal fotografo di fama internazionale Eolo Perfido
Ancora una volta la Polizia di Stato ha scelto un maestro della fotografia, Eolo Perfido, per rappresentare, attraverso gli scatti del Calendario 2025, i reparti e le specialità che lavorano quotidianamente per la sicurezza dei cittadini e per esprimerne la vicinanza. Sono immagini che si avvicinano ai canoni della street photography e che sono nate nei luoghi dove i poliziotti operano: piani differenti che non si sovrappongono, scene che mostrano spesso un soggetto in primo piano e altri sullo sfondo a fornire il contesto di riferimento, geometrie precise che si compongono nel fotogramma, il tutto utilizzando la cifra stilistica del bianco e nero, che l’autore riconosce come più idoneo per un racconto intimo e personale. L’elemento umano è il fil rouge che lega queste foto: non mancano nelle immagini ritratti espressivi dei poliziotti che raccontano la passione e la dedizione che mettono nel proprio lavoro quotidiano. Abbiamo incontrato l’autore che ci ha parlato di questo progetto e di come sono nati gli scatti che compongono il Calendario 2025.
Sei l’autore del Calendario della Polizia per il 2025: sei rimasto sorpreso da questa richiesta?
Essere contattato è stata allo stesso tempo una grande sfida e un grande punto interrogativo: da giovane avevo indossato la divisa da carabiniere e avevo già un’idea di come potessero funzionare alcune dinamiche. Utilizzare come impianto generale i metodi e l’estetica della fotografia di strada ha significato disporre di una grande libertà espressiva. Girando per l’Italia è stato interessante, da un punto di vista creativo, poter incontrare i vari reparti che in comune avevano la missione, ma che operavano in ambiti culturali e procedurali con metodi molto diversi. Conoscere meglio la Polizia di Stato e le persone che ne fanno parte mi ha permesso di entrare anche nella loro mentalità che non è molto diversa dall’attività di un creativo. Spesso si pensa che il creativo sia quello che non ha regole: in realtà la creatività è figlia di una grande disciplina, di una grande attenzione ai dettagli e di una grande cura verso gli altri.
Hai utilizzato un approccio particolare per avvicinarti ai soggetti protagonisti?
Quando si incontrano le persone, le dinamiche sono sempre le stesse: ogni persona va approcciata in base a quelle che sono le proprie abitudini. Il calendario si è sviluppato nell’arco di alcuni mesi di lavoro e la macchina organizzativa mi ha permesso di lavorare agilmente. Devo sottolineare che ogni conversazione con gli operatori è stato un modo per raccontare in maniera efficace e corretta quello che facevano e che ho sempre trovato grande supporto nel permettermi di entrare nei dettagli di quella che è la complessità operativa. Prima di me il calendario è stato realizzato da grandi maestri della fotografia, quindi innanzitutto sono andato a vedere come dei colleghi di cui ho grande rispetto avessero affrontato il progetto. Ho avuto un grande aiuto da un punto di vista logistico e molte informazioni preliminari: il giorno prima della realizzazione del servizio fotografico andavo a studiare la location e a conoscere le persone con le quali avrei lavorato e a progettare gli scatti per far sì che le foto risultassero sintetiche. La street photography è per sua natura una disciplina che si basa sul quotidiano che si sviluppa. È ovvio che utilizzare la fotografia di strada all’interno di un progetto che dovesse tenere conto delle necessità operative dei reparti mi ha costretto un minimo a dover fare un lavoro di ricostruzione di alcune scene, cercando però di mantenerle il più naturali e il più sincere possibile.
Per quale motivo hai scelto il bianco e nero?
Tutta la fotografia commerciale (ad esempio quella pubblicitaria) passa normalmente attraverso il colore, che è necessario alla narrativa dei prodotti e delle storie che si vogliono raccontare. Il bianco e nero è invece una scelta più personale e intima e permette di lavorare direttamente sul contrasto. Quando si elimina il colore si lavora soltanto sulla luminosità; io amo il bianco e nero, e la fotografia di strada e i progetti di ritratto personali offrono proprio l’opportunità di poter utilizzare questo linguaggio. Inoltre c’è anche un motivo “romantico”: i grandi maestri della fotografia scattavano tutto in bianco e nero perché al loro tempo la tecnologia a colori non era stata ancora sviluppata.
Qual è stato il percorso professionale che hai seguito, dal ritratto alla street photograpy?
Mi sono sempre mosso a cavallo di questi due generi che in comune hanno l’elemento umano, ma che sono poi così diversi nei processi di costruzione dell’immagine. Ho iniziato a fotografare le persone che mi erano più vicine: la famiglia, gli amici. Allo stesso tempo, mi sono interessato a quelle persone che non conoscevo e che trovavo nelle foto dei grandi maestri della street, che con la macchina al collo uscivano in strada e raccontavano il quotidiano attraverso l’incontro con gli altri. Il ritratto nasce da un incontro deciso a priori, mentre quello di strada è un tipo di ritratto in cui fermi qualcuno che non sai se sia d’accordo nel cooperare a quella connessione empatica che porta poi a elaborare immagini che abbiano senso. Alterno giorni in cui sono in studio e organizzo sessioni scattando per attori, politici, giornalisti e qualsiasi altra situazione in cui è richiesto il mio operato; in altri giorni sento la necessità di andare in strada e di fare più un lavoro di ricerca personale. Mi ritrovo spesso a scattare nelle vie di Roma, che è anche la mia città, ma poi il lavoro mi porta anche all’estero, a contatto con realtà, culture, visi, sguardi e attitudini molto diverse.
Qual è il tuo rapporto con la postproduzione?
La postproduzione esiste da quando è nata la fotografia ed è un suo elemento centrale: già in camera oscura si rifilava il fotogramma, si facevano tagli, si andava a scurire o a schiarire alcune zone. Nell’accezione più moderna vuol dire intervenire digitalmente per poter correggere errori o imperfezioni. Nel caso della fotografia di ritratto la postproduzione è parte integrante di tutti i processi, spesso i soggetti vogliono infatti vedersi con un potenziale estetico migliore. Nella fotografia di strada c’è un rapporto con la postproduzione decisamente meno invasivo, non si tolgono o inseriscono elementi e personalmente tendo a non intervenire quasi per niente nelle foto, questo per poter restituire degli scatti più sinceri, legati al quotidiano. Scattare nel modo migliore possibile sapendo che non si potrà intervenire successivamente rende sicuramente la resa del fotografo maggiore, cercherà di inquadrare correttamente e di costruire le immagini direttamente in” camera”. Dico sempre che la street è la “disciplina del fallimento”: la differenza tra il fotografo più bravo e uno meno è semplicemente che quello più bravo sbaglia un pò meno.
Ci spieghi il tuo punto di vista sulle nuove tecnologie?
Tecnologia e fotografia sono sempre andate di pari passo. Ci sono tecnologie che rappresentano dei grandi salti da un punto di vista dell’evoluzione dello strumento, come quello dall’ analogico al digitale; il cambiamento non è stato tanto nel modo in cui veniva percepita l’immagine quanto nel processo di costruzione della foto: la possibilità di scattare più spesso, con macchine più tolleranti a esposizioni diverse all’interno del fotogramma. Nello stesso tempo anche la velocità di produzione è cambiato poiché la pellicola ha tutta una serie di procedure per lo sviluppo, provini a contatto, stampa analogica, la scansione del negativo; il digitale permette di passare direttamente dalla macchina fotografica al computer. L’intelligenza artificiale è un nuovo modo per costruire l’immagine ma non è fotografia, sebbene in alcuni ambiti industriali la sostituirà completamente.
Tornando al nostro Calendario, c’è uno scatto che è rimasto fuori dalla selezione ma al quale sei particolarmente affezionato?
Anche se la selezione delle foto mi ha visto molto contento, ce n’è uno in particolare a cui sono legato dal punto di vista estetico, ovvero uno scatto che riprende il lancio dei cappelli al termine di un giuramento alla scuola di polizia di Peschiera del Garda. Per realizzare quella foto mi sono dovuto distendere a terra tra le gambe dei poliziotti. Anche se pensavo che quel fotogramma sarebbe stato scelto scelto, è comunque bello condividere la selezione con delle persone che possono avere punti di vista diversi dei tuoi.
C’è qualcosa che ti ha colpito in particolare di questa esperienza?
Una cosa che mi ha divertito e sorpreso è stata trovare tra i poliziotti tanti appassionati di fotografia: alcuni mi chiedevano informazioni tecniche sulle macchine, altri conoscevano già il mio lavoro. Ho riscontrato tanta passione per questa disciplina e con molte di queste persone siamo rimasti in contatto. Un altro aspetto fondamentale è stata poi la grande collaborazione con il settore fotografico della Polizia di Stato. Il poliziotto fotografo da cui sono stato affiancato in questo lavoro, Valerio Giannetti, spesso è riuscito ad anticipare quelle che erano le mie necessità, a volte anche facendo quello che molti temono di fare, ovvero suggerire un’inquadratura. Per me invece questo significa “aiutare a vedere meglio”. È stato un supporto senza il quale, sono sicuro, il Calendario 2025 non sarebbe stata la stessa cosa.
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Ritrattista e street photographer
La foto scattata da Eolo Perfido al mercato della Vucciria di Palermo (il mese di dicembre del nostro Calendario, foto a destra) è legata a un episodio che, come spesso accade nella street photography, coglie di sorpresa. È entrato in scena un cane che è stato ritratto in primo piano, leggermente sfocato, e come il fotografo racconta «mi ha permesso di fare una piccola citazione: mi è subito venuto in mente Steve McCurry, di cui ho avuto la fortuna di essere assistente per più di 15 anni, viaggiando con lui in giro per il mondo. Nel momento in cui si è verificata questa opportunità ho riconosciuto delle similitudini con un suo vecchio scatto e ho fatto una foto che amo particolarmente». Specializzato in fotografia di ritratto e street photography, Perfido è ambasciatore Leica dal 2013 e per Leica Akademie conduce workshop internazionali di ritratto e street photography. I suoi lavori sono stati pubblicati su riviste come The New York Times, Vogue e GQ, tra le altre, e ha collaborato con clienti come Gatorade, Kraft e Pepsi. Nel 2015 una serie di foto di Perfido intitolata Clownville è diventata virale: le foto, che aveva iniziato a scattare nel 2012, raffiguravano clown in trucco e abiti di scena; per i soggetti sono stati scelti attori e modelli sia professionisti che amatoriali, una collezione che è stata esposta in tutto il mondo. Nel 2016 un’altra serie di foto di Perfido, Tokyoites, è stata esposta alla Leica Gallery di Milano: una mostra che racconta gli abitanti della metropoli giapponese e che è il frutto degli innumerevoli viaggi dell’autore in un Paese che tanto lo ha incuriosito fin da piccolo.