a cura di Federico Bevilacqua e Valerio Coluccio

Misure di prevenzione e manifestazioni sportive: il D.A.Spo.

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Focus del Servizio centrale anticrimine estratto dalle linee guida del 2024 in materia di misure di prevenzione personali

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1. Introduzione
Entrato in vigore con la legge 13 dicembre 1989, n. 401, il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono le manifestazioni sportive ( D.A.Spo.) viene a configurarsi come misura di prevenzione atipica disposta con provvedimento del questore nei confronti di quelle categorie di soggetti ritenuti pericolosi per l’ordine e la sicurezza pubblica, con particolare riferimento ai luoghi in cui si svolgono le manifestazioni sportive, ovvero a quelli, specificatamente indicati, interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle competizioni stesse.

Come si avrà modo di approfondire, il D.A.Spo. del questore è una misura amministrativa svincolata dalla condanna, che può essere adottata nell’immediatezza dei fatti e prima del processo penale e, pertanto, differisce da quello irrogabile dall’Autorità giudiziaria con sentenza di condanna, per i reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive (art. 6, comma 7, l. n. 401/1989, c.d. D.A.Spo. giudiziario).

2. Ambito di applicazione oggettivo
L’art. 6, comma 1, l. 401/1989, nel delineare il campo di applicazione oggettivo del D.A.Spo., rinvia alla nozione di manifestazione sportiva (…per aver preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive…il questore può disporre il divieto di accesso ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive  specificamente indicate…).

In merito, la legge n. 377/2001 ha fornito la nozione di manifestazioni sportive, stabilendo che esse si individuano in quelle “competizioni che si svolgono nell’ambito delle attività previste dalle federazioni sportive e dagli enti e organizzazioni riconosciuti dal Comitato olimpico nazionale italiano (Coni)”.

Rimangono pertanto estranee alla previsione legale e, conseguentemente, esulano dall’area applicativa della misura di prevenzione in esame, le manifestazioni a carattere sportivo non gestite dagli enti di cui all’art. 2 bis, legge n. 377/2001, quali, ad esempio: le competizioni organizzate dalle scuole, per scopi educativi o per altre motivazioni, anche di tipo pubblicitario.

Ai sensi dell’art. 6, comma 1, l. n. 401/1989, il provvedimento del questore deve indicare le manifestazioni sportive alle quali si estende il divieto de quo.

Non è richiesta un’indicazione nominativa delle gare interdette (praticamente impossibile, sia per l’evidente notevole estensione dell’elencazione, sia perché non è dato sapere, in relazione alla possibile lunga durata della prescrizione, quali incontri verranno disputati da una squadra), ma è sufficiente che le manifestazioni sportive, il cui accesso é interdetto, siano determinabili con sufficiente chiarezza dal destinatario del provvedimento.

Il principio che orienta la giurisprudenza è il requisito della certa individuabilità  delle gare interdette da parte del destinatario, da valutarsi alla stregua degli elementi di identificazione forniti nel provvedimento di D.A.Spo.

 

Il D.A.Spo. e le sue prescrizioni si estendono anche alle gare amichevoli non calendarizzate?

Per quanto concerne gli incontri di calcio “amichevoli”, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che il riferimento contenuto nell’art. 6 alle “manifestazioni sportive specificamente indicate” va inteso nel senso che esse siano individuabili, con certezza, dal destinatario del provvedimento. Tale determinabilità deve essere valutata in concreto, caso per caso, con riferimento alle partite, ufficiali o amichevoli, anticipatamente programmate e pubblicizzate attraverso i normali mezzi di comunicazione, con esclusione di tutti gli incontri minori decisi in rapporto ad esigenze peculiari del momento e senza una preventiva programmazione (Corte di Cassazione, sentenza n. 12355 del 2023 e sentenza n. 8435 del 2011).

Si pensi a tal fine alle partite precampionato che una squadra organizza in modo più o meno ravvicinato, a seconda delle esigenze e delle richieste dell’allenatore, per verificare lo stato della preparazione in vista delle partite ufficiali, in relazione alle quali anche il tifoso più appassionato non è in condizioni di conoscerne completamente lo svolgimento, specialmente nel periodo estivo quando egli si trova magari in vacanza e la squadra in “ritiro”. Il destinatario del provvedimento, in tali casi, verrebbe esposto a divieti indeterminati che potrebbe non essere in grado di rispettare (Corte di Cassazione, sentenza n. 17875 del 2009 e sentenza n. 30388 del 2008).

Di recente, la Corte di Cassazione ha ribadito che l’obbligo di comparire presso un ufficio o comando di polizia è applicabile anche alle gare amichevoli che siano individuabili con certezza dal destinatario del provvedimento in relazione alla loro anticipata programmazione e pubblicizzazione attraverso i normali mezzi di comunicazione, restando conseguentemente esclusi gli incontri minori decisi in rapporto ad esigenze peculiari del momento e senza una preventiva programmazione (Corte di Cassazione, sentenza n. 44621 del 2016).

 

Il divieto di accesso, ex art. 6, comma 1, l. 401/1989, può essere disposto anche per le manifestazioni sportive che si svolgono all’estero, specificamente indicate, ovvero dalle competenti Autorità degli altri Stati membri dell’Unione europea per le manifestazioni sportive che si svolgono in Italia. Per fatti commessi all’estero, accertati dall’autorità straniera competente  o dagli organi delle forze di polizia italiane che assicurano, sulla base di  rapporti  di cooperazione, il supporto alle predette autorità nel luogo di svolgimento della manifestazione, il divieto è disposto dal questore della provincia del luogo di residenza ovvero del luogo di dimora abituale del destinatario della misura (art. 6, comma 1 ter, l. n. 401/1989).

3. Ambito di applicazione soggettivo
Il primo comma dell’art. 6, l. 401/1989, individua i destinatari del provvedimento di D.A.Spo. in:

  • coloro che risultino denunciati per aver preso parte attiva a episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza;
  • coloro che, sulla base di elementi di fatto, risultino avere tenuto, anche all’estero, sia singolarmente che in gruppo, una condotta evidentemente finalizzata alla partecipazione attiva a episodi di violenza, di minaccia o di intimidazione, tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica o da creare turbative per l’ordine pubblico nelle medesime circostanze di cui alla lettera a;
  • coloro che risultino denunciati o condannati, anche con sentenza non definitiva, nel  corso dei cinque anni precedenti per alcuno dei reati di cui all’articolo 4, primo e secondo comma, della legge 18 aprile 1975, n. 110, all’articolo 5 della legge 22 maggio 1975, n. 152, all’articolo 2, comma 2, del decreto legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, all’articolo 6 bis, commi 1 e 2, e all’articolo 6 ter, della l. 401/1989, nonché per il reato di cui all’articolo  2 bis del decreto legge 8 febbraio 2007, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 4  aprile 2007, n. 41, e per uno dei delitti contro l’ordine pubblico  e dei delitti di comune  pericolo mediante violenza, di cui al libro II, titolo V e titolo VI, capo I, del codice penale o per il delitto di cui all’articolo 588 dello stesso codice, nonché per i delitti di cui all’articolo 380, comma 2, lettere f ed h del codice di procedura penale, anche se il fatto non è stato commesso in occasione o a causa di manifestazioni sportive;
  • coloro che rientrano nella categoria di pericolosità prevista dall’articolo 4, comma 1, lettera d, del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, anche se la condotta non è stata posta in essere in occasione o a causa di manifestazioni sportive.

Cosa si intende per condotte di violenza commesse a causa di manifestazioni sportive?

La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che “devono ricomprendersi tra le condotte commesse a causa di manifestazioni sportive, non solo quelle tenute direttamente in occasione di competizioni sportive, ma anche quelle a queste collegate da un rapporto di diretta e stretta causalità” (Corte di Cassazione, sentenza n. 44621 del 2016). In particolare, la Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo l’operato del Gip., il quale ha convalidato un D.A.Spo. con prescrizioni emesso dal questore in relazione ad alcune condotte di intemperanza realizzate nei pressi di un centro sportivo da alcuni ultras, che, con fare minaccioso e violento, richiedevano ai calciatori un maggiore impegno e risultati sportivi adeguati alle loro aspettative. L’A.G. ha ritenuto innegabile, in tale circostanza, il collegamento tra la finalità della condotta e le manifestazioni sportive (In termini si è espressa anche Corte di Cassazione, sentenza n. 30408 del 2016 e sentenza n. 1767 del 2017). Nel solco del principio di diritto enunciato si è così ritenuta condotta commessa “in occasione” o “a causa” di manifestazioni sportive, la partecipazione ad una manifestazione di protesta, con violenza quanto meno su cose, posta in essere presso il comando di polizia dove debbano recarsi i tifosi di una squadra di calcio colpiti da provvedimento di D.A.Spo., a  sostegno di questi ultimi e in concomitanza con una partita per la quale si applichi la misura (Corte di Cassazione, sentenza n. 13077 del 2019).

Recentemente, la Corte di Cassazione ha confermato la legittimità di un provvedimento di D.A.Spo. con prescrizioni disposto nei confronti di un soggetto che, insieme ad altri tifosi, aveva forzato i controlli allo scopo di accedere, senza pagare il relativo biglietto, ad un impianto sportivo ove era stato installato un maxischermo per consentire la visione di un incontro di campionato. Nei disordini una signora era caduta ferendosi. Per la difesa l’azione incriminata non era stata commessa in occasione di una manifestazione qualificabile come sportiva, posto che si era trattato della proiezione in pubblico di una partita di calcio giocata altrove. Per il giudice di legittimità, tuttavia, “la necessità anche del rapporto eziologico (non solo occasionale) tra la violenza e le manifestazioni sportive costituisce, secondo una massima di esperienza codificata dal legislatore, indice ragionevole della pericolosità del soggetto e della sua attitudine a porre in essere comportamenti violenti che trovano nelle manifestazioni sportive la loro genesi. Di qui il divieto di accedere a quelle manifestazioni che, proprio per il loro carattere sportivo, potrebbero agire da miccia di innesco della violenza del prevenuto. La violenza espressa “a causa” (e non in occasione) delle manifestazioni sportive lascia ragionevolmente prevedere che possa esprimersi anche “in occasione” delle medesime manifestazioni sportive”. Appare dunque non rilevante il fatto che, come nel caso di specie, la partita (da intendersi quale evento sportivo così come indicato dal citato art. 2 bis del dl 20 agosto 2001, n. 336), trasmessa in diretta, fosse giocata altrove e i giocatori non fossero fisicamente presenti nel luogo ove si sono verificati i disordini (Corte di Cassazione, sentenza  n. 13619/2020).

L’art. 2, comma 3, del decreto legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito con modificazioni dalla l. 25 giugno 1993, n. 205, prevede un D.A.Spo. di 5 anni per i soggetti

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07/11/2024