Annalisa Bucchieri

Anima blues

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Ospite d’onore a numerosi concerti della Polizia di Stato, uno dei più grandi chitarristi e cantautori italiani si racconta

interv 10-24

Giovanissimo, ha attraversato l’Europa insieme alle stelle del Blues Rosa King, Buddy Miles e Billy Preston. Oggi che è un big della musica cantautoriale italiana racconta serenamente di quegli inizi importanti  ma anche difficili, quando suonava come musicista anche per sbarcare il lunario. Il romanissimo, sia per nascita che per tifoseria calcistica, Alex Britti, è un artista che ha fatto la gavetta (non è un figlio d’arte) e viene da un percorso autodidatta, conosce l’importanza dell’impegno e del sacrificio. Nella sua cassetta portavalori ci sono l’amicizia, la creatività, il rispetto e l’umanità nella professione e soprattutto l’amore, principalmente quello paterno. Partiamo proprio da qui per collegarci al suo ultimo singolo Uomini , lanciato in un tour intensissimo per tutta Italia che si concluderà proprio nella sua amata Roma il 18 ottobre al Palazzo dello sport.

Uomini racconta un modo di vivere l’identità maschile fuori dai cliché, più ironica e soprattutto più evoluta. Di quali schemi imposti dalla società senti di esserti liberato in qualità di rappresentante del genere?
In primo luogo noto per fortuna maggiore libertà di apparire come si desidera, e ciò non è banale, perché le scelte estetiche hanno sempre dietro una filosofia: per esempio un ragazzino che indossa una maglietta di color rosa o un paio di occhiali da sole con montatura sgargiante, cosa che un tempo avrebbe scatenato atti di bullismo feroce, adesso è vissuta con più disinvoltura e serenità. Basta vedere il Festival di Sanremo fino agli anni Settanta: per rendersi conto che i cantanti avevano tutti la divisa, completo scuro e camicia bianca, mentre adesso saliamo sul palco dell’Ariston con outfit colorati e fantasiosi, senza che ciò faccia etichettare la persona o esporla al ridicolo.

In secondo luogo, ancora più importante, sono stati fatti enormi passi in avanti riguardo a come si vive il proprio ruolo in famiglia, di partner e in particolar modo di genitore. Come papà di un meraviglioso bambino che ora ha sette anni, mi sono sempre adoperato per fare tutte quelle attività deputate un tempo solo alle mamme: dal cambiare un pannolino al fare il bagnetto, dal preparare la merenda ad accompagnare dal pediatra. Credo che sia non solo un onere giusto, ma anche una fortuna avere il tempo di accudire e far crescere un figlio, senza essere apostrofato come un “mammo” ma semplicemente come un padre amorevole.

La sensibilità di Alex papà ha influito nella scelta di donare parte degli introiti del concerto del 18 ottobre a Roma al Piano Marco Valerio?
Assolutamente sì. Quando ho saputo dell’esistenza di questo Piano per il sostegno delle famiglie dei poliziotti con figli affetti da gravi patologie mi sono detto che potevo nel mio piccolo fare qualcosa. Grazie anche all’incontro con Poliziamoderna avevo già pensato con il mio staff di praticare una promo sul costo del biglietto per gli appartenenti della Polizia di Stato ma appena sono venuto al corrente di questa realtà mi sono detto che potevo fare di più. Ogni volto che posso cerco di dare il mio contributo a iniziative di solidarietà, una per tutte quella del concerto per la raccolta fondi delle popolazioni del Centro Italia colpite dal terremoto.

Hai suonato diverse volte con la Banda della polizia di Stato e ultimamente con la Fanfara al Castello di Santa Severa. Da musicista sopraffino quale sei, come trovi il livello di esecuzione e di professionalità, pur non essendo una composizione da blues?
È stato molto fluido lavorare con loro. La percezione non è quella di poliziotti che suonano ma di musicisti professionisti. Nel preparare le mie uscite sul palco sia con la Banda che con la Fanfara ho interagito con due composizioni orchestrali vere e proprie. Poi ho un amicizia speciale con Massimo Rossi (clarinettista della Banda) che faceva il conservatorio a L’Aquila insieme a Stefano di Battista, con loro suonavo nei locali. E Massimo Rossi mi ha coinvolto in molte vostre iniziative, come un concerto di Natale a Rieti e l’evento sulla sicurezza stradale all’Auditorium dello scorso anno in cui sono stato ospite insieme a Vittorio Brumotti.

Come nascono le tue canzoni? 
Contrariamente a quanto si possa pensare, parola e musica si compongono nella mia testa quasi contemporaneamente, come se si sintonizzassero sulla giusta frequenza fin da subito. Tutto parte da un concetto, come quello che ha ispirato Uomini, e prende vita già con un suo ritmo. Di solito l’ispirazione nasce quando sono solo con me stesso, infatti tante volte mi è capitato mentre guidavo in auto. Un leitmotiv è quello dell’ironia che sottintende anche i temi più “pesanti” e che permette, secondo me, di dare alle cose un altro sapore rendendo più fruibili argomenti seri senza trasformarli in seriosi. 

Hai scritto tante memorabili canzoni d’amore, ricordiamo tra tutte Oggi sono io, quella di cui la magnifica Mina ha voluto incidere una sua personale versione. Ultimamente, però, stai affrontando temi sociali impegnativi come in Supereroi, dove si parla del sacrificio e della tenacia di chi va avanti con un lavoro sotto retribuito. Come nasce questa nuova tematica?
è una canzone originata dall’esperienza del lockdown, dove tanta brava gente ha sofferto e anche dopo si è portata addosso la negatività di quel periodo. I miei supereroi sono l’insegnante, il panettiere, l’artigiano, il fioraio, il pescivendolo e tutti quei lavoratori che, pur non avendo stipendi stellari, quotidianamente s’impegnano molto nella loro attività, come chi indossa una divisa. Ma anche le mamme e i papà alle prese con gli incastri delle proprie infinite giornate, i sognatori che sperano sempre in un futuro migliore. Ho voluto dar voce a loro che sono “preziosi” per la nostra società. 

A proposito del periodo funesto della pandemia e della crisi economica che ne è conseguita, tu hai scelto di non fermare la produzione musicale proprio per un atto di solidarietà nei confronti dei tuoi collaboratori. Ti va di parlarne?
Quando mi sono reso conto che il contraccolpo finanziario non avrebbe colpito tanto me personalmente, che avevo ormai una consolidata situazione economica, quanto il settore e le maestranze, ho deciso per sostenerli di non fermare l’attività live. Per cui ho svolto per i due anni più critici una serie di concerti con presenza di pubblico contingentato. Difficile organizzazione… ma sono stati comunque una bella cosa da offrire agli spettatori. Pensate che nel tour dell’estate 2021 insieme a me ha suonato il grande trombettista jazz Flavio Boltro.

Sei un chitarrista con i controfiocchi, hai accompagnato star internazionali come Ray Charles  e Patty Smith… Quante chitarre possiedi?
Più di 60, ma è normale per un chitarrista, per di più solista. Diciamo che tutte sono suonabili e sono state suonate, dalle acustiche che talvolta ho utilizzato elettrificate nei concerti alle elettriche. Non compro per collezionare ma per avere più versioni del mio strumento principe. Ovviamente qualcuna ha dato spunto anche ad una serie infinita di gossip. Una volta sul palco prima del concerto una persona dello staff mi ha detto “Martina ti aspetta in camerino”, riferendosi alla mia chitarra di marca Martin e subito i giornalisti presenti si sono sbizzarriti nel raccontare di una fidanzata segreta a cui non permettevo di uscire dal camerino. Ho due chitarre acustiche per i tour da solista, una è in legno chiaro, l’altra marrone scuro. Le chiamo la bionda e la mora, anche questo ha dato la stura a un bel po’ di gossip (ride, ndr).

Quali sono le passioni che riesci a coltivare al di fuori del lavoro?
Cucino, cucino, cucino, mangio, mangio, mangio e corro corro, corro (oltre a giocare a tennis qualche volta) per bruciare tutto quello che ho cucinato e mi sono mangiato. Per il resto non sono un maniaco degli attrezzi da cucina, “il fatto a posta” per pulire l’ananas o sbucciare le patate ad esempio. Preparo tutto e sempre con i miei coltelli giapponesi. Una guantiera che sfodero anche quando cucino a casa di amici.

In molti brani, penso in particolare al recente Tutti come te, e nelle relative videoclip, Roma è co-protagonista. Qual è il tuo rapporto con la città?
La amo spassionatamente, come amo la squadra di calcio (è un tifoso sfegatato, ndr). Non la cambierei per nulla al mondo. Non solo perché ci sono nato e cresciuto, ma perché qui è pieno di musica, teatro, cinema, arte, etc… Molte altre grandi capitali in Europa accusanobproblemi di traffico e di sporcizia. E fra l’altro, anche sul tema sicurezza, non la trovo una città così pericolosa. In finale, diciamolo ad alta voce, la bellezza di Roma è difficile da replicare.

09/10/2024