Tiziana Guerrisi

Miniere spaziali

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Cresce l’interesse per il processo di estrazione di metalli e terre rare da asteroidi e Luna. Una nuova “corsa all’oro”, ancora senza regole. Tra opportunità e limiti tecnologici

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Tra le missioni spaziali recenti, quella “Psyche” della Nasa e la cinese “Chang’e-6” sono la cartina di tornasole dell’appetito crescente verso lo space mining, l’estrazione di terre rare (e non solo) dallo spazio. Qualcosa che ci riguarda da vicino, molto più di quanto pensiamo. “Psyche” fa parte del programma “Discovery” della Nasa, è partita lo scorso ottobre ed è diretta all’asteroide Psyche 16, tra Marte e Giove. Scoperto in Italia a metà Ottocento dall’Osservatorio di Capodimonte, ci vorranno sei anni affinché la sonda entri nell’orbita di questo asteroide, che fa gola anche ai privati perché si pensa sia composto quasi solo da metalli. Potrebbe contenere enormi quantità di cobalto, nichel, ferro e terre rare. «Parliamo di un oggetto che secondo le stime vale 70.000 volte l’economia mondiale», dice Simonetta Di Pippo, direttrice dello Space economy evolution lab della School of management dell’università Bocconi di Milano, nome di punta della ricerca spaziale internazionale. 

La seconda missione, la cinese “Chang’e-6”, è quella che più di ogni altra nella storia si è avvicinata al Polo Sud lunare. La sua sonda è atterrata senza danni, con grande precisione, a inizio giugno con lo scopo di riportare a Terra alcuni campioni che ci diranno com’è composta la sua superficie. È una missione su cui c’è grande attenzione. «Il Polo Sud lunare è la zona dove tutti vogliono atterrare – spiega Di Pippo – perché lì ci sono acqua, Elio-3, terre rare e completa illuminazione». L’idea, sostiene l’esperta, è innanzitutto quella di sfruttarli per fare della Luna un avamposto di e

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09/10/2024