Cristiano Morabito e Chiara Distratis
La carica dei 125
Record di qualificati per i Gruppi sportivi della Polizia di Stato Fiamme oro per le prossime Olimpiadi e Paralimpiadi di Parigi
Non ce ne voglia chi ci sta leggendo, non ce ne vogliano gli atleti italiani e quelli dei nostri Gruppi sportivi Fiamme oro, ma per noi, un po’ come per tutti quelli che hanno seguito le vicende di Tokyo 2020, l’immagine iconica che resterà stampata nella memoria collettiva sarà sempre quella di due atleti, guarda caso anche due poliziotti, che a tarda sera del 1° agosto 2021 sulla pista di atletica dello stadio di Tokyo, si abbracciano dopo aver vinto due storiche e pesantissime medaglie del metallo più pregiato: Gianmarco Tamberi, fresco vincitore dell’oro nel salto in alto con la misura di 2,37 m, è lì ad aspettare il suo amico e compagno di squadra Marcell Jacobs che taglia per primo il traguardo dei 100 metri piani. I due si abbracciano, piangono di gioia e si avvolgono nel Tricolore per un giro di campo a raccogliere gli applausi dei pochi presenti allo stadio… Eh sì, non dimentichiamocelo: siamo in piena “era post-Covid” e, soprattutto, siamo nel 2021 e non nel 2020, anno in cui si sarebbero dovuti disputare i Giochi nel Paese del Sol levante. Stadi desolatamente vuoti per chi è presente, ma che si riempiono per chi è a casa grazie alla magia della computer graphics. Un’edizione delle Olimpiadi da ricordare in negativo, ma anche e soprattutto in positivo per quanto è riuscita a portare allo sport italiano: 40 medaglie e decimo posto nel medagliere, un record per il Bel Paese, ma un record anche per i Gruppi sportivi Fiamme oro, che su quelle 40 medaglie, hanno inciso per la metà, portandosi a casa 5 ori, altrettanti argenti e 10 bronzi, tanto che se fosse stata una nazione, Fiamme oro si sarebbe posizionata al 17° posto del medagliere, davanti a Spagna, Svezia e Polonia.
Dunque, numeri record per i passati Giochi olimpici, numeri che non sarà facile ripetere (siamo sportivi e quindi fondamentalmente scaramantici, perdonateci…), ma che sicuramente (e qui chiudiamo con la scaramanzia sportiva) ci portano in quest’anno olimpico a ben sperare per i nostri colori, sia quelli azzurri che cremisi.
La data è ormai nota a tutti, appassionati di sport e non, e venerdì 26 luglio prossimo, chi da casa in tv, chi di persona a Parigi, potrà assistere alla cerimonia di apertura dei Giochi della XXXIII Olimpiade, con quello che sarà uno spettacolo mai visto prima perché, per la prima volta nella storia dei Giochi moderni, non si terrà in uno stadio, ma su un fiume: la Senna, primo segno inequivocabile di quella grandeur transalpina che pervaderà Olimpiadi e Paralimpiadi.
Un po’ di numeri: saranno circa 10.500, provenienti da 206 Paesi, gli atleti che parteciperanno ai Giochi (e qui la grandeur già vacilla un po’, poiché a Tokyo erano quasi mille in più), ma che in nome dell’inclusione e dell’uguaglianza saranno esattamente divisi a metà tra uomini e donne; e in questo caso il primo punto importante messo a segno da Paris 2024. Questa Olimpiade cade esattamente a 100 anni dall’ultima volta in cui i Giochi si sono tenuti nella Capitale francese che ospita la kermesse per la terza volta e raggiunge in questa speciale classifica Londra (e il colpo alla Perfida Albione è assestato!). Sempre nell’ottica dell’uguaglianza e dell’inclusione i loghi di Olimpiadi e Paralimpiadi saranno uguali, differendo solamente nella presenza dei cinque cerchi nell’uno e degli “agitos” nell’altro. La Ville Lumiére presterà le sue bellezze architettoniche allo sport: la Tour Eiffel sarà sede delle gare di triathlon, la Senna del nuoto in acque libere (attendendo l’ok per la balneabilità che preoccupa gli atleti), a Campo di Marte si giocherà a beach volley, al Grand Palais si tirerà di scherma, la Reggia di Versailles sarà la sede delle gare di equitazione, Place de la Concorde ospiterà i ballerini di break dance (sport esordiente a Paris 2024) e così via, fino ad arrivare alle ex colonie transalpine, con la Polinesia francese (distante ben 15.700 km da Parigi) che a Tahiti ospiterà le gare di surf. Altro punto di forza di Paris 2024 sarà la sostenibilità che potrà vantare una riduzione di ben il 55% delle emissioni di anidride carbonica. Sono sempre i numeri a dare contezza della forza di un evento per cui, proseguendo, i miliardi di spettatori televisivi, tra Olimpiadi e Paralimpiadi, potranno fare una vera e propria scorpacciata di sport durante le circa 350mila ore di diretta prevista, invidiare i quasi 10 milioni di spettatori che assisteranno dal vivo alle gare nelle 35 location e seguire la narrazione degli oltre 6.000 giornalisti accreditati.
E allora, guardando sempre alle cifre, ma stavolta di casa nostra, possiamo scoprire che gli atleti azzurri saranno circa 300 (84 in meno rispetto a Tokyo), dei quali più di un terzo appartenenti ai Gruppi sportivi della Polizia di Stato, ai quali vanno aggiunti i 22 atleti paralimpici attualmente qualificati. Anche questo un record per le Fiamme oro che in vent’anni hanno visto incrementare esponenzialmente (+600%) il numero di atleti alle Olimpiadi; infatti la pattuglia cremisi ad Atene 2004 era composta di 17 atleti, a Tokyo 2020 da 72, per arrivare a quota 101 per Parigi 2024.
Lo abbiamo detto in precedenza, siamo sportivi e per questo motivo fondamentalmente scaramantici, ma il colore che più vorremmo vedere trionfare sui podi parigini è proprio l’azzurro, ancor meglio se mescolato con il cremisi e raccontare sul prossimo numero di Poliziamoderna dei nostri ragazzi che si sono portati a casa una medaglia con al centro incastonato un pezzetto della Tour Eiffel (non è una licenza di chi scrive, ma sarà realmente così).
Quindi, da noi va il nostro personale in bocca al lupo agli atleti-poliziotti che andranno nella terra del barone De Coubertin, sperando che facendo loro il suo celebre detto “L’importante non è vincere, ma partecipare”, portino con loro anche un’altra frase, certamente meno nobile, che l’allora presidente della Juventus, Giampiero Boniperti, rivolse ai propri giocatori negli spogliatoi: “Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta”.
Forza ragazzi, forza Fiamme oro!
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Giovanni Malagò: NON LASCIAMO INDIETRO NESSUNO
All’ultima Olimpiade l’Italia ha ottenuto risultati storici in termini di numero di medaglie. Come si gestisce il carico di pressione dopo i Giochi più vincenti di sempre?
Sono responsabilità che inorgogliscono per quello che sottintendono in termini di risultati e di prestigio per l’intero movimento. Diventano lo stimolo per rinnovare l’impegno nell’ottica di nuovi, entusiasmi traguardi da tagliare attraverso un percorso di applicazione, ricerca scientifica e di collaborazione che coinvolge in modo osmotico il CONI e le Federazioni, abbracciando tutto l’architrave del nostro mondo e regalando sempre centralità alle atlete e agli atleti. L’indice di competitività olimpica ci regala il quinto posto al mondo dietro USA, Cina, Germania e Giappone. È una dimensione che parla in modo oggettivo ed eloquente relativamente al valore del lavoro svolto.
C’è uno sport o un atleta che attende con particolare aspettativa e fiducia a Parigi?
Sono tutti quelli che hanno guadagnato la qualificazione olimpica. Dietro c’è un quadriennio di sacrifici e di lavoro, di prove superate e ranking scalati. Sono fieri dell’Italia Team, è lo specchio di un sistema vincente che continua a guadagnare posizioni e credibilità grazie all’entusiasmo generato dai successi e coltivato da chi, ogni settimana, sa regalarci imprese formidabili, onorando la nostra tradizione.
Gli sportivi sono per natura scaramantici, lo sono anche i Presidenti? Possiamo chiederle quante medaglie si aspetta da Parigi 2024?
Sono scaramatico al contrario, non ho problemi a rappresentare le nostre speranze che coincidono con le ambizioni. Cercheremo di superarci, ancora una volta, di vincere una medaglia in più rispetto a Tokyo per dare profondità a un progetto che viene alimentato dai primati, dalla voglia di migliorarsi e anche dagli investimenti operati in questi anni, con l’obiettivo di fornire gli strumenti più idonei a tutto il sistema per eccellere.
Queste Olimpiadi cadono in un momento storico caratterizzato da conflitti che preoccupano, gli antichi greci attuavano la pax olimpica. Lo sport oggi potrebbe essere in grado di ridurre le distanze, appianare divergenze?
Il nostro è un linguaggio universale vocato alla fratellanza. I cinque cerchi sono il simbolo più semplice e al contempo potente dei Giochi, sanno esprimere la capacità di annullare le distanze e unire il mondo nel nome dello sport e dei suoi valori. L’invasione russa in Ucraina ha violato la tregua olimpica in occasione dei Giochi di Pechino, contravvenendo a questo presupposto inderogabile. Lo scenario geopolitico attuale è caratterizzato da situazioni conflittuali, l’augurio è che la magìa della più importante manifestazione sportiva globale possa mitigarle, restituendo auspicati orizzonti di pace.
Molte le medaglie arrivate dagli atleti dei gruppi sportivi militari e a ordinamento civile, come le Fiamme Oro, a ribadire quanto questi siano importanti per lo sport italiano soprattutto per gli sport considerati “minori”.
La nostra grande forza è il sistema orizzontale: non lasciamo indietro nessuno. Il CONI segue oltre 370 discipline, siamo l’espressione di un movimento multidisciplinare che dà voce e dignità a ogni realtà, è la nostra genetica. I gruppi sportivi militari e i Corpi civili dello Stato rivestono un ruolo fondamentale, indispensabile nell’economia del modello che ci caratterizza. Siamo grati e riconoscenti per il supporto, la collaborazione e il senso di appartenenza che vi lega al nostro mondo, che contribuite a migliorare quotidianamente con il vostro significativo apporto. Le Fiamme oro fanno squadra con eccelsa capacità e innegabile entusiasmo.
Sport ed educazione alla legalità: non solo agonisti ma anche e soprattutto giovani e giovanissimi grazie alle nostre Sezioni giovanili possono avvicinarsi alla pratica sportiva, anche in aree considerate difficili del nostro Paese, ultimo in ordine temporale il Centro sportivo di Caivano…
Ci sono avamposti dove formare ed educare vale una medaglia d’oro speciale. Le vostre sezioni giovanili svolgono una funzione pedagogica inestimabile, non subordinata ma sussidiaria a quella prettamente agonistica. Questa azione, in determinati contesti territoriali, ha una valenza accentuata, fa comprendere la forza del messaggio che è proprio dello sport, incarnandone i valori fondanti e trasferendoli alle nuove generazioni come paradigma di riferimento.
Cosa significa essere a capo dello sport italiano, oneri o onori?
È un sogno diventato realtà, un privilegio per chi, come il sottoscritto, sognava di diventare Presidente del CONI da quando aveva 28 anni. È un ruolo che ricopro con passione, sottintende sicuramente responsabilità, ma è il più bello del mondo. Vivere lo sport nella sua accezione universale ne fa comprendere l’unicità con l’obiettivo di farne un traino per la crescita del Paese, a ogni livello e di gioire per risultati che hanno inorgoglito tutta l’Italia, rappresentandone l’immagine vincente.
Se avesse una macchina del tempo c’è qualcosa di questi tre mandati che non rifarebbe, che farebbe di nuovo o che farebbe in modo diverso?
Nel 2013 quando sono arrivato dovevo imparare tutto. Passare dal privato al pubblico è stato scioccante per un decisionista come me. Mi sono adeguato con grandi sacrifici, mentali e fisici, e soprattutto scoprendomi improvvisamente una persona paziente. Voglio solo aggiungere che oggi mi fido meno perché sono stato tradito da qualcuno a cui avevo dato tutta la mia fiducia.
Dal 2013 a oggi tante vittorie ma anche qualche successo mancato. Ne scelga una per entrambe le categorie.
La 4x100 di atletica ai Giochi di Tokyo, l’oro di Sofia Goggia a Pyeongchang nella discesa libera e il titolo Mondiale di Federica Pellegrini a Budapest sono tra le emozioni più incredibili vissute. La delusione più grande? Paradossalmente è quella vissuta fuori dal campo, con il ritiro della candidatura olimpica di Roma per i Giochi olimpici estivi del 2024.
I successi ottenuti a Tokyo 2020 sono stati un traino per la pratica sportiva nel nostro Paese? E se sì in quali discipline principalmente?
Abbiamo realizzato il record di medaglie di tutti i tempi, vincendo in 19 discipline diverse, 20 addirittura separando il kata dal kumite. Siamo riusciti a eccellere in ambiti inesplorati, questo fotografa la forza del modello che promuoviamo. Penso che in vetrina, tra i vari ambiti agonistici, ci sia l’atletica, che ha vinto 5 ori scrivendo la storia. Siamo stati la Nazione che vantava l’uomo più veloce del mondo e quello che saltava più in alto, icone che diventano motivi di ispirazione per i giovani e per ogni appassionato. Siamo fieri di quel risultato, lavoriamo per migliorarlo consapevoli delle difficoltà e della concorrenza che troveremo a Parigi.
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Luca Pancalli: UN PERCORSO CHE CONTINUA
In una delle ultime interviste su Poliziamoderna, ci parlò del sogno dell’assunzione degli atleti paralimpici nei gruppi sportivi. Oggi quel sogno è diventato realtà.
Se all’epoca ho utilizzato il termine sogno, probabilmente, sono stato inappropriato: questo obiettivo ce l’abbiamo dai primi anni 2000, quando venni eletto a capo della Federazione italiana sport disabili e ancora non esisteva l’idea del Comitato paralimpico… per gli altri forse, ma non per me. Ho sempre raccontato del progetto di realizzare una visione, che passava attraverso tanti obiettivi, tra i quali quello dell’arruolamento nei Corpi dello Stato. Oggi è una realtà. Con Parigi 2024 si chiude il primo ciclo che ha portato i Corpi dello Stato ad assumere atleti paralimpici, a partire proprio dalle Fiamme oro (16 atleti agenti tecnici). È stato realizzato un obiettivo nel quale non bisogna leggere solo una risposta alle esigenze degli atleti che meritano un medesimo trattamento in termini di attenzione dei loro colleghi olimpici, ma significa anche e soprattutto dare un segnale forte in un Paese dove troppo spesso le persone disabili non vengono riconosciute nelle loro capacità e abilità. Che lo faccia un Corpo dello Stato, come la polizia, è un segnale forte.
… come vederli schierati in piazza del popolo alla Festa della polizia e sfilare il 2 giugno alla Festa della Repubblica...
Credo che l’immagine degli atleti paralimpici delle Fiamme oro schierati insieme ai colleghi olimpici, sia davvero l’immagine di un Paese che grazie allo sport può cambiare, sta cambiando e deve cambiare. Per me è un obiettivo raggiunto e vedere che tanti atleti poliziotti saranno presenti alle Paralimpiadi significa che, evidentemente, l’intuizione, partita da una valutazione politica, ha poi avuto effetti pratici: un obiettivo realizzato, un motivo di orgoglio per tutta la famiglia paralimpica italiana.
In vent’anni che è al vertice dello sport paralimpico italiano è cambiato radicalmente l’approccio allo sport delle persone disabili, anche a livello semplicemente semantico. Quale pensa sia stato il punto di svolta?
Molti pensano a Londra 2012 come rappresentazione nella narrazione di un punto di svolta, ma lo pensa più chi lo ha narrato che non chi l’ha vissuto, soprattutto nel nostro Paese. Questo perché a Londra la Rai fu il network televisivo che dedicò più ore di diretta (oltre 10 al giorno) alle Paralimpiadi dopo un colosso come Channel Four e questo ha consentito agli italiani di vedere i nostri atleti, innescando un movimento popolare spontaneo di attenzione e di passione che non eravamo abituati a percepire, perché mancava l’amplificazione mediatica. Comunque, quella di Londra 2012 è stata una Paralimpiade nella quale anche l’attenzione del comitato organizzatore è stata di pari livello per noi e i per Giochi olimpici. Ma tutto è sempre figlio di una programmazione: per noi non esistono punti di svolta, ma obiettivi raggiunti.
Un percorso che continua: quali sono gli step ancora da raggiungere?
Sono un uomo che vive di progetti e sono convinto che, così come nella vita privata, nel momento in cui perdiamo la capacità di sognare o di realizzare qualche idea è il momento in cui probabilmente dobbiamo ritirarci. Avevo in mente di realizzare certe cose, molte delle quali si sono concretizzate, e tra queste il rendere il Cip (Comitato italiano paralimpico) indipendente dal CONI, rendendolo un ente pubblico autonomo e la legge sui permessi per gli atleti lavoratori; un qualcosa che non esiste per i colleghi olimpici, principalmente per ragioni anagrafiche: lo sport per i disabili, spesso inizia dopo un incidente o una patologia subentrata nel corso della vita di persone che già lavorano. Non era dignitoso che chiedessimo loro, come purtroppo per tanti anni hanno fatto, di prendere ferie e permessi non retribuiti per onorare la Maglia azzurra. Oggi gli atleti lavoratori disabili hanno 90 giorni l’anno per partecipare a gare e ritiri che il datore non si può rifiutare di concedere, anche perché viene ripagato della perdita della risorsa produttiva. Mi manca solo l’ultimo tassello: realizzare al Tre Fontane (Roma) la foresteria, l’impianto indoor e il palazzetto. Mi piacerebbe vedere nascere una risposta in termini di diritto per lo sport per ragazzi disabili nella scuola, che oggi ancora non esiste, ma anche nuove discipline sportive che attualmente faticano a crescere, che significherebbe avere più opportunità, o ancora il progetto della prescrivibilità, ossia di poter concedere un ulteriore periodo di riabilitazione motoria utilizzando lo sport, che in sostanza è il motivo per il quale è nato il paralimpismo: sport come strumento riabilitativo, prima ancora che agonistico.
Parlando di suoi progetti, a che punto è quello di fondere CONI e Cip in un’unica organizzazione che rappresenti uno sport senza differenze di abilità?
Se fossi in grado di individuare i tempi, sarei un mago: non so dire a che punto siamo, ma sicuramente si stanno creando i presupposti a che ciò avvenga e che già, nella realtà, in parte avviene poiché la maggior parte delle discipline sportive paralimpiche sono già curate dalle federazioni olimpiche. Il tema è un altro: quando sarà pronto il Paese, e quindi il mondo dello sport, a qualcosa che comunque potrebbe prestarsi al rischio di cali di attenzione verso il mondo paralimpico? Ad oggi abbiamo dato dignità a qualcosa che si è costruito intorno a una famiglia, un ente, che porta avanti delle politiche sportive, ma nell’interesse preciso di una certa categoria di persone; mettendo tutto insieme, potrebbe esserci il rischio di disattenzioni. Questo sistema virtuosamente ha contagiato anche la crescita del mondo dei tecnici. Oggi, se siamo i numeri uno in sport come il nuoto, è perché abbiamo i migliori tecnici che si sono appassionati, hanno studiato, hanno sperimentato e sono andati avanti. Quindi è tutta la famiglia dello sport italiano che ne ha giovato ed è cresciuta. E i risultati parlano chiaro.
Siamo pronti per Parigi?
Siamo nati pronti (ride, ndr)! Ad oggi, anche se tutte le qualificazioni non sono ancora terminate, posso dire che potremmo contare su una delegazione composta da 130-135 atleti in 17 discipline sportive, sulle 22 presenti a Parigi 2024. A meno che poi non si riesca a individuare qualche altro slot in discipline dove ancora non ci siamo qualificati. Non faccio previsioni perché sono patologicamente scaramantico. Le previsioni le potete fare pure voi sulla base dei risultati delle ultime competizioni internazionali. Però un risultato importante lo abbiamo già raggiunto prima dell’inizio: l’età media degli atleti si è abbassata notevolmente, un dato importante perché è sintomo di un cambio di mentalità da parte delle famiglie che avviano i propri figli con disabilità alla pratica dello sport molto prima.
Che voto si darebbe dopo 24 anni e tanti obiettivi raggiunti?
Non sta a me dare un voto al mondo paralimpico italiano: sicuramente si può fare sempre di più, però con i nostri mezzi, con quello che avevamo e vedendo dove siamo arrivati, penso che sia veramente un autentico miracolo italiano e, mi si passi il termine… tutto lo sport italiano è un miracolo. Tuttavia, non è giusto parlare solo di miracoli, ma anche di bravura. Molti comitati paralimpici da tutto il mondo vengono qui a studiarci, per capire come abbiamo realizzato tutto questo e non riescono a capacitarsi di una tale crescita. Quindi credo che tutto lo sport italiano, più che un miracolo, rappresenti uno di quegli asset del Paese ai quali non si possa veramente dire nulla dal punto di vista dei risultati.
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Francesco Montini: PRONTI PER PARIGI
«Siamo nati pronti, sono 16 anni che ci stiamo preparando, quindi sì. Abbiamo superato i qualificati di Tokyo, che sembrava una cosa impossibile: a Parigi avremo 101 atleti in 24 discipline. C’è stata una crescita costante partendo da Pechino 2008, che è stata la mia prima Olimpiade come presidente delle Fiamme oro, dove avevamo 20 atleti in 10 sport, poi Londra 2012 con 29 in 13 discipline, Rio 2016 con 37 in 15 sport e Tokyo 2020 con 72 atleti in 18 discipline.
È dal 2007 che sono presidente e quindi ho avuto la fortuna di avere tanto tempo a disposizione per poter far crescere il Gruppo sportivo e portare avanti delle politiche che nel corso degli anni abbiamo pensato. All’inizio siamo partiti con un discorso di rinnovamento del parco atleti, che dopo Atene era molto vecchio, quindi abbiamo bandito tanti concorsi speciali, due l’anno, uno primaverile per gli sport invernali e il rugby, uno autunnale per le altre discipline. Successivamente, c’è stata un’apertura verso altri sport, oltre a quelli tradizionali delle Fiamme oro, poi è stata messa in atto una politica sull’impiantistica sportiva e una politica delle Sezioni giovanili per l’inclusione sociale dei ragazzi attraverso lo sport. Infine abbiamo puntato sulle donne: a Tokyo, anche se abbiamo vinto più medaglie con gli uomini, abbiamo portato più donne; e penso che, non abbiamo ancora i numeri definitivi, ma sarà la stessa cosa anche a Parigi».
Facendo i dovuti scongiuri, su chi punta?
Ci sono talmente tanti campioni. Sicuramente uscirà qualcosa dalla scherma: hanno delle squadre veramente forti, specialmente quella del fioretto femminile, che lo è sempre stata ma anche questa volta non scherza; poi quest’anno si è unita la nostra Martina Favaretto che è una giovane molto forte con margini di crescita impressionanti. Per il pugilato abbiamo Mouhiidine Azziz Abbes che per me è uno dei pugili tecnicamente più forti in assoluto al mondo. E logicamente c’è Thomas Ceccon nel nuoto e Gianmarco Tamberi nell’atletica che ha già saltato agli Europei 2,37 m, più di quanto ha fatto alle ultime Olimpiadi. Sempre nell’atletica da tenere d’occhio sono Matteo Furlan che è bravo, è giovane e finalmente ha acquisito una grande consapevolezza dal punto di vista delle sue possibilità, e Larissa Iapichino, uno degli ultimi acquisti, che è venuta da noi indotta probabilmente da un tantam sul fatto che nelle Fiamme oro si stia bene e che comunque si viene messi nelle condizioni migliori per esprimersi senza troppe ingerenze sulle proprie scelte tecniche. Poi naturalmente mi aspetto che qualcosa faccia pure la ginnastica artistica, agli Europei c’è stata l’esplosione di Manila Esposito, una degli ultimi atleti che abbiamo preso. Però, in effetti… di campioni ce ne sono veramente tanti… potrei continuare con Matteo Zurloni dell’arrampicata e Nicolò Renna del windsurf che può vincere tranquillamente una medaglia e Sofia Raffaelli nella ginnastica ritmica che ce la può fare, ma se la deve giocare con altre due o tre che sono al suo stesso livello.
La sorpresa? Chi ci fa il regalo per questi 70 anni di Fiamme oro?
Secondo me Mouhiidine Azziz Abbes può essere una sorpresa per chi non si intende di pugilato perché ancora non ha vinto né il Mondiale né l’Olimpiade, però lui è il più forte. Oppure la Favaretto nella scherma perché non se la aspetta nessuno.
Che previsioni di medaglie ci sono?
Non so se riusciremo a conquistare le stesse medaglie di Tokyo, perché i numeri sono stati veramente importanti, però noi siamo messi bene dappertutto, dal ciclismo, al pugilato, al tiro a volo...
Andrà a tifare i nostri atleti a Parigi?
Sì andrò, non tutto il periodo, ma ci sarò. Non potrei mancare alle mie ultime Olimpiadi estive come presidente.
Tra tutte le Olimpiadi quale le è piaciuta di più?
Come risultati naturalmente Tokyo, ma non ci siamo potuti andare per le ristrettezze dovute al Covid; come esperienza la prima, Pechino 2008, perché ero giovane, perché per me è stato veramente un arricchirmi, un capire come funzionava il mondo dello sport; quindi è stato sicuramente formativo, ed è stata importante anche perché mi ha aiutato a trovare lo slancio per gli anni successivi.
C’è un atleta, un campione in tutti questi anni che avrebbe voluto portare in Fiamme oro e non ci è riuscito?
No, perché chi non viene in Fiamme oro vuol dire che fa le scelte sbagliate (ride, ndr). Se fossi un atleta, sceglierei tutta la vita questo gruppo sportivo perché sicuramente siamo quelli che danno di più per emergere. Anche nelle possibilità successive, se uno sa guardare lontano, le Fiamme oro ti consentono anche dopo l’attività agonistica di essere impiegato nelle numerose strutture sportive che abbiamo, nei nostri progetti giovanili e siamo presenti in quasi tutto il territorio; quindi ci si può anche riavvicinare a casa, continuando a vivere di sport, nel mondo dello sport targato Fiamme oro.
Qual è l’atleta che le ha dato più soddisfazione?
A me piace molto Gregorio Paltrinieri: è rimasto sempre molto fedele al Gruppo sportivo, benché avesse avuto offerte importanti e si è saputo riproporre anche nel nuoto di fondo, quando nessuno ci credeva, lo consigliavano, anzi, di non provarci, invece lui ha voluto affrontare una nuova sfida e alla fine ha vinto sia nei 1.500, che negli 800 e nella 10 km, riuscendo letteralmente a dominare in discipline differenti. Nonostante i successi è rimasto sempre umile e ha saputo superare i momenti di difficoltà che gli si sono proposti negli anni. E poi ha quella faccia pulita che a noi piace davvero tanto.
Quale atleta in futuro potrebbe essere un ottimo dirigente sportivo?
Non sempre un grande atleta poi può diventare un ottimo dirigente sportivo. Uno che ha già scelto di fare il dirigente, è Marco Fichera, della scherma, che si è ritirato da poco dall’attività agonistica. Marco ha già organizzato i Campionati del mondo di scherma a Milano che sono andati molto bene. Quindi ha dimostrato già di essere pronto per un ruolo dirigenziale, importante.
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UNA FAMIGLIA DA ALLARGARE
Come ormai da tradizione, il capo della Polizia, Vittorio Pisani, ha voluto incontrare gli atleti delle Fiamme oro che parteciperanno ai Giochi olimpici e paralimpici di Parigi 2024. Un incontro che si è tenuto il 3 luglio scorso presso l’aula “Ascenzi-Pacifico” dell’Ufficio comunicazione istituzionale, a Roma, alla presenza dei vertici dello sport italiano, Giovanni Malagò, presidente del Coni, e Luca Pancalli, presidente del Cip. Un’occasione non solo per fare il consueto in bocca al lupo agli atleti cremisi che vestiranno la maglia azzurra nella Capitale francese dal prossimo 26 luglio, ma anche per consolidare il forte legame e il reciproco sostegno tra le istituzioni, il mondo dello sport e la Polizia di Stato, ulteriormente rafforzato con la firma di un protocollo d’intesa tra il Dipartimento della pubblica sicurezza e il Comitato italiano paralimpico, che favorirà la collaborazione tecnica, agonistica ed organizzativa tra il Gruppo sportivo Fiamme oro e il Cip (foto in basso). «Stiamo cercando di ingrandire la famiglia dei nostri atleti – ha detto il capo della Polizia – allargando i criteri di selezione e di ingresso, ovvero riducendo quelli che sono i parametri restrittivi previsti per chi entra in polizia. Dobbiamo preoccuparci soprattutto di selezionare atleti, gli uffici legislativi stanno studiando una modifica normativa che almeno in una fase iniziale privilegi i meriti sportivi per poi vedere solo dopo dove poter inserire gli atleti nel Corpo».
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Gianmarco Tamberi portabandiera dell’italia
Come hai saputo di essere stato scelto come alfiere?
Ho ricevuto la notizia ufficialmente dal CONI. È stato un momento incredibile e pieno di emozione. Non è solo un onore personale, ma anche un riconoscimento del duro lavoro e dei sacrifici fatti in tutti questi anni. Sapere di poter rappresentare l’Italia in questo modo è un sogno che diventa realtà.
Qual è stata la prima persona alla quale lo hai detto?
La prima persona a cui ho detto della nomina è stata mia moglie. È sempre stata al mio fianco, supportandomi nei momenti più difficili e festeggiando con me nei momenti di successo. Ricordo con piacere che abbiamo sorriso tutto il giorno continuando a parlare di questa cosa. Ci ha riempito il cuore di gioia e come ho detto davanti al presidente Mattarella, tanto merito di questo ruolo assegnatomi è suo.
Arrivi a questa Olimpiade da campione in carica: come ti sei preparato e quali sono le tue aspettative?
Non voglio in nessun modo perdere questa occasione che ho di poter fare la storia di questo sport. Mai nessuno è riuscito a vincere due Olimpiadi nel salto in alto e io sto facendo di tutto per provare a essere il primo in questo ambiziosissimo obiettivo. Non sarà per nulla facile, ma sognare così in grande mi fa sentire vivo!
Chi vorresti “abbracciare” questa volta così come hai fatto a Tokyo?
Tante persone che fanno parte da anni della mia vita saranno finalmente con me a Parigi e questo è un motivo in più per cercare di renderle orgogliose di me. La mia famiglia e i miei amici, saranno più di 30 a seguirmi alle Olimpiadi... A Londra 2012 ero ancora troppo giovane, per Rio avevano i biglietti, ma l’infortunio non mi ha consentito di scendere in pista, a Tokyo il COVID gli ha impedito di assistere. Questa volta sono tutti pronti per Parigi e io mi sto preparando nel migliore dei modi, semplicemente: NON VEDO L’ORA.
Rappresenterai tutti gli atleti italiani ma anche tutti i poliziotti…
Sì, è una grande responsabilità e un grande onore. Ogni volta che indosso l’azzurro dell’Italia mi sento dei poteri speciali, come se tutte le persone che rappresento in quel momento mi stiano dando un pochino della loro energia e io riesco a percepirla. È bellissimo sentirsi forte indossando quei colori, è in assoluto la cosa che mi rende più fiero.
Nel 2012 a Londra la portabandiera è stata un’altra poliziotta Valentina Vezzali, a Tokyo Jessica Rossi e ora tu…
Sì, è davvero un onore seguire le orme di atleti così straordinari come Valentina Vezzali e Jessica Rossi. Spero di esserne all’altezza e soprattutto spero, quando gareggerò, di regalarmi e regalarci un altro giorno di gioia indimenticabile.