Giulia Assogna
Luna nuova
Dopo anni di ricerche, il nostro satellite si prepara a diventare la base per le nuove missioni spaziali. E un progetto italiano studia le piante che potranno produrre ossigeno e nutrienti
La Luna e Marte sono la salvezza del nostro pianeta”. Anni di ricerche distillate in poche parole da Roberto Vittori, astronauta con oltre duemila ore di volo e tre missioni alle spalle per conto dell’Agenzia spaziale italiana (Asi) e della Nasa. Era il 1979 quando lo scrittore Isaac Asimov, nel suo Civiltà Extraterrestri, immaginava un futuro fatto di colonie spaziali. Da quel momento la ricerca è andata avanti e oggi ci troviamo ad affrontare le conseguenze disastrose di un cambiamento climatico che finora non siamo riusciti a governare. Così, il nostro unico satellite – tanto caro al pastore errante dell’Asia di leopardiana memoria – non è più solo ispirazione per miti e poesie notturne. In un futuro non troppo lontano, la Luna potrebbe essere usata come hub o trampolino di lancio per lunghe missioni spaziali.
Verso l’infinito e oltre
Nel prossimo decennio assisteremo alla ripresa dell’esplorazione lunare, con missioni e piani già concordati per stabilire basi permanenti. Tanto che gli scienziati e le agenzie spaziali stanno cercando di fissare un orario univoco, un “tempo lunare universale” necessario a coordinare le attività. «Sulla Terra siamo troppi, le risorse finiscono e l’idea di andare sulla Luna non è più solamente il sogno della conquista dello Spazio, com’è stato in passato. Sta diventando una necessità sempre più realistica – spiega a La Nuova Ecologia Paola Vittorioso, ricercatrice e docente di Biologia molecolare all’Università La Sapienza di Roma – È più facile a dirsi che a farsi, dal punto di vista fisico e biologico, perché le condizioni lunari non sono compatibili con la vita pe