Paolo Borrometi*

Mafie d’azzardo

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Sempre più il giro delle scommesse sia illegale che legale è in mano alla criminalità organizzata. Lo conferma una recente maxi-operazione della polizia a Palermo

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«Sogno una società indipendente da tutto ciò che crea assuefazione, a cominciare dal gioco d’azzardo, un business per lo Stato, con un giro d’affari di 136 miliardi di euro, ma anche per le mafie». Ha tuonato don Luigi Ciotti nel primo giorno di primavera, arringando centomila persone radunate al Circo Massimo a Roma, in occasione della 29esima Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. Non è un caso se il riferimento sia proprio al gioco d’azzardo. Legale e illegale, a volte il confine è troppo labile e persino assai controverso. Guardando alle scommesse e alle attività clandestine vediamo come queste siano un affare sporco che frutta alle mafie un fiume di danaro. 

Nell’ultima relazione della Direzione investigativa antimafia veniva lanciato l’allarme: “Le mafie tradizionalmente opportuniste e costantemente alla ricerca di nuove modalità di arricchimento considerano il settore del gioco d’azzardo fonte primaria di guadagno verosimilmente superiore al traffico di stupefacenti, alle estorsioni e all’usura e uno strumento che ben si presta a qualsiasi forma di riciclaggio. Slot e scommesse, i clan si dividono una forte presenza nel mercato legale dell’azzardo. Infatti – aggiunge la Dia – al fine di riciclare denaro provento da altre attività illecite, infiltrano l’economia legale attraverso l’apertura e la gestione diretta di punti scommesse, sia intestandoli a prestanome sia attraverso la compartecipazione delle società concessionarie, titolari dei nulla osta dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli”. 

Un fenomeno aumentato esponenzialmente, se mai ce ne fosse bisogno, durante e dopo la pandemia. 

Dai dati diffusi nel 2021 dall’Istituto superiore di sanità, apprendiamo che nel nostro Paese almeno una volta l’anno oltre 18 milioni di persone si lasciano tentare dal gioco d’azzardo. Un dato enorme, pari al 36% della popolazione maggiorenne. Un milione e mezzo di questi giocatori ha un “profilo problematico”, fatica a gestire il tempo da dedicare al gioco e a controllare quanto spende, alterando spesso i comportamenti familiari e sociali anche a causa di situazioni di sovraindebitamento e di usura. Dal lockdown in poi i giocatori hanno continuato a sfidare la sorte, aumentando sul Web. La pandemia, insomma, ha accelerato un processo già avviato: il progressivo aumento del gioco online a discapito della rete fisica, e, per quanto riguarda il primo non ci sono le limitazioni imposte dalle normative locali. 

Un “azzardo legale” che, nei fatti, smentisce l’equazione “legalizzazione uguale lontananza delle mafie”. È purtroppo esattamente il contrario. I clan di Cosa nostra, Camorra, ’Ndrangheta e mafie pugliesi, sono spessissimo alleati e diventano “soci” nell’affare. 

“La mafia – si legge ancora nella Relazione della Dia – continua a investire consistenti capitali attraverso la gestione diretta o indiretta di società concessionarie di giochi e di sale scommesse o mediante l’imposizione di slot machine”. E alla fine “risulta attivarsi per assumere la gestione dei centri scommesse riuscendo a realizzare un controllo diffuso sul territorio di competenza nel mercato legale dei giochi e scommesse online sfruttando società di bookmaker con sede formale all’estero”. 

Tesi confermate nella recente operazione della Squadra mobile e dello Sco (Servizio centrale operativo), su delega della Direzione distrettuale antimafia di Palermo. 

L’inchiesta che ha portato all’arresto di otto persone accusate, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione aggravata dal metodo mafioso, traffico di stupefacenti e detenzione illegali di armi, riguarda le famiglie mafiose del mandamento palermitano di Brancaccio, Roccella-Guarnaschelli e Corso dei Mille e svela i nuovi assetti organizzativi dei clan. Oltre a individuare i referenti del mandamento, che avrebbero assunto la gestione delle principali attività illecite dopo gli arresti dei vecchi boss, sono stati accertati diversi casi di estorsione ad attività commerciali della zona, strette dalla morsa mafiosa che controllava dagli hotel, alle officine meccaniche, al venditore ambulante dello street food. I clan mafiosi palermitani controllavano anche le scommesse clandestine online. Ed è in questo contesto che è maturato l’omicidio del boss dello Sperone, Giancarlo Romano, ucciso per questioni relative al pizzo sulle scommesse online a fine febbraio. Romano era coinvolto nell’inchiesta che ha portato agli arresti: gli inquirenti ne avevano accertato il ruolo all’interno del clan. 

Le conversazioni captate dalla Squadra mobile mettono in evidenza sia l’imposizione dei “pannelli” per le scommesse clandestine da parte di Vincenzo Vella, Alessio Salvo Caruso e dello stesso Romano. 

È il 9 marzo del 2022 quando Vella (finito in carcere dopo un blitz) rimproverava una persona che avrebbe utilizzato “pannelli” diversi per le scommesse clandestine rispetto a quelli da lui imposti. «E che fa? Si prende il gioco da un’altra parte? Lui il gioco se lo deve prendere da noialtri e basta», intimava Vella, che aggiungeva: «Mi hanno fatto sapere che gioco a te non te ne devo dare... Ti faccio dare il coso da lui, lo vuoi il coso da lui? Ora te lo mando io... (…) Sai cosa c’è? Che le cose sono cambiate e si deve andare nel giusto, i cristiani si devono guadagnare tutti il pane, il primo tu ti devi guadagnare il pane, però tutti questi sotterfugi, queste cose devono finire, il signor Piero ha questi discorsi e non può essere più, perché ha una cosa con noi e non può essere più». 

Si capisce perfettamente come il tema, tra illegale e legale, sia attuale. Il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Giovanni Melillo, ha recentemente spiegato che «Il gioco pubblico non esaurisce il concetto di gioco legale, anche in considerazione della dimensione delle reti cibernetiche. È un settore tradizionalmente, e non soltanto in Italia, largamente pervaso da interessi criminali. Vi è abbondante letteratura e consistente produzione cinematografica ad illustrarlo. Stiamo parlando di un settore nel quale è sfidata la capacità dello Stato, nel momento in cui decide di essere presente, di dotarsi di regole capaci di assicurarne l’osservanza». 

Osservanza e affari, legale e illegale, il gioco normalizzato viene erroneamente accettato da sempre come un non problema.

*condirettore AGI

08/04/2024