Cristina Di Lucente

Coltivare la memoria

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Convegni, pietre d’inciampo, concerti e opere d’arte: così la Polizia di Stato ricorda i poliziotti eroi, documentando le testimonianze del loro coraggio

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Quando si parla di “memoria” in riferimento a eventi storici non si può intendere soltanto come il “ricordo” di ciò che è accaduto. La “memoria” di un evento è qualcosa che va in qualche modo ricostruito, attestato su basi inconfutabili e storicamente attendibili, avvalorate da documenti e testimonianze. Questa è l’attività principale dell’Ufficio storico della Polizia di Stato, che si è impegnato a tributare il giusto riconoscimento ricostruendone le storie, di tutti i poliziotti che ebbero il coraggio di dire “no” alla barbarie nazi-fascista, facendo la scelta giusta pur sapendo di andare incontro alla morte. Come Giovanni Palatucci, ultimo questore della Fiume italiana, che morì nel lager nazista di Dachau il 10 febbraio del 1945; o come il commissario Angelo de Fiore – a lui è stato dedicato un murales a Diamante (CS) lo scorso 27 febbraio – e i poliziotti ai quali sono state destinate le 9 nuove pietre d’inciampo di fronte alle questure di Rieti (i commissari di pubblica sicurezza Filippo Palieri e Salvatore Poti) e La Spezia (i commissari Lodovico Vigilante, Nicola Amodio e le guardie di ps Annibale Tonelli e Domenico Tosetti). 

Detective della storia
L’attività che svolgono i poliziotti dell’Ufficio storico è paragonabile a quella investigativa: si ricerca una verità scevra da elementi ideologici e con una valenza di obiettività, cercando di mettere insieme i tasselli di un “vero” attraverso un lavoro a 360°, una ricostruzione della verità che permette di acquisirla sotto forma di memoria e allo stesso tempo di restituirla ai cittadini in quanto storia. «Il nostro lavoro – spiega Fabio Ruffini, ispettore addetto all’Ufficio storico – si svolge attraverso le fonti che vengono fatte interagire con documenti scritti, le fonti secondarie. Si cerca di individuare quelle dirette (come possono essere ad esempio gli atti firmati dal capo della Polizia), si effettua una ricerca iconografica (un determinato modo di rappresentare a partire da cartoline, immagini, foto “viaggiate” dalle quali si ricavano innumerevoli informazioni come ad esempio l’aspetto memorialistico dato da lettere indirizzate a persone care) e – laddove è possibile – proviamo a rintracciare parenti e testimoni. Dopo aver raccolto tutta la documentazione, si arriva infine ai dispositivi normativi: questo tipo di indicazione è fide facente – e prosegue – Nella ricerca bisogna sempre “fare un passo indietro” e avere un approccio scientifico: fonti dell’Istituto Luce possono essere tratte da documentari, riproduzioni di alcune feste della polizia, caroselli che permettono di individuare elementi trasversali (ad esempio come era gestito un contingente, che utilizzo si faceva dell’arma); facciamo inoltre rif

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11/03/2024