Chiara Distratis
Palestra di vita
Uno degli impegni dei Gruppi sportivi della Polizia di Stato, così come previsto dallo statuto, è la promozione della legalità attraverso lo sport. Una vera e propria mission da perseguire non solo con i campioni che vincono medaglie, ma anche con strutture sportive dedicate ai giovani per toglierli dalla strada, per creargli un’alternativa praticando il pugilato, il judo e gli sport da combattimento in cui l’osservanza delle regole, il rispetto dell’avversario e la disciplina sono fondamentali. Inoltre, partecipare alle competizioni sportive abitua i giovani a perdere o vincere, a gareggiare con lealtà e sacrificio senza scegliere facili o furbette scorciatoie e sempre, comunque, rispettando se stessi e gli avversari. In quest’ottica sono nati 38 centri giovanili in tutta Italia dove i ragazzi «oltre allo sport trovano una palestra di vita da cui potranno forse uscire campioni, ma sicuramente usciranno grandi persone» come piace sottolineare al presidente delle Fiamme oro Francesco Montini.
Uno di questi centri si trova a Napoli, all’interno del complesso “Cristallini 73” nel cuore del Rione Sanità. Al primo piano della struttura, riqualificata grazie alla sinergia tra il Dipartimento della pubblica sicurezza, la questura di Napoli, il comune e la Fondazione di comunità San Gennaro onlus, fondata da don Antonio Loffredo, è stata allestita una palestra che attualmente ospita più di 200 giovani che si dividono tra pugilato e judo. “Cristallini 73” promuove un percorso integrato di formazione, nella convinzione che cultura e sport siano da intendersi come due facce della stessa medaglia. Nel complesso, quindi, oltre alla palestra sono presenti attività educative realizzate dalla Fondazione di comunità San Gennaro onlus come il doposcuola gratuito, i laboratori ed eventi culturali destinati agli abitanti del quartiere.
Il Rione Sanità si trova in una valle, ai piedi della collina di Capodimonte, a partire dal XVII secolo fu scelto da nobili e borghesi napoletani per le proprie case e nel XVIII secolo le sue strade diventarono il percorso che la famiglia reale utilizzava per raggiungere la Reggia di Capodimonte dal centro della città. Visto che la strada era molto tortuosa, fu costruito, per ordine di Giuseppe Bonaparte, tra il 1806 e il 1807, un collegamento diretto, il Ponte della Sanità, che però creò non pochi disagi al quartiere: di fatto, tagliò fuori gli abitanti dalla vita della città, isolandoli e creando terreno fertile per situazioni di criminalità e degrado che hanno coinvolto anche i monumenti e gli edifici storici. Il quartiere Sanità è rimasto una delle zone più fragili della città: i fenomeni di emarginazione, degrado sociale e dispersione scolastica sono il sintomo di un malessere diffuso ma dal 2000, con l’arrivo di don Antonio Loffredo come nuovo parroco della basilica di Santa Maria della Sanità, è iniziato un processo di rilancio e riqualificazione dal basso facendo leva sul capitale umano e sulla valorizzazione del patrimonio storico-artistico del quartiere. E in questi anni di “Luce” (dal nome di uno dei vari